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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • I numeri dell'economia

    Gli scenari che emergono dal Rapporto realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere. Indice di Coesione Sociale, Campania ultima Se si prendono in considerazione il livello di regolarità dell’occupazione, la diffusione del volontariato e la relazionalità delle imprese con altri soggetti economici (aziende, Università eccetera) la nostra regione si attesta al fondo della graduatoria.

    Campania lontana dalla soglia 100 dell'indice c.s.
    (Er.Pa.) – Gli indicatori che profilano l’attenzione al lavoro ed alla legalità (livello di regolarità dell’occupazione); l’impegno nel non profit (diffusione del volontariato); la relazionalità d’impresa (aziende che hanno, cioè, rapporti con altri soggetti economici (altre imprese, appunto, Università eccetera eccetera) non lasciano spazio a dubbi e collocano la Campania abbastanza lontano dalla soglia di 100 (il punto baricentrico dell’indice di coesione sociale). L’anno preso in considerazione è il 2014 e la fonte è Unioncamere/Symbola. Il rapporto - “Coesione è Competizione. Le nuove geografie della produzione del valore in Italia” - nasce con l’intento (pienamente riuscito) di cogliere e rappresentare “i fattori strategici per la nostra competitività, che si collocano su lunghezze d’onda che gli indicatori economici più diffusi non percepiscono”. [continua]




    Lo speciale

    Ha fatto tappa a Salerno il roadshow di presentazione del progetto UniCredit-Mipaaf. Al via “Coltivare il futuro” Un miliardo per le imprese del settore agroalimentare nel Sud. Per la provincia di Salerno – dove il valore aggiunto è stato pari a 700 milioni,  in crescita del 6,9% rispetto all’anno precedente – resi disponibili oltre 150 milioni.

    Rosario Rago (Presidente Confagricoltura Campania)
    (Er.Pa.) - Il comparto primario in provincia di Salerno rappresenta - come del resto confermato da Istat e Svimez a livello di macro/area Mezzogiorno - un riferimento centrale nell’ambito delle dinamiche positive che si registrano nel contesto economico e produttivo dopo  lunghi e duri anni di recessione. Naturalmente, non mancano nel settore agricolo criticità di non poco conto – a cominciare dai costi di produzione non adeguatamente remunerati nell’ambito della troppo estesa filiera dal campo alla tavola, per finire al cronico problema dell’eccessiva frammentazione del tessuto produttivo che genera un dimensionamento non in grado di assicurare livelli di competitività (sia sui mercati esteri che interni) in linea con le potenzialità insite nella qualità espressa dalle colture. Ma, in ogni caso, i numeri raccontano di potenzialità che finalmente riescono ad esprimersi meglio e di prospettive di crescita sostanziali per l’economia meridionale e dell’intero Paese.  [continua]




    Lo speciale 2

    L’analisi e le proposte emerse nel corso dell’assemblea nazionale che si è svolta a Roma nei giorni scorsi. Anabio-Cia, biologico modello vincente La spesa "green" cresce da oltre 10 anni (+19% nella prima parte del 2016). Stesso trend per la superficie coltivata (pari all'11% del totale) e per le aziende agricole dedicate (quasi 50mila).

    Continuano a crescere le vendite 'bio'
    Le vendite "bio" crescono ininterrottamente da oltre dieci anni e nella prima parte del 2016 hanno registrato un ulteriore incremento del 19% (dopo il +20% del 2015). In termini di fatturato è stata raggiunta quota 2,1 miliardi di euro l'anno, che sale a 2,5 se si aggiunge la voce "food-service" (ristorazione e bar). Ma anche dal punto di vista agricolo il biologico avanza: sono quasi 50mila le aziende "bio" in Italia, pari a oltre l'11% della superficie coltivata, tenendo conto che la conversione colturale comporta, in fase produttiva, un taglio di circa il 25% di energia. Dal punto di vista dei prezzi sui campi, il biologico “paga di più”: in media nel 2015 il prezzo pagato ai produttori di latte è sceso del 13% mentre quello per il latte "bio" è aumentato del 14%. [continua]




    Green Style di Mario Gallo

    Approvato in via definitiva dal Senato il collegato per il settore primario già licenziato dalla Camera. Agricoltura, ecco il piano del Governo Parole/chiave: semplificazione, tutela del reddito, ricambio generazionale e organizzazione. Grande attenzione alle filiere ed all'innovazione nel biologico.

    E’ stato approvato in via definitiva dal Senato il collegato agricoltura già “passato” alla Camera. Parole chiave del provvedimento sono semplificazione, tutela del reddito, ricambio generazionale e organizzazione, ma grande attenzione anche alle filiere, dal pomodoro al riso, all'innovazione nel biologico, alla definizione per la prima volta della birra artigianale. Per il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina (nella foto), si tratta di uno strumento operativo fondamentale per l’innovazione e la semplificazione del settore primario. [continua]




    Glocal di Ernesto Pappalardo

    I cambiamenti in atto evidenziano le criticità strutturali delle dinamiche aggregative nelle regioni meridionali. La vera sfida? Economia di territorio
     
    Il Rapporto Symbola/Unioncamere conferma e rafforza il parametro del “valore aggiunto” derivante dal capitale relazionale e dalla capacità di creare reti virtuose tra tutti i soggetti che si identificano nelle comunità “glocali”.

    In tempi di metamorfosi organica e strutturale dei processi di creazione di reddito e occupazione, il capitale relazionale - analizzato e descritto nelle sue varie articolazioni nel rapporto annuale di Symbola/Unioncamere “Coesione è Competizione. Le nuove geografie della produzione del valore in Italia” - diventa riferimento sostanziale per comprendere come la scarsa capacità aggregativa (da vari punti di vista, non solo quelli più tipicamente riconducibili alle dinamica d’impresa) manifesta i suoi maggiori effetti negativi proprio in tempi di crisi (ed anche,  occorre aggiungere, in tempi di post/crisi). E’ netta la differenza – seguendo il racconto dei dati contenuti nello studio – non solo tra aziende coesive e non coesive, ma anche tra territori coesivi e non coesivi. Insomma, la linea di demarcazione è molto chiara: da una parte i comprensori e le aree geografiche dove si è stati capaci di costruire reti di relazioni resistenti/resilienti che consentono il pieno coinvolgimento di tutti i soggetti sociali - in maniera inclusiva - nei percorsi di crescita (e nella gestione delle crisi); dall’altra quelle zone del Paese dove  per tante e varie storiche motivazioni non si è determinato un sistema di contatti e di interlocuzioni (ovviamente non solo di tipo strettamente economico) in grado di assicurare una migliore circolarità distributiva di ricchezza, oltre che l’espansione di fenomeni di crescita condivisa. [continua]




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