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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Glocal di Ernesto Pappalardo

    Il  “racconto” dei territori meridionali sembra stimolare un processo di omologazione in senso negativo rispetto alle differenze che pure sono, invece, riscontrabili. Una questione di “comunicazione” Fa riflettere lo studio della Svimez che sollecita – tra i vari interventi per ridurre il divario con il Centro/Nord – anche una vera e propria strategia di promozione per contrastare il gap tra percezione e realtà concreta delle condizioni socio/economiche nelle varie aree del Sud.

    Tra i tanti “mali” di cui soffre il Sud, la Svimez ne certifica un altro (vedi approfondimento su questo stesso numero della newsletter di www.salernoeconomy.it- 1° luglio 2016) che francamente aggrava ancora la situazione nella quale si ritrovano le regioni meridionali. In estrema sintesi: la realtà percepita è peggiore della realtà vera e propria. Non c’è alcuna consapevolezza dell’esistenza di tanti Sud, ma tutto sembra raccolto, invece, in un solo “fascio” a base di scarsa conoscenza dei diversi territori che si espandono nel Mezzogiorno esprimendo diversità e – meno raramente di quanto si possa in genere pensare – anche esempi virtuosi. Insomma, siamo in presenza di un tipico caso di “narrazione” incentrata molte volte sui pregiudizi, sulla pigrizia esplorativa, sull’indolenza culturale e manageriale. Sulla convinzione, insomma, che tanto non conviene e basta scendere ed investire al Sud. [continua]




    I numeri dell'economia

    Lo studio della Svimez. Italia spaccata anche per capacità attrattiva di nuove imprese. Sotto accusa servizi di trasporto carenti e criminalità. La “narrazione”? Condanna il Sud Lombardia preferita dagli imprenditori, in coda la Calabria. Pescara con più “appeal” rispetto ad Aosta. Gli industriali percepiscono il Mezzogiorno più arretrato di quanto non sia in realtà. 

    Sempre basso l'appeal del Sud per gli imprenditori
    (Er.Pa.) – Nell’Italia duale e distante - quella che cambia faccia (anche a sorpresa) spostandosi da Sud verso il Centro ed il Nord – può capitare che il problema risieda pure nella cosiddetta “narrazione” dei territori, dei loro punti di forza (pochi) o di debolezza (molti). La conferma arriva dallo studio - “L’attrattività percepita di regioni e province del Mezzogiorno per gli investimenti produttivi” - di Dario Musolino  pubblicato sull’ultimo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, trimestrale della Svimez diretto da Riccardo Padovani ed edito da Il Mulino. Tra le analisi contenute nella pubblicazione rientra quella che mette a confronto il divario percepito dagli imprenditori a livello soggettivo con quello reale “certificato ad esempio dal livello del Pil pro capite nelle varie regioni”. Il risultato evidenzia che il divario reale risulta più basso rispetto a quello percepito. [continua]




    Lo speciale

    Al Censis il terzo dei quattro incontri dedicati quest’anno al tema “Ritrovare la via dello sviluppo secondo il modello italiano”. Se la politica by-passa i territori “Alcuni fenomeni recenti hanno messo in crisi il tradizionale assetto policentrico del Paese: consumo di suolo, concentrazione dei flussi, disintermediazione politica”.

    Cambia il 'peso' in Italia delle grandi aree urbanizzate
    (Er.Pa.) – In tempi di verticalismo decisionale a fare le spese di una mutata attenzione – politica, amministrativa, culturale – del “centro” verso le “periferie” sono proprio i territori. I territori intesi come vera e propria ricchezza del Paese a cominciare dalle specifiche vocazioni produttive (solo per fare l’esempio più significativo). Nell’Italia dei distretti che “tengono” e spesso rilanciano anche durante la bufera della grande crisi, si verifica il fenomeno che il Censis definisce “disintermediazione politica” che “by-passa i territori”. “A mettere in crisi il policentrismo italiano - spiega il Censis - è stata anche la spinta al ridimensionamento dei livelli intermedi di rappresentanza. La disintermediazione praticata dal centro tende a by-passare i territori. L'unica eccezione sarebbero le nuove città metropolitane, anche se finora si tratta di un soggetto ancora piuttosto evanescente. Di fatto, il centro sembra interessarsi esclusivamente alle grandi città, Milano e Roma soprattutto, nell'ottica di compartecipare da protagonista all'organizzazione dei grandi eventi (Expo, Giubileo, Olimpiadi)”. [continua]




    Lo speciale 2

    Le tesi illustrate nel nuovo libro di Carlo Cottarelli (“Il macigno. Perché il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene”).
     
    Tra Brexit e spending review L’esito del referendum in Gran Bretagna ha determinato uno scenario nuovo ed imprevisto, ma soprattutto in una situazione così difficile e complessa occorre recuperare all’interno della politica e delle istituzioni un maggiore senso di responsabilità e di rigore amministrativo.

    Dopo il referendum inglese scenari variati in Europa
    di Luca Iovine*
    Il risultato del referendum inglese dimostra quanti guai possano fare insieme la cattiva politica e l’anti/politica scegliendo di parlare alla “pancia” degli elettori. A seguito del referendum su “Leave o Remain” gli scenari per l’Europa e l’economia mondiale sono svariati; di certo Cameron, il premier inglese dimessosi, ha interrotto qui la sua carriera politica internazionale. Indire il referendum è stato un azzardo ma il suo “all in” è costato caro a tutti noi ed in special modo al suo popolo. Alcuni osservatori sostengono che l’Inghilterra non – a ben vedere – non è mai stata “dentro” l’Ue, ma in realtà non è così, perché era pienamente “dentro”, tranne che per l’adozione della moneta unica; la sua, la sterlina, dopo il referendum è crollata di valore tornando 31 anni indietro. Almeno da questo punto di vista un vantaggio lo hanno ottenuto i turisti perché sarà meno caro visitare Londra.
    *Marketing Manager del Gruppo Iovine Salerno
    @LucaIovine6
    Company Trainer

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    Green Style di Mario Gallo

    L’elaborazione dell’Ismea su dati Istat evidenzia la costante crescita commerciale delle produzioni a denominazione di origine controllata. Vino, l’export vale 1,2 miliardi Gli spumanti si confermano anche nel primo trimestre 2016 la locomotiva delle vendite all’estero. Il prosecco arriva al +33% in volume e al +31% a valore.

    L'export in valore di vino “Made in Italy” continua la sua corsa e nei primi tre mesi del 2016 fa segnare un ulteriore +3% rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Gli incassi da vendite di vino oltre i confini nazionali si sono, quindi, attestate a 1,23 miliardi di euro. Il dato è stato elaborato dall’Ismea sulla base delle rilevazioni dell’Istat. “Ma se dal lato valore siamo ormai abituati ad avere delle progressioni - evidenzia l’Ismea - sul fronte dei volumi la situazione appare più incerta.  I 4,6 milioni di ettolitri esportati, infatti, sono solo di poco inferiori a quelli del primo trimestre dello scorso anno. La leggera flessione può essere comunque considerata un buon segno, rispetto alla riduzione dei volumi che ha caratterizzato tutto il 2015”. [continua]




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