I numeri dell'economia
Unioncamere-Movimprese/Trend ancora in discesa in tutte le province della regione
Artigianato, la provincia di Salerno perde oltre 300 imprese
Il saldo nel 2014 è negativo: -1,55%. In contrazione anche Avellino (-2,16%), Caserta (-2,43%), Benevento (-2,47%) e Napoli (-3,50%), che ha fatto registrare la peggiore perfomance a livello nazionale.
Nel 2014 in Italia oltre 20mila imprese artigiane in meno
di Mario Gallo
Anche il 2014 si è chiuso con un dato negativo riguardo al saldo tra iscrizioni e cessazioni delle imprese artigiane: in Italia sono state 20.393 le unità in meno, dato che è risultato, comunque, meno pesante rispetto al saldo negativo di circa 28 mila imprese artigiane registrato nel 2013. E’ questo il dato principale sulla natalità e mortalità delle imprese artigiane risultante dal Registro delle imprese e diffuso da Unioncamere sulla base di Movimprese, la rilevazione condotta da InfoCamere. Anche la Campania, dopo una variazione nulla nel 2013, ha fatto registrare un calo pari al 2,61%, con la provincia di Salerno che ha perso poco più di 300 imprese artigiane nel corso dell’anno (-1,55%). [continua]
Green Style
Prodotti Made in Italy ancora protagonisti al salone di Berlino “Fruit Logistica”
E Milano rilancia con “Fruit Innovation”
Dal 20 al 22 maggio prossimi la fiera dedicata ad innovazione e internazionalizzazione della filiera ortofrutticola. Le strategie per migliorare le perfomances sui mercati esteri.
Si è conclusa il 6 febbraio scorso a Berlino l’edizione 2015 di “Fruit Logistica”, il più grande salone internazionale dedicato all’ortofrutta. All’evento, considerato il maggiore appuntamento mondiale del settore ortofrutticolo, ha partecipato anche Confagricoltura con una delegazione guidata dal vice presidente Giandomenico Consalvo e dal Componente della Giunta esecutiva Nicola Cilento che, nell’occasione, è intervenuta all’Ambasciata di Berlino per la presentazione di “Fruit Innovation”, la fiera su innovazione e internazionalizzazione della filiera ortofrutticola che siterrà a Milano dal 20 al 22 maggio prossimi. [continua]
Approfondimenti
Censis/Diario della transizione (10). L’analisi delle tendenze in atto nei corpi sociali
La riscoperta del ceto medio
In relazione alla propria condizione economica attuale, il 54% degli italiani si sente ceto medio, il 18% classe lavoratrice e il 16% ceto popolare. Tra gli insegnanti e gli impiegati la percentuale di chi si definisce ceto medio sale al 55%, e supera il 60% tra i pensionati e le casalinghe.
Per condizione economica il 54% degli italiani si sente ceto medio
Sorpresa. Almeno nella percezione più diffusa tra la popolazione, il ceto medio al termine – si spera – della fase più difficile della lunga crisi, riappare e prende nuovamente forma come categoria auto-descrittiva. E’ questo il risultato che emerge dal 10° numero del «Diario della transizione» del Censis, “che ha l'obiettivo di cogliere e descrivere i principali temi in agenda in una difficile fase di passaggio attraverso una serie di note di approfondimento diffuse nel 2014 e nel 2015”. Gli italiani - spiega, quindi, il Censis - si sentono ancora ceto medio. Pensando alla propria condizione economica attuale, “il 54% degli italiani si sente ceto medio, il 18% classe lavoratrice e il 16% ceto popolare. Tra gli insegnanti e gli impiegati la percentuale di chi si definisce ceto medio sale al 55%, e supera il 60% tra i pensionati e le casalinghe”. Ma “anche il 31% di operai e contadini si dice ceto medio, sebbene la maggioranza (il 38%) si senta classe lavoratrice. E pure il 53% dei millennials (i giovani di 18-34 anni) si autopercepisce come ceto medio, mentre solo il 9% di loro fa coincidere la propria identità sociale con la condizione di precario”. [continua]
Lo Speciale
Proposte e strategie per rilanciare l’economia delle regioni del Sud in ritardo di sviluppo
Svimez, la “ricetta” per i retro-porti
Utilizzare i cassaintegrati in deroga del settore edile per riqualificare le aree industriali di Napoli, Salerno, Catania, Taranto, Messina, Termoli, Torre Annunziata e Gioia Tauro
Le attività connesse alla logistica incidono fino al 70% del prezzo
(Er.Pa.) – Il problema di fondo è sempre lo stesso: come ottimizzare le potenzialità degli asset produttivi ad alto tasso di competitività internazionale che si confermano per il Sud trainanti nell’ambito di qualsiasi disegno finalizzato alla “ripartenza” dell’economia. La proposta della Svimez - contenuta nel volume “La rivoluzione logistica” di Ennio Forte, disponibile on line sul sito www.svimez.it nella serie dei Quaderni dell'Associazione – è incentrata sull’utilizzazione dei cassintegrati in deroga del settore edile che potrebbero essere impiegati nell’opera di riqualificazione delle “aree industriali retro-portuali di Napoli, Salerno, Catania, Taranto, Messina, Termoli, Torre Annunziata e Gioia Tauro attraverso opere di bonifica degli edifici dimessi, costruzione di infrastrutture, filiere e servizi logistici ad alto valore aggiunto che aumentino il valore delle merci in transito generando ricchezza”. Secondo i conti della Svimez l’operazione “costerebbe alle casse dello Stato da 1 a 3 miliardi di euro, con un rientro pari al doppio del costo dell’investimento”. [continua]
Glocal di Ernesto Pappalardo
Il dibattito sul cambiamento negli ultimi vent’anni dell’identità produttiva della città capoluogo
E ora archiviamo la “sindrome” di Sparta
L’isolamento all’interno dell’area vasta (rispetto alla provincia, ma anche in relazione ai bacini territoriali di Avellino e Benevento) che cosa ha determinato? Un “ibrido fertile” (si spera).
Non è ancora del tutto emerso il “ritratto” di “che cosa” sia oggi la città di Salerno dal punto di vista dell’identità economica dopo oltre un ventennio di sindacato di Vincenzo De Luca. In altre parole, è curioso che non si sia trovato il tempo (e l’occasione) per provare a “leggere” approfonditamente che cosa sia accaduto negli ultimi due decenni nella sfera della capacità produttiva di Salerno. Va chiarito subito, per esempio, che Salerno non ha di certo risolto il “rapporto” con l’area vasta nella quale è inserita: un rapporto che è molto probabilmente all’origine di una serie di ritardi sostanziali nella ricerca di una strada non ondivaga verso uno sviluppo meno effimero e più strutturato. Né, per la verità, ha giovato l’atteggiamento “neo-municipalistico” messo in campo dall’Amministrazione Comunale in svariate circostanze più per questioni di identità politica che di visione economica vera e propria. Legare le sorti della crescita di una comunità quasi esclusivamente al progetto di trasformazione urbana nel tempo si è rivelata una decisione per molti versi opinabile, anche se ha assunto a tutti gli effetti i connotati di opzione strategica (condivisibile o meno, naturalmente). [continua]