L'intervista
"E' necessario che il Mezzogiorno recuperi centralità"
De Rita: “Troppe diseguaglianze, Masaniello dietro l’angolo”
“Occorre interpretare la polarizzazione a livello sociale". “Mancano azioni specifiche per il rilancio dell'economia del Sud”. “Tra le priorità per il rilancio dell’economia non si intravedono azioni specifiche per il sistema economico e produttivo delle regioni meridionali”.
Giuseppe De Rita
di Ernesto Pappalardo
C’è una grande confusione in giro, ma il Mezzogiorno deve assolutamente recuperare spazio e visibilità nell’agenda politica ed istituzionale. E’ in atto un processo di polarizzazione delle dinamiche sociali, aumentano le disuguaglianze e corriamo il rischio di ritrovarci davanti nuovi Masaniello. La verticalizzazione dei percorsi decisionali va interpretata e governata perché è una tendenza che appare incontrastabile. E’ questa la sfida dei prossimi anni delle classi dirigenti meridionali e di tutto il Paese”. Giuseppe De Rita, presidente del Censis, in questa intervista a salernoeconomy.it offre una lettura molto problematica della situazione nella quale si ritrova il Sud e non nasconde le sue perplessità sull’effettiva valenza dei modelli di sviluppo legati alla spinta dal basso.
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Green Style
La crisi influisce sulla scelta dei percorsi formativi da parte delle famiglie per i propri figli
Alberghiero e Agrario per trovare lavoro
Studio Coldiretti: Per la prima volta si registra il sorpasso dei giovani che hanno optato per i circuiti scolastici dell’enogastronomia e dell’ospitalità. Iscrizioni in aumento del 5 per cento.
La crisi influisce anche sulla scelta delle scuole superiori dopo il ciclo dell’obbligo. Risulta così ridisegnata la geografia degli istituti professionali: crollano gli iscritti alle prime classi degli istituti tecnici di amministrazione, finanza e marketing (scelti da 45.531 giovani con un calo del 4 per cento rispetto allo scorso anno) e per la prima volta “c’è il sorpasso dai giovani che hanno optato per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera che sono stati ben 48.867, in aumento del 5 per cento”. E’ quanto emerge dallo studio presentato con l’inizio dell’anno scolastico alla prima Summer School sul Made in Italy, promossa da Coldiretti Giovani Impresa in collaborazione con l’Osservatorio sulla Criminalità nell’Agroalimentare. Lo studio “evidenzia peraltro - si legge in una nota della Coldiretti - che gli istituti agrari con un aumento record del 12 per cento sono quelli che fanno segnare il maggior incremento nel numero di iscrizioni rispetto allo scorso anno”.
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I numeri dell'economia
Dati Istat/L’analisi dei trend degli ultimi sei mesi dell'anno in corso
Export, Campania al palo
Da gennaio a giugno la dinamica regionale delle vendite all’estero si è attestata al -0,7%. Forte contributo alla crescita da Puglia, Marche, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto.
Nel I semestre dell'anno export italiano vicino ai 2 mld di euro
I dati pubblicati dall’Istat (11.09. u.s.), mettono in evidenza - relativamente al secondo trimestre 2014 - il calo delle vendite all’estero delle aziende allocate nell’area meridionale e insulare (-2,5%) e di quella nord occidentale (-0,3%) rispetto alla crescita delle vendite sui mercati esteri nelle aree nord orientale e centrale (+1,3% per entrambe). L’Italia nord-orientale e quella meridionale sono, però, i territori nei quali, nel primo semestre 2014, l’export è cresciuto di più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (rispettivamente +3,4% e +2,4%), seguite dalla ripartizione Nord-Occidentale (+1,2%) e Centrale (+0,6%), mentre è notevole la contrazione delle vendite all’estero registrata nell’Italia insulare (-11,1%). In questo contesto Puglia (+9,4%), Marche (+6,6%), Emilia-Romagna (+4,5%), Piemonte (+4,4%) e Veneto (+3%) risultano essere le regioni che maggiormente hanno contribuito alla crescita tendenziale dell’export italiano nel primo semestre 2014. Praticamente al palo la Campania che fa registrare un -0,7%. Particolarmente negativi i dati, invece, espressi da Basilicata (-24,6%), Sicilia (-11,3%), Sardegna (-11,2%) e Calabria (-7%).
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Glocal di Ernesto Pappalardo
L'analisi del presidente del Censis Giuseppe De Rita
Nella crisi è guerra tra poveri
Il drammatico ritardo delle classi dirigenti meridionali che sono assenti ai tavoli dove si decidono le strategie per il futuro. Si corre il rischio di assistere passivamente alla verticalizzazione delle decisioni.
L’intervista al presidente del Censis Giuseppe De Rita pubblicata su questo numero della newsletter di salernoeconomy.it amplia significativamente lo scenario delle riflessioni dedicate in queste mesi ai gravi riflessi della crisi nel Mezzogiorno. Colpisce del ragionamento di De Rita il richiamo all’urgenza di mettere in campo interventi strutturali per arginare la crescita delle disuguaglianze sociali, l’ampliamento della forbice reddituale, la divaricazione degli interessi. De Rita indica proprio nella ricomposizione di queste distanze socio/economiche la vera “missione” che dovranno caricarsi sulle spalle le classi dirigenti del Sud in maniera trasversale, non solo la politica e le istituzioni, ma anche tutte le altre parti in campo: imprenditori, lavoratori, sindacati, società (un tempo) definita civile. Perché il rischio è che di fronte alla verticalizzazione delle decisioni il Sud – come del resto sta già ampiamente accadendo – sia completamente escluso dall’avere voce in capitolo sui tavoli dove si prendono le decisioni che contano.
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La nota politica
La rappresentanza dei moderati nella politica locale in vista delle prossime scadenze elettorali
Pochi spazi per i cattolici
Lontani e defilati dal circuito elettoralistico, scarsamente valorizzati dal “nuovismo”. Dopo la diaspora democristiana non esiste più una leadership credibile e riconosciuta non solo in Campania.
Cattolici sempre più
di Ernesto Pappalardo
Tra gli elementi più sconcertanti che emergono dall’analisi dello scenario politico - non solo regionale e provinciale - spicca l’assenza di visibilità della componente cattolica all’interno di entrambi gli schieramenti (centrosinistra e centrodestra). Non vi è dubbio che tale componente sia presente e probabilmente risulti anche “incarnata” da qualche esponente di questo o quel partito, ma stupiscono davvero la leggerezza, la superficialità, l’inconcludenza operativa con le quali le formazioni politiche si rivolgono ad un così consistente bacino di cittadini (prim’ancora che di potenziali elettori). Né il “boy scoutismo” esibito di Renzi può lontanamente essere utile per attribuire al Pd una qualche funzione dialogante con i movimenti cattolici e con l’associazionismo di base che trova ancora un solido ancoraggio nella rete delle parrocchie. Certo, non si può generalizzare: nelle aree dove è prevalente l’anima comunista e diessina dei democrat appare davvero arduo rintracciare qualsiasi tipologia di legame non strumentale o non finalizzato alla costruzione del consenso. Le cose vanno un po’ meglio nelle zone dove, invece, permane (miracolosamente, è il caso di dire) un percorso di identificazione del variegato arcipelago cattolico in quel che resta del correntismo post-democristiano (transitato in minima parte, per la verità, nella Margherita rutelliana) ed ancora rintracciabile nel partito del presidente del Consiglio.
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