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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Poche priorità, ma condivise per ripartire

    Ora che un nuovo Governo c’è (non più “tecnico”, ma “politico”) e che – finalmente – si inizia timidamente a ragionare di crescita (e non solo di rigore), forse è arrivato il momento di mettere a fuoco “dal basso” tre-quattro progetti importanti per tentare di “ossigenare” quello che resta del tessuto economico salernitano. Insomma, ora appare davvero improcrastinabile recuperare una vera dignità di comunità riconoscibile in un “profilo”, in una precisa identità realmente condivisa da tutti gli attori in campo: non più parti o controparti, ma soggetti consapevoli del valore fondamentale (per tutti) legato alla capacità produttiva e competitiva di un territorio. Naturalmente, si tratta di un’ambizione per tanti versi “lunare”, se andiamo, poi, a verificare l’incapacità “strutturale” di presentarsi uniti e coesi ai tavoli dove si decidono i “destini” del Sud e della Campania. Solo per fare un esempio: su quello della Regione quasi sempre è il governatore Caldoro a “sorprendere” gli interlocutori salernitani rispetto alla destinazione dei fondi per progettualità importanti. Dovrebbe, invece, accadere il contrario. Proprio la “filiera” istituzionale locale (che tale non è, perché di fatto non è “comunicante”) avrebbe il dovere di chiarire a se stessa prima - prima, cioè, di cedere spesso e volentieri alle strumentalizzazioni della polemica politico-campanalistica (del tutto inconcludente, è bene ricordarselo) - per quale disegno, per quali iniziative vale la pena di spendere la propria credibilità nel segno di quella responsabilità tanto invocata e sempre richiesta agli interlocutori di turno. Con il Governo-Letta si apre una nuova fase, se non altro perché le nefaste conseguenze del tecnicismo eurocentrico - che hanno contraddistinto l’azione del precedente esecutivo - hanno fatto maturare nel meridione uno scenario insostenibile. Inutile ripetere l’elenco di indicatori statistici che confermano la gravissima situazione che si è venuta a determinare, allargando pesantemente la forbice con il Nord del Paese e con i Paesi “forti” dell’Europa. Le parole-chiave contenute nel discorso alle Camere del presidente del Consiglio consentono, adesso, di riattivare un linguaggio che per lunghi mesi è apparso offuscato, quasi rimosso. La visione – perché solo di visione per il momento si può parlare – appare chiara e convincente: nel mosaico programmatico tutte le tessere sono ben presenti. Quello che è altrettanto evidente è che non sarà affatto facile incastrarle singolarmente al loro posto senza alterare l’equilibrio più generale della composizione. La nota dolente, per quanto ci riguarda in provincia di Salerno ed in Campania, è, però, sempre la stessa. Viviamo anni nei quali la mediocrità delle classi dirigenti è stata capace di accompagnarci in terra davvero incognita: se prima la spina dorsale del manifatturiero era diventata fragile, oggi è soltanto un aggregato informe che trova un residuo di vitalità nella capacità dei singoli di essere ancora competitivi. Intorno a queste oasi di imprenditorialità “personalistica” manca ogni cosa. Quello che proprio non riesce ad emergere è la consapevolezza che occorre uscire da individualismi improduttivi, se non dannosi. Ora diventa prioritario, invece, dare una prova vera di gioco di squadra, scegliendo di lavorare in maniera compatta e senza “furbizie”. Esempi? Uno solo, per dare l’idea del metodo che in tante altre zone d’Italia ha funzionato. Se siamo tutti convinti che i “driver” di sviluppo sono l’agroalimentare, il turismo, il manifatturiero innovativo, la riqualificazione tecnologica ed ecocompatibile del patrimonio edilizio pubblico e privato, perché non chiedere al presidente Caldoro di avviare una ricognizione concordata dei fondi strutturali disponibili con l’obiettivo di individuare tre-quattro interventi destinati a migliorare la qualità della vita delle imprese che operano all’interno di queste “filiere” (anche in questo caso, purtroppo, non sempre “comunicanti”)? Per essere più chiari: al netto di tutte le opportunità che il Governo e l’Unione Europea potranno rendere disponibili per l’economia del Sud (e non c’è da aspettarsi granché), quale progetto di sviluppo e, soprattutto, di futuro abbiamo in provincia di Salerno per evitare di finire in un limbo “greco”? Dovremmo tentare di non farci spiegare dagli altri cosa possiamo fare da soli per “salvarci”. Perché i salvatori di Patrie spesso non hanno salvato nessuno, ma solo se stessi. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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