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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Se la crisi arriva anche nei discount

    Il “risiko” della politica e delle poltrone - che continua impunemente a consumarsi nei vari livelli della “filiera” istituzionale (dai circuiti locali fino a quelli nazionali) - potrebbe anche essere considerato un “gioco” strategicamente interessante, ma è davvero ingiustificabile di fronte a quanto stanno vivendo milioni di cittadini alle prese con una quotidianità di ristrettezze e di conti fino al centesimo per arrivare alla fine del mese. Alcuni dati per comprendere bene quanto si sta verificando soprattutto al Sud. L’Istat (mercoledì 27 marzo) ha reso noto che le vendite al dettaglio nel mese di gennaio di quest’anno sono ancora calate, “segnando un ribasso del 3% su base annua”. Bisogna tenere conto che si tratta della settima flessione tendenziale consecutiva. Vendite, cioè, in calo anche “rispetto a dicembre 2012 (-0,5%), con una diminuzione più forte per gli alimentari (-0,6%) che per i non alimentari (-0,4%)”. Ma l’indicazione più significativa che arriva è un’altra: a gennaio sono andate in flessione anche le vendite nei discount alimentari(-0,2%), che fino a questo momento avevano mostrato di reggere meglio l’impatto con la restrizione dei consumi familiari. In ogni caso, più complessivamente, le vendite per forma distributiva mostrano, rispetto al mese di gennaio 2012, “una diminuzione sia per la grande distribuzione (-2,3%) sia per le imprese operanti su piccole superfici (-3,5%)”. La Confcommercio spiega che “in termini tendenziali, la contrazione mensile dei consumi supera costantemente il 4% reale almeno dall'ottobre scorso”. Una sequenza temporale che sottolinea la gravità della crisi e del calo della domanda “per tutti i comparti di spesa”. Né le prospettive appaiono incoraggianti, perché – prosegue l’analisi dell’Ufficio Studi della Confcommercio – “il clima di fiducia delle famiglie è tornato a scendere, a marzo, stazionando sempre sui minimi storici e facendo segnare il terzo peggiore dato assoluto dal 2000”. Per Confcommercio “è evidente che l'incertezza politica e la previsione di tre rilevanti appuntamenti fiscali nel bimestre giugno-luglio (acconto Imu, debutto della Tares e incremento dell'Iva), non favoriscono i piani di spesa delle famiglie, peraltro già compressi da un reddito disponibile fortemente decrescente". Riscontro immediato della grave crisi di liquidità in atto? Basta dare uno sguardo alle previsioni inerenti la spesa alimentare per le festività pasquali. “Il budget per la tavola della festa sarà risicato - preannuncia la Confederazione Italiana Agricoltori - considerata anche la concomitanza di Pasqua con la fine del mese ed i rincari al dettaglio di molti prodotti della tradizione”. Il carrello “si svuoterà - evidenzia la Cia - con una diminuzione stimata dei consumi previsti del 7 per cento rispetto allo scorso anno e una spesa complessiva che non supererà i 2 miliardi di euro”. Taglio netto prima di tutto agli “acquisti di uova di cioccolato e colombe pasquali (-10 per cento), ma anche di carne (da -3 a -5 per cento), vino e spumanti (-3,5 per cento) e salumi (-1,8 per cento)”. Altri segnali, comunque, del clima di forzata austerity si ritrovano in un’analisi della Coldiretti: diminuisce dell’11,3% “il numero di famiglie che acquistano frutta a causa della crisi e della ridotta capacità di spesa nel primo mese del 2013”. Tagli alla frutta del 4,2% e agli ortaggi del 3%. Cambiano anche – dice Coldiretti – “le fonti d'acquisto che vedono crescere la quota di ambulanti e mercati anche degli agricoltori del 5,9% per la frutta e del 18,3% per gli ortaggi, mentre scendono i canali tradizionali rispetto allo stesso mese dello scorso anno”. Il risparmio passa anche attraverso “il forte aumento della presenza di cibi low cost che non sempre sono in grado di garantire standard di qualita' e sicurezza elevati". Risultano, per esempio, in crescita “del 17% gli acquisti di olio di oliva nei discount, mentre sono diminuiti del 3% nei supermercati e addirittura del 31% nel dettaglio tradizionale”. In un anno - sottolinea sempre Coldiretti - “è praticamente raddoppiata, arrivando al 12,3%, la percentuale di italiani che dichiara di non poter approntare un pasto adeguato in termini di apporto proteico ogni due giorni”. E’ necessario aggiungere altro? Eppure, a guardare i “teatrini” della politica non sembra proprio che nei Palazzi ci si sia accorti del dramma che già si sta consumando nella vita reale. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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