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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La vera sfida di Mara per cambiare il Pdl

    In questi giorni di battaglia elettorale è davvero difficile imbattersi in qualche dichiarazione dignitosa dal punto di vista della serena ed equilibrata analisi politica. L’esasperazione dei toni e del linguaggio - che da queste parti, per la verità, si è sempre contraddistinto per una carica di populismo demagogico - contribuisce soltanto a confondere le idee, a generare “equivoci”, a consolidare, cioè, un generale “disorientamento” nelle urne. Eppure, qualche elemento di novità da evidenziare ci sarebbe eccome. Se da un lato (Pd e centrosinistra in maniera più ampia) gli equilibri ed i perimetri della leadership sono fin troppo chiari, dall’altro – quello del centrodestra – si pone una questione meritevole di attenzione. La decisione dell’ex presidente della Provincia Edmondo Cirielli di tornare alle origini - anche in maniera coraggiosa sul piano personale, nell’ambito di un’operazione di riappropriazione dell’identità di una destra molto radicata nel territorio ed attenta alle problematiche sociali - ha di fatto portato alla ribalta l’inaspettata occasione di ricostruire anche a livello locale un minimo di “infrastrutturazione” politica per tutti quei moderati che non si sono riconosciuti in un Pdl che non ha mai realizzato armonicamente - sia a livelli nazionale che nelle varie regioni – il disegno di costruire un nuovo e ben amalgamato soggetto politico. La questione è molto distante da tutta la materia che è oggetto di febbrile e poltronistica “contrattazione” per le candidature. Ed è altrettanto distante dalle alchimie – in alcuni casi davvero ingiustificabili – relative alla costruzione delle liste. Non stiamo, cioè, parlando della degenerazione politica che il “Porcellum” (nomen omen) ha esasperato, ma di quella che un tempo era considerata la ragione stessa dell’impegno civile e democratico: l’individuazione di un nucleo di idee e di principi per i quali vale la pena di assumere un ruolo pubblico, di militare in un partito, di farsi parte responsabile di un progetto per il bene comune. Parole d’ordine che staranno suscitando il sorriso dei procacciatori di voti che si aggirano su tutti i fronti, pianificando il rastrellamento casa per casa di ogni consenso utile. Ma non sono certo loro gli interlocutori nel momento in cui si può cogliere la grande opportunità di rifondare un partito come il Pdl anche in virtù di un pressoché totale svuotamento dei vertici e degli assetti organizzativi. La vera sfida, insomma – se si intende lavorare con lungimiranza alla configurazione di una leadership non semplicemente personalistica o, addirittura, peronistica – per Mara Carfagna non può ridursi (come, pure, è stato importante fare) ad una dichiarazione d’intenti che richiama l’apertura di porte e finestre per cambiare l’aria. Occorre, invece, mettere mano alla creazione di un vero e proprio “laboratorio” di idee e di progettualità che tenga conto delle tante intelligenze che si riconoscono nell’area cattolica e liberale in cerca da anni di un percorso praticabile per rappresentare quel larghissimo consenso di cui è sempre stata storicamente destinataria in questo territorio. Carfagna – se, come è auspicabile, si porrà il problema di guardare oltre la siepe della pur importante scadenza elettorale – dovrà allargare la visuale e ripartire dalla cultura dell’ascolto, provando a ridare voce a quanti in questi anni non hanno trovato nessuna buona ragione (forti della propria dignità) per cantare lo stesso unico spartito in un coro uguale a sinistra, come a destra e a centro. L’idea del partito “plurale” di nobile ispirazione cattolica e democratica si intreccia con la necessità – l’urgenza – di contribuire a ristabilire un quadro chiaro dello scenario politico locale: chi sono i veri progressisti? Chi i veri liberali? E chi rappresenta sul serio le legittime istanze del mondo cattolico? Ma, soprattutto, Carfagna può – anzi, dovrebbe – rimettere al centro dell’attenzione l’idea-forza che in democrazia è fondamentale tutelare sempre e comunque il libero confronto tra i cittadini e tra chi è chiamato a rappresentarli. Se l’ex ministro saprà ricavarsi spazi di autonomia, anche all’interno dello stesso Pdl, per avviare una grande e trasparente azione di rilegittimazione dal basso del partito, sarà un’ottima ed inattesa notizia per Salerno e la sua provincia. Altrimenti ci ritroveremo con la solita “arca di Noè” con a bordo vecchie volpi ed antichi “nocchieri” utili solo a se stessi. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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