Glocal di Ernesto Pappalardo
Solito poltronismo, nessuna attenzione a imprese e famiglie
La storia è abbastanza vecchia e consolidata. Come insegnano le tristi vicende di questi ultimi giorni, l’attenzione – anche e soprattutto mediatica – alla politica si riduce ad un’attenta e quasi morbosa analisi degli equilibri interni ai partiti. Insomma: chi ha vinto, chi ha perso, chi comanda di più, chi di meno. La solita fissazione di spiare dal buco della serratura che cosa sta succedendo nelle stanze del potere per misurare con il bilancino del farmacista le quotazioni di questo o quel feudatario di turno che ha saputo o meno piazzare i suoi uomini. Hai voglia a dire – soprattutto dalle parti del Pd – che si è proceduto ad una grande operazione di democrazia “dal basso”. Le primarie hanno trovato ampia compensazione negli accordi romani e nei listini a trazione centralista, come si faceva un tempo nel vecchio Pci che si inventò, almeno, gli indipendenti di sinistra. Roba di stampo para-sovietico. Al punto da rendere divertente e simpatica la solita “confusione” altrettanto poltronista che si manifesta nel Pdl. Ma il punto vero è un altro, giusto per rientrare nelle materie di “competenza” di questa rubrichetta. E’ mai possibile che non passi a nessuno per la testa – in questa enorme folla di candidati, quasi candidati ed aspiranti “rappresentanti” delle comunità salernitane – di riservare qualche pensiero, anche fugace, alla drammatica crisi economica ed occupazionale che sta mordendo ancor più, se possibile, famiglie ed imprese in questo avvio di 2013? Niente da fare. A parte le usuali ed inconcludenti dichiarazioni contro questo o contro quell’altro, nessuno sembra veramente cosciente di quello che sta accadendo nel Mezzogiorno ed in particolare in Campania. Solo per capire bene in quale contesto ci troviamo, vale la pena di riprendere alcuni passaggi dell’ultimo rapporto di Confindustria dedicato al Sud (dicembre 2012). “Nel complesso, tra il 2007 e il 2011 il Prodotto Interno Lordo (PIL) del Mezzogiorno, in termini reali, ha subito una riduzione di quasi 24 miliardi di euro (-6,8%), mentre gli Investimenti Fissi Lordi nel 2011 sono stati di 8 miliardi inferiori rispetto al 2007 (-11,5%). Particolarmente rilevante è stata la caduta degli investimenti nelle costruzioni (-42,5%) e nell’industria in senso stretto (-27,8%)”. La ripresa del Pil e degli investimenti è prevista – secondo il Centro Studi di Confindustria – solo a partire dalla fine del 2013. In queste condizioni non sorprende che “il saldo migratorio tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord è negativo (-42.491 persone)” e che “una parte rilevante dei trasferimenti che hanno origine nel Mezzogiorno riguarda le persone maggiormente formate: sono, infatti, più di 18 mila i laureati meridionali che hanno deciso di trasferirsi al Centro-Nord”. E non è finita qui: “Il persistere della crisi - scrivono ancora gli analisti di Confindustria - è causa ed effetto del forte calo degli investimenti pubblici. La spesa in conto capitale nel Mezzogiorno si è ridotta, dal 2007 al 2011, di circa 7 miliardi di euro, passando dai 22 miliardi del 2007 a poco più di 15 nel 2011”. E a questo bisogna aggiungere che “il venir meno della capacità d’indebitamento, la graduale contrazione dei trasferimenti statali ed i vincoli sempre più stringenti imposti dal Patto di Stabilità portano ad una riduzione delle attività d’investimento delle Amministrazioni Pubbliche”. Giusto per chiarire: “Il Mezzogiorno è la macro-area più indebitata: i dati mostrano un indebitamento complessivo di Regioni, Province e Comuni pari a circa 30,44 miliardi di euro (circa il 30% del totale nazionale)”. Se veramente partiti e singoli aspiranti deputati e senatori avessero ben chiari questi numeri, comprenderebbero che siamo di fronte ad un passaggio epocale, che influenzerà il destino delle prossime generazioni di meridionali. Dovrebbero avvertire il dovere morale di non considerare la competizione elettorale soltanto come la tradizionale corsa alla poltrona redditizia e confortevole. E’ in gioco il futuro delle famiglie e delle imprese. E’ vitale mettere al centro di tutto competenze, passione civile e spirito di servizio. Parole desuete, che naufragano inesorabilmente sullo scoglio di una legge elettorale indegna, che consente ancora di paracadutare illustri sconosciuti sul nostro territorio. Crisi di sconforto? Di più: consapevolezza che dopo il voto non accadrà assolutamente niente di nuovo (e di buono) per il popolo del fare che ogni mattina va a lavorare. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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