Glocal di Ernesto Pappalardo
L'aria di elezioni paralizza anche le buone idee per la ripresa
L’anno che si apre non si presenta facile per imprese e famiglie. Nell’intervista pubblicata ieri su “la Città” – nella pagina “Imprese&Mercati” – la professoressa Valentino, preside della facoltà di Economia dell’Università di Salerno, ha evidenziato uno dei fattori- chiave che almeno nel primo semestre si rivelerà determinante: la scadenza elettorale destinata, a quanto pare, a ridisegnare equilibri e “geografie” della politica, con probabili (al momento) ristrutturazioni di qualche importante vertice istituzionale anche in ambito locale. Naturalmente, la prof si riferisce allo scenario nazionale, ma è chiaro che la “paralisi” delle già scarne iniziative pubbliche rivolte all’incentivazione della ripresa economica e produttiva sarà sicuramente di ampia portata. Insomma, al danno del “non fatto” si aggiungerà la beffa di un ulteriore ritardo, dopo mesi di crisi senza limiti. Secondo elemento sottolineato da Valentino è la necessità di condividere e di non calare dall’alto i modelli di sviluppo per i singoli territori, tesi – questa – che pone in rilievo due gravi carenze: l’assenza di un vero e proprio programma dedicato alla valorizzazione delle eccellenze pur presenti nella nostra e nelle altre province della Campania; la mancanza di un luogo istituzionale in grado di aggregare i diversi attori sociali che compongono la “filiera” economica e produttiva. Proprio nel bel mezzo di un ulteriore periodo di grave difficoltà per le aziende e per le famiglie si va incontro, quindi, ad altri mesi di navigazione a vista, in attesa della ridefinizione di un quadro politico che - al di là delle distinzioni classiche e molto anacronistiche (destra, sinistra, centro e via discorrendo) - una volta ricomposto avrà di fronte ben poche alternative pratiche. Sarà difficile mettere mano ad una riduzione della pressione fiscale, come sarà altrettanto complicato trovare un punto di equilibrio tra le esigenze delle banche di arginare la crescita delle sofferenze e la necessità di immettere circolante nel circuito dell’economia reale. Ci sarà ancora da soffrire – e non poco – per le tante imprese legate a doppio filo alla capacità di ampliare il proprio mercato di riferimento, guardando all’export con tutte le proprie forze e capacità. Ma quante aziende sono realmente in condizione di farlo? Ed il calo dei consumi interni in quale ancora più grave misura inciderà su un settore cruciale per la provincia di Salerno come il commercio? Logico attendersi ricorsi massicci agli ammortizzatori sociali ed ancora, purtroppo, un grave impatto sui livelli occupazionali già di per sé in contrazione da tempo. Tutto peserà, in perfetta e sperimentata solitudine, sulle spalle del mondo del fare che in pieno deserto istituzionale sconta soprattutto la mancanza di interlocutori consapevoli delle poche, ma decisive cose che si potrebbero concretizzare, pur in presenza di tagli evidentemente tecnocratici ed eurocentrici che palesano una vistosa lontananza dalla quotidianità delle gente in carne ed ossa. In questo primo semestre del 2013 sarà ancora più evidente che ormai – come più volte ha spiegato il presidente del Censis Giuseppe De Rita – esiste un vertice decisionale sempre più sovranazionale da una parte, una terra di mezzo (politica ed istituzionale) abbastanza irrilevante dal punto di vista dell’incidenza sulle cose di cui si dovrebbe veramente tenere conto, ed, infine, dall’altra parte del mondo – verrebbe da dire – i territori abbandonati in una competizione sempre più feroce. Dove a prevalere è una variabile tipica delle guerre tra poveri: il costo del lavoro. Altro che percorsi di innovazione di processo e di prodotto in grado di spostare quote significative di Pil da una zona all’altra dell’Europa e del mondo. La verità è che ci vorrà ancora molto tempo per ristabilire dinamiche non recessive. Ma lo sconforto deriva dalla constatazione che mentre in altre aree del Paese prendono forma esperimenti ed accordi che pongono al primo posto la tutela della coesione sociale, qui da noi tutto si complica e si perde nella grande palude dei tempi morti di politica e istituzioni irreparabilmente perse dietro la propria inefficienza. Le uniche note incoraggianti provengono da alcune categorie produttive e da una parte di sindacato che possiede una visione culturale attenta ai cambiamenti inevitabili per non rimanere indietro. Basteranno questi fermenti di sano e costruttivo civismo dal basso? Per il momento dovranno bastare, non c’è altro. Buon anno! ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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