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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La politica “gioca”. Famiglie e imprese tirano la cinghia

    Di previsione in previsione – anzi, di revisione in revisione – si è giunti alla “certificazione” che la crisi non solo c’è ancora (altro che venti o spifferi di ripresa), ma durerà per molto altro tempo. Un anno? Un anno e mezzo? Molto più saggiamente, invece di dare i numeri, conviene prendere atto che nel Mezzogiorno e particolarmente da queste parti l’aria che tira continua a non essere per niente buona. Se si gira per le aziende o si parla con gli imprenditori appare più che chiaro che manca sempre la liquidità e che i tempi di riscossione dei crediti sono estremamente lunghi ed incerti. Insomma, nessuno paga o – se paga – lo fa con una dilatazione cronologica che manda all’aria calcoli e proiezioni di ogni genere. La sensazione è che i nodi stiano venendo al pettine. Che il conto finale, piuttosto salato, di qualche decennio di vergognosa inconcludenza politico-amministrativa – soprattutto a livello regionale – stia per essere definitivamente presentato. Facile comporre l’elenco delle cose che si sarebbero dovute assolutamente fare. Un esempio esaustivo: il pasticcio dei fondi strutturali non spesi sul territorio non può trovare alcuna giustificazione. Non è che le eredità negative del centrosinistra possono durare all’infinito, mentre la giunta del governatore Caldoro si rimpalla numeri e cifre ogni giorno con il ministro Barca. Tutto appare “appeso” al filo di un futuro che non promette niente di pragmaticamente operativo. Perfino lo sblocco di due contratti di programma, di cui uno in provincia di Salerno, alla luce del ritardo accumulato appare più come una “provocazione” che – come pure, in realtà, dovrebbe essere – una risposta finalmente positiva. Se questo è il quadro a dir poco avvilente che la Regione contribuisce in maniera determinante a dipingere (in compagnia di altre Regioni del Sud, per carità), c’è da chiedersi che cosa altro possa mai accadere in una provincia dove la rissa politica non perde occasione di manifestarsi. La capacità di non sapere guardare oltre il proprio naso consolida campanilismi e protagonismi ormai da strapaese. Non c’è Comune o Ente minimamente dotato di un budget – altro che spending review – che non si preoccupi più dell’immagine che della sostanza. Ovunque proliferano cerimonie inaugurali ed un taglio del nastro non si lesina a nessuno, perché – non dimentichiamolo – la campagna elettorale per le politiche è alle porte. Per non parlare di dichiarazioni, comunicati stampa, preoccupati interventi sulle sorti del mondo intero. E, poi, per non farci mancare niente, ecco che arrivano anche le primarie di centrosinistra e di centrodestra (almeno pare). Insomma, una girandola continua di fatui protagonismi, mentre i consumi scendono e la gente scopre la convenienza dei gruppi di acquisto solidale e ritorna alla pratica del dopoguerra: il libretto a credito nelle salumerie sotto casa, con buona pace della grande distribuzione. Due numeri, in conclusione, per dare il senso di quello che sta accadendo. Una ricerca Censis-Confcommercio, resa nota un paio di settimane fa, evidenzia che 4,5 milioni di famiglie (pari al 18% del totale) negli ultimi sei mesi non sono riuscite a coprire per intero, con il proprio reddito, le spese correnti. E’ aumentata, infatti, dal 13,3% al 21% la quota di chi posticipa i pagamenti rispetto a sei mesi fa. E’ naturale, quindi, che in questo contesto la propensione alla spesa risulti semplicemente “anchilosata”: la Confcommercio ha rivisto al ribasso le stime di consumi e Pil calcolando che i primi crolleranno del 3,3% a fine 2012 e dello 0,9% nel 2013. Il Pil sarà in calo del 2,3% nel 2012 e dello 0,8% nel 2013. In “compenso” aumenta la pressione fiscale su imprese e famiglie: dal 45,5% calcolata dal Governo nel 2013 si passa – sempre secondo i calcoli di Confcommercio - a un livello “reale” del 55,2%, al netto del sommerso. Ecco tutto. Altro da aggiungere? ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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