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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • I pifferai magici suonano ancora alla faccia della crisi

    E’ un momento di confusione generale. I provvedimenti del Governo continuano a colpire sempre lo stesso zoccolo duro di “resistenti” al principio del rispetto delle regole: arriva la riduzione Irpef, ma aumenta l’Iva e si tagliano gli sgravi fiscali. Il calo del potere di acquisto comprime i consumi e le famiglie affondano lentamente nel limbo di un’indigenza “mascherata”, della quale quello che resta del famoso ceto medio prova dignitosamente vergogna. L’apparato produttivo attende sempre più incredulo che la cosiddetta “fase 2”, quella della ripresa, parta sul serio, ma, nel frattempo, sconta sulla propria pelle le manovre di assestamento dei bilanci delle banche ben attente a rafforzare i parametri presenti e futuri imposti dalla tecnocrazia eurocentrica che non si sa bene – o, forse lo si sa fin troppo bene – a chi risponde. In altre parole: l’indispensabile liquidità, il circolante, la moneta sonante non si è ancora vista, con buona pace degli annunci speciali di più di un ministro che la politica la sta facendo eccome (altro che tecnici prestati al servizio del Paese). Se proviamo a calare la drammaticità di questo contesto congiunturale negli scenari locali, è chiaro che c’è poco da stare allegri. I partiti? La politica? La “filiera” istituzionale? Completamente travolti dal prosciugamento delle risorse pubbliche ed incapaci di uscire dal circolo vizioso della tutela dei propri interessi particolari anche in un momento difficile come questo. Anzi, più si avvicinano le elezioni politiche – ma da tempo c’è già chi lavora in proprio per la scadenza delle regionali del 2015 e, addirittura, delle comunali del 2016 – maggiormente aumenta il tasso di “insolvenza” del governo reale dei problemi. La spending review di Monti in Campania ed in provincia di Salerno si traduce in “sospensione” della responsabilità di scegliere l’unica strada possibile: fare fronte comune per difendere il territorio da una delle più terribili ondate di desertificazione del tessuto industriale e produttivo. Nessuno si sta ponendo questo problema al di là del chiacchiericcio da convegno o degli slogan da comunicato stampa. Sul tavolo arrivano di giorno in giorno vertenze occupazionali, preannunci di smobilitazioni vere e proprie, ma nessuno raccoglie il grido di allarme che sale da sempre più vasti settori del mondo delle produzioni e del lavoro. Si preferisce il piccolo cabotaggio, il giorno per giorno in attesa della “ripresa”. Ma la “ripresa” di che cosa? Si dimentica che anche quando – prima dell’affacciarsi della più grave crisi del secondo dopoguerra – le cose non andavano così male per l’Italia, qui, in provincia di Salerno, le stesse cose non andavano affatto bene. Si dimentica che il processo di deindustrializzazione e di non virtuosa terziarizzazione dell’economia salernitana è in atto da diversi decenni e sta portando – ormai ci si è molto vicini – ad un grado di erosione dei redditi familiari, oltre che di quelli delle imprese non più sostenibile. Il sistematico abbandono al suo destino del manifatturiero ha reso evidente che il turismo ed i servizi senza un “apparato” industriale di base non possono produrre un reddito accettabile per un territorio così esteso (158 Comuni, oltre un milione di abitanti) e “diversificato” come quello della provincia di Salerno. Le giovani generazioni di laureati sanno bene che devono prendere la valigia e cercare un posto di lavoro serio, degno di questo nome, lontano da qui. Né hanno qualche possibilità gli altri che puntano, con la stessa dignità di chi vuole costruirsi un futuro non precario, su impieghi che non richiedono la laurea. Esiste un progetto, un disegno, un’idea di modello di crescita? A Napoli o a Roma chi può realisticamente affermare di rappresentare questa città e questa provincia con un minimo di capacità di attrazione di investimenti pubblici o privati? Ma il “racconto” che ci propinano dalle varie seggiole, poltrone e poltroncine è completamente diverso. E il dramma nel dramma è che sono ancora in tanti a credere nei romanzi e nei libri dei sogni divulgati dai palazzi. Alla faccia della crisi i pifferai magici da queste parti non passano mai di moda. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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