Glocal di Ernesto Pappalardo
La politica? Se non è Arte, è mestiere
A considerare bene il brutto spettacolo che il crepuscolo dei partiti sta offrendo, c’è solo da scegliere quali spunti cogliere per rendersi conto di come anche in questi frangenti la comunicazione stia giocando un ruolo fondamentale. D’altro canto non bisogna riscoprire l’intramontabile Flaiano (“La situazione politica in Italia è grave ma non è seria”) per avere cognizione del quadro desolante che abbiamo di fronte. In una provincia ed in una città come Salerno le dinamiche di personalizzazione della politica si sono riversate in maniera estremamente “impattante” nelle pratiche di comunicazione e di informazione derivanti dall’elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di Provincia. Al punto che si fa veramente fatica a rintracciare il profilo di altri soggetti della politica e delle istituzioni al di là dei vertici amministrativi. La pressoché totale scomparsa mediatica – per esempio – di parlamentari nazionali e regionali coincide con un contesto fatto di “teatrini” basati sostanzialmente sulla strategia degli annunci. Un atteggiamento che è in linea con la ricerca di un consenso sempre più largo: “Sono i deboli e i confusi che venerano le finte semplicità della franchezza brutale”, non a caso ha tenuto a spiegarci qualche tempo fa un guru della comunicazione come Marshall McLuhan. Il ricorso sempre più frequente alla frammentazione del messaggio – tante volte incoerente con quello pronunciato appena un minuto prima – è la conseguenza di una politica che si distacca completamente dalla descrizione della realtà delle cose. Insomma, proprio nelle posizioni di più consistente visibilità ha avuto il sopravvento il marketing sul prodotto che tante volte non ci si è presi la briga nemmeno di progettare (non di realizzare) prima di “vendere”. Da questa forma mentale sono derivate, quindi, vere e proprie sceneggiature di rappresentazioni che, ormai, si basano su un canovaccio ben noto agli spettatori (o, meglio, ai telespettatori): la descrizione di una situazione di pericolo o di rischio (non importa quanto reale o realistica); l’irrinunciabilità dell’intervento di un super-eroe “buono”; l’annuncio di una battaglia “giusta” e di un eventuale (ma, comunque, sempre “certa”) vittoria che se non è arrivata, sicuramente – prima o poi – arriverà. La differenza tra ribalta mediatica nazionale e locale sta in poche, ma significative cose: mentre sul proscenio più importante tutto è finalizzato a raggiungere uno scopo molto ben descritto ancora da McLuhan – “L'azione dei media è quella di far accadere le cose piuttosto che di darne conoscenza” – in scenari più angusti (culturalmente e mentalmente) tutto si risolve in un’azione di propaganda continua e perseverante. Perché? Difficile dare una sola spiegazione convincente. Forse anche perché la vicinanza fisica tra il polo che diffonde le informazioni e la rete di diffusori gioca brutti scherzi di sudditanza - diciamo così – psicologica? Può darsi. Ma è solo una concausa. La verità è che nel meccanismo del marketing e della corsa alla vendita del prodotto-giornale (telegiornale, radiogiornale, sito web, blog e quant’altro) si attivano meccanismi complessi. Se tu mi dai la dichiarazione contro qualcuno o mi accendi sempre e comunque una polemica, perché mai non dovrei darti spazio a volontà? E’ la legge del business: se “aggredisci” qualcuno, io vendo più copie. Insomma, quasi nessuno degli attori in campo – questa è, almeno, la percezione - riesce a conservare una visione al di sopra delle parti. Diventa, quindi, sempre più difficile distinguere tra notizia, “propaganda” e commento alla notizia o – purtroppo – alla non-notizia. E’ un vortice che tutto macina e trita giorno per giorno, annullando la memoria dell’utente finale del processo di informazione e comunicazione. Provate a ricordare un solo titolo di una settimana fa del giornale che pure comprate ogni mattina. Impossibile, perché l’eccesso d’informazione (vera, falsa, quasi vera?) azzera il messaggio (sempre lui, McLuhan). Soprattutto quando è a ben tutti chiaro che ““La politica se non è Arte, è mestiere” (Libero Bovio, “Don Liberato si spassa”). ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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