Glocal di Ernesto Pappalardo
Mare, sole e altri disastri
E’ sotto gli occhi di tutti noi in questi giorni lo stato pietoso in cui è stato ridotto il mare in numerose zone della nostra provincia. Uno spettacolo semplicemente indegno, che conferma, purtroppo, il degrado politico ed istituzionale nel quale ci dibattiamo da decenni. Non è questione, insomma, di coloritura politica del governo degli Enti Locali e della Regione Campania. Il problema è di più ampia portata ed appartiene all’ambito della più totale irresponsabilità che ha caratterizzato – e caratterizza – in larghissima e maggioritaria parte la nostra presunta classe dirigente. Diversi quotidiani in questi giorni stanno raccontando quanto sta accadendo. La ricerca delle “colpe” si intreccia con le risposte – anche molto dettagliate sotto il profilo della “storicizzazione” dei problemi – di sindaci, amministratori locali e regionali. Ma il quadro che emerge è davvero desolante: a ripercorrere il filo dello scaricabarile si fa fatica – come sempre – a capire chi ha originato il colpo letale a quello che pure nei proclami e nella propaganda elettorale resta il gioiello del Mezzogiorno: il turismo. Insomma, abbiamo appreso che non sono problemi che si risolvono in tempi rapidi. Ci è stato anche spiegato che le cause sono complesse: i fiumi inquinati; le reti fognarie fuori controllo; i depuratori che non funzionano mai e, se funzionano, non sono capaci di drenare i flussi di materiali che – molto spesso fuori da ogni applicazione delle leggi – si ritrovano a dovere “trattare”. Ovviamente dal punto di vista tecnico è facile rendersi conto che stiamo parlando di intrecci di reti complessi ed articolati. Ma – è evidente – che il problema non può essere confinato nell’ambito della gestione tecnica delle criticità del territorio. La principale responsabilità di questo disastro ingiustificabile è di natura politica, prima ancora che istituzionale. Prevale, quindi, la sensazione che ogni problematica non direttamente collegata alla raccolta di consenso viene sistematicamente derubricata alla seconda o alla terza fascia delle priorità. La bonifica delle reti fognarie, la pulizia dei torrenti, il monitoraggio ed il dragaggio dei fondali dei fiumi, la piena operatività e funzionalità dei depuratori (o meglio: di una rete almeno regionale di questo tipo di impiantistica): tutte opzioni di investimento di fondi che “probabilmente” rendono meno in termini di ritorno di consenso e di immagine. O, almeno, così viene ancora stoltamente ritenuto. Se è vero che in tempi di contrazione e di spasmodica riduzione della spesa pubblica tutto diventa più difficile, è altrettanto indiscutibile che solo un ceto politico ed istituzionale miope, privo di visione strategica, avvitato in logoranti “guerre” di campanile ed in “ronde” agli orticelli elettorali può non rendersi conto che di fronte al mutamente genetico del sistema produttivo indotto dalla crisi, l’asset ambiente-paesaggio-mare-turismo è una delle principali vie di fuga dalla catastrofe economica ormai in atto. Non ci sono conti e spiegazioni che tengono. Perché, allora, non azzerare – ad esempio - per uno o più anni la spesa destinata a manifestazioni a dir poco “improduttive” (sagre, festival del cavolo ed altre amenità vergognose) pur di recuperare una qualità dignitosa del mare? Che ne pensano analisti, strateghi, professori, assessori, e scienziati della comunicazione? E’ una ricetta troppo semplice evitare di buttare soldi in campagne di marketing inconcludenti per vendere il mare sporco? Non è meglio pensare prima a pulire il mare che da solo vale più di un tesoro inestimabile? Ma, intanto, il mare si vendica e punisce gli incolpevoli bagnanti costretti a vivacchiare spostandosi da una spiaggia all’altra per evitare chiazze marroni e liquami inquietanti. E’ proprio una bella estate. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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