Glocal di Ernesto Pappalardo
La finanza “buona”? A misura di territorio
In tempi di crisi profonda occorre “ingegnarsi” e pensare alla “sopravvivenza”. Tra le varie leve da attivare per provare ad immettere capitali freschi sul territorio rientra certamente quella finanziaria. Naturalmente, nel Mezzogiorno si sono sprecati nel corso dei decenni - e si sprecano tuttora - i casi di utilizzo degli strumenti finanziari in chiave, per così dire, “speculativa”. Come si contano a centinaia i ricorsi a finanziamenti pubblici con la logica del “take away”, come nelle tavole calde: fondi considerati da asporto a tutti gli effetti. Ma, fortunatamente, esiste - può esistere - anche una tipologia di approccio “finanziario” dal basso e non dall’alto. In altri termini, attraverso l’utilizzo “dinamico” di parte del capitale (10-15 per cento) delle Fondazioni di origine bancaria (Carisal nel caso di specie su scala provinciale) si può arrivare a concepire l’attivazione di fondi dedicati in grado di convogliare risorse su progetti ritenuti prioritari per il territorio. Ovviamente la partita si giocherà fondamentalmente sul criterio di selezione di tali iniziative - anche se per drenare sul serio capitali privati, dovranno essere progetti realmente competitivi – e sull’affidabilità del soggetto proponente. Va accolto, quindi, certamente come un segnale positivo il ragionamento espresso dal presidente della Fondazione Alfonso Cantarella nell’intervista apparsa ieri nella pagina “Imprese&Mercati” de “la Città”, soprattutto quando sottolinea la volontà di inserire Salerno in un circuito importante. “Il problema di fondo - ha detto Cantarella - è mettere in campo una strategia condivisa da tutti gli attori territoriali per attrarre investimenti e per rafforzare il tessuto imprenditoriale esistente. In questa prospettiva possono recitare un ruolo di primo piano l’attivazione di strumenti finanziari – come i fondi dedicati – e l’attento ed intelligente ricorso a partecipazioni mirate in grado di fare approdare il “prodotto-Salerno” sui tavoli di investitori importanti (istituzionali e privati)”. Se questa è la logica, siamo in presenza, finalmente, dell’inizio di un percorso che prova ad utilizzare il potenziale di una leva finanziaria che rientra nella tipologia del “taylor made” tanto utile ai sistemi di sviluppo locale. Può diventare – come accaduto in tanti altri contesti del Centro e del Nord Italia – un esperimento di finanza “buona”, proprio perché valorizzata in una prospettiva atipica per il Mezzogiorno: tentare di non subire incursioni dall’alto (shopping a spese dei contribuenti e delle stesse imprese sane), ma disegnare a stretto contatto con le comunità del “fare” traiettorie virtuose. E’ in questo senso che il marketing territoriale assume un’autentica capacità di valorizzazione degli “asset” spendibili non solo in Italia – si pensi al turismo, all’agroindustria, al segmento di ricerca applicata alla filiera dell’alimentare, solo per fare qualche esempio – ma in tanti altri mercati di capitali (Paesi emergenti in primo luogo) che hanno bisogno di trovare terreno fertile. Il percorso è solo agli inizi, è bene sottolinearlo. Tante volte è accaduto in questa città che si lavori alacremente non per ottenere risultati, ma per neutralizzare iniziative con il solo difetto di essere intraprese da altri, arginando o archiviando senza remore civiche protagonismi positivi. Addirittura si preferisce andare in ordine sparso ad infrangersi sulle onde gigantesche di questa congiuntura negativa infinita per paura che possa emergere una sorta di “leadership” nella governance della crisi. Roba da manicomio. Ma, incredibilmente, a Salerno accade davvero. L’auspicio è che la finanza “buona”, quella con il cervello locale e ben radicata nelle esigenze dell’economia reale del territorio non si fermi sulla soglia dei veti della politica. Sarebbe una nuova e bella occasione persa. L’ennesimo sfregio ad una comunità che merita di giocare la sua onesta partita con le carte che ha in mano. Carte buone, eccellenti. Che vanno messe sapientemente vicino per costruire le combinazioni vincenti. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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