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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Contrazione media pari a 1.500 euro rispetto al 2007, ultimo anno prima della crisi.Spesa giù, in Campania -1600 euro Indagine Confesercenti sui consumi regionali (2007/2016). Crescono le disparità. In Trentino si arriva a 16.500 euro in più della Calabria, divario aumentato del 97%.

    La ripresa c’è, ma ancora non si percepisce nel portafoglio delle famiglie. O meglio: il dualismo territoriale Nord/Sud pare addirittura rafforzarsi. L’indicatore della spesa media familiare rappresenta un riferimento importante per comprendere perché - nonostante la massa di dati positivi che arrivano da varie fonti, tutte autorevoli – in vaste aree del Paese si conservi un atteggiamento guardingo, se non difensivo. La spesa delle famiglie - documenta un’indagine condotta da Confesercenti a partire da dati Istat ed Eures-Cer sull’impatto regionale della grande recessione dei consumi che ha colpito l’Italia negli anni scorsi - è tornata sopra i livelli del 2007 solamente in sei regioni d’Italia su venti. “Una recessione – ricorda Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti – senza precedenti, tecnicamente finita nel 2014 ma di cui, a tre anni di distanza, stiamo ancora pagando gli effetti. Le famiglie italiane spendono in media ancora 1.500 euro in meno rispetto al 2007, ultimo anno prima della crisi. Ed oltre che insufficiente a recuperare il terreno perduto, la ripartenza dei consumi degli ultimi anni è stata anche profondamente diseguale sul territorio”.
    La Campania.
    La Campania appartiene al gruppo di regioni che non sono ritornate ai livelli pre-crisi, accusando un - 1.593 euro (-6%) nel 2016 rispetto al 2007. In pratica, mentre nel 2007 le famiglie spendevano 26.376 euro, nel 2016 ne hanno spesi 24.783. Indicatori superiori alla media nazionale -1.492 euro, - 4,7%.
    Le altre regioni ancora indietro.
    Sono 14 le regioni che “si trovano ancora in rosso, con livelli di spesa media inferiori a quelli del 200”. Ma “anche in questo caso, però, si registrano grandi differenze territoriali”. Perché? Perché “mentre le famiglie lombarde si stanno avvicinando ai livelli pre-crisi (-163 euro l’anno) - spiega una nota di sintesi della Confesercenti - in altre regioni si registrano picchi ben più preoccupanti, al Nord come nel Centro Italia e nel Mezzogiorno. La maglia nera va alle famiglie umbre, la cui spesa media annuale, nell’ultimo anno disponibile, è stata inferiore di -5.711 euro al dato registrato nel 2007. A poca distanza c’è la Calabria (-5.628 euro di spesa media) ed il Veneto, dove il buco del budget familiare si attesta a -4.881 euro. E, oltre al Veneto, tre altre Regioni hanno un deficit di spesa media superiore ai 4mila euro l’anno per nucleo familiare: Sardegna (-4.251 euro), Molise (-4.227 euro) e Marche (-4.037 euro).
    Le Regioni che ripartono.
    “A tornare a spendere più di quanto facessero prima della crisi - evidenzia sempre la Confesercenti - sono state solo le famiglie del Trentino-Alto Adige, della Liguria, della Basilicata, della Valle d’Aosta, dell’Emilia Romagna e della Toscana. Anche se il recupero è avvenuto con differenti intensità: a mettere a segno l’incremento maggiore sono stati i nuclei delle province autonome di Trento e Bolzano, con una spesa media annuale in aumento di 2.493 euro sul 2007. Seguono le famiglie liguri, che nel 2016 hanno speso poco più di mille euro in più (1.026) rispetto a quanto al pre-crisi. Al terzo posto c’è la Basilicata, che registra una spesa media familiare in ascesa di 434 euro sul 2007, poco lontano dagli incrementi di Valle d’Aosta (+389 euro a famiglia) e Toscana (+377). Agguantano – ma per poco – la ripresa anche i nuclei dell’Emilia Romagna, ora assestati su una spesa media di 35.705 euro, 89 euro in più rispetto al periodo pre-crisi”.
    Aumentano i divari territoriali.
    “Viste le diverse dinamiche nei singoli territori - spiega la Confesercenti - la crisi dei consumi ha contribuito ad ampliare i divari di spesa tra le varie tegioni d’Italia. Nel 2007 la differenza annua tra Trentino Alto Adige e Calabria, rispettivamente la regione più ricca e più povera d’Italia, si attestava ad 8.350 euro: oggi è di quasi 16.500, il 97% in più. Un aumento che porta la spesa media delle famiglie calabre ad essere poco più di della metà (il 54%) di quella dei trentini. Ma oltre ad un aumento del divario tra poveri e ricchi, la crisi ha portato anche a far saltare qualche certezza: è il caso del Veneto, che nel 2007 registrava la spesa media più ricca d’Italia. Primato abbattuto dalla recessione dei consumi: la regione è oggi solo quinta in classifica, superata da Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna, Valle d’Aosta, Toscana”.
    Il commento della Confesercenti.
    “I segnali in arrivo da molti comparti dell’economia, turismo ed esportazioni, appaiono positivi come non mai”, commenta Mauro Bussoni, Segretario Generale Confesercenti. “Dopo anni di difficoltà, la ripresa appare finalmente a portata di mano: un cambiamento che non può che avere che conseguenze positive sulla fiducia di cittadini e imprese. Ma se è vero che sono necessari tre indizi per fare una prova, dopo le buone performance della produzione industriale e dei flussi turistici, per confermare in pieno il ritorno alla crescita nostro Paese manca proprio la ripresa dei consumi delle famiglie. Che, come è evidente dai dati dell’indagine, non si è ancora materializzata nella maggior parte di Italia”.
    “Per questo – conclude Bussoni – riteniamo assolutamente necessario intervenire a favore delle famiglie e alle imprese che fanno riferimento alla domanda interna, dai negozi alle botteghe artigiane. La prossima legge di Bilancio potrebbe essere l’occasione per mettere in cantiere un intervento redistributivo che consolidi la ripartenza dei consumi. Ricordiamo, da questo punto di vista, che sono trascorsi dieci anni dall’ultima revisione delle aliquote Irpef”.
    (Fonte: confesercenti.it/ 12.09.2017)


    Spesa in contrazione nella maggioranza delle regioni
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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