Glocal di Ernesto Pappalardo
L’estate 2017 lascia numeri positivi nel comparto delle vacanze.Se pubblico e privato . . . Le occasioni mancate nel settore turistico. Intorno alla risorsa/mare si possono costruire “pacchetti” in grado di ampliare la platea di visitatori dell'intera provincia.
Che cosa ci lascia l’estate 2017 in termini di scenario economico? Prima di tutto numeri importanti dal punto di vista del comparto turistico, che in provincia di Salerno - ma più in generale a livello di sistema/Paese - ritrova percorsi di crescita per lungo tempo compressi o smarriti. I numeri ci raccontano che la risorsa/mare continua a funzionare come elemento trainante, ma anche che non è utilizzata al meglio. Anzi. Ed è proprio questo l’aspetto prioritario di cui tenere conto per ogni plausibile ragionamento da mettere in campo nel breve e nel medio periodo. Sappiamo che la bonifica ed il recupero di importanti tratti di litorale salernitano richiede del tempo. Ma è evidente che occorre assolutamente accelerare. Il capoluogo di provincia – va detto – sta provando a giocare le sue carte per entrare in maniera meno effimera e più strutturale nel grande circuito delle mete turistiche nazionali ed internazionali. Di quanto aumenterebbero le sue possibilità di successo se avesse a disposizione le spiagge ed il mare da “vendere” sui mercati? Il tempo in questo caso è una variabile ancora più importante per fare in modo che Salerno possa intercettare varie tipologie di target turistico, senza per questo rinunciare al ruolo strategico di crocevia tra i vari itinerari a Nord e Sud del territorio provinciale.
Ma - come appare evidente da alcune rilevazioni che i lettori di salernoeconomy.it possono approfondire nel numero della newsletter di questa settimana (ven 01 settembre 2017) - manca sostanzialmente ancora una regia condivisa, capace, cioè, di mettere tutti d’accordo sull’esigenza di implementare le opportunità di integrazione delle offerte che siamo in grado di proporre ai tanti turisti a caccia di vacanze sempre più “taylor made”. Basta guardarsi intorno per comprendere una volta di più che il traino della risorsa/mare consente di “agganciare” molte altre tipologie di turisti. Natura, paesaggio, archeologia, cultura, ben artistici, enogastronomia e via discorrendo compongono - per fortuna - un mosaico che compete senza difficoltà alla pari con pochi altri territori nell’intero globo.
Eppure, il “raccolto” è ben lontano da quanto potrebbe rendere una semina più accurata e lungimirante. Un dato su tutti: non esiste praticamente interazione tra gli itinerari che i turisti scelgono di percorrere nelle aree della Costa d’Amalfi e del Cilento. Nessun “rimbalzo” o quasi. Scelte nette, senza articolazione alcuna, se non qualche toccata e fuga ai templi di Paestum. Gli esperti ci spiegano che il segreto per aumentare le entrate è innalzare il tasso di permanenza e, quindi, organizzare soggiorni multi/attrattivi. Ripeto: intorno al tesoro/mare – perché resta il tesoretto principale – si possono costruire “pacchetti” in grado di ampliare la platea di visitatori e di coinvolgere l’intera area provinciale (comprese le zone interne ancora incontaminate).
Non è un lavoro semplice. Ma altrove pubblico e privato insieme lo hanno già fatto con straordinari risultati. Esistono problemi di visione e di governance. Ma se parliamo di crescita occupazionale e di aumento della redditività complessiva del comparto (turistico), la strada è abbastanza obbligata. Se si rimane arroccati dietro le proprie siepi, i modelli della nostra offerta saranno sempre di tipo “difensivo” rispetto al resto del mercato (e certamente va anche bene così, diranno in tanti), ma non riusciranno facilmente a mettere a frutto le tante opportunità sprecate o, peggio ancora, lasciate alla concorrenza che, invece, si ingegna e progredisce anno dopo anno.
Ernesto Pappalardo
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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