Focuson
Sintesi della relazione analitica presentata il 14 giugno scorso a Napoli.Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi Banca d’Italia. La reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al 2007. Nel 2016 il prodotto interno lordo accusa ancora il -16% rispetto al Pil registrato dieci anni fa.
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa.
Il sistema delle imprese.
I dati positivi (fonte Unioncamere) in termini di tassi di nati/mortalità delle imprese sono senza dubbio un segnale importante dal punto di vista dell’animazione socio/economica dei territori, ma vanno analizzati anche in termini di redditività e di reale impatto sul fronte dei livelli occupazionali. Un caso per tutti: la grande crescita delle imprese “under 35” continua a corrispondere in larga parte ad un tasso di disoccupazione giovanile in non poche aree della Campania vicino al 50 per cento. E’ abbastanza chiaro come il ricorso all’auto/imprenditorialità – caratterizzato da un turnover di circa 24/36 mesi delle aziende che rientrano in questo ambito di riferimento – sia il rovescio della medaglia delle forti difficoltà che connotano l’ingresso nel mondo del lavoro.
Secondo l’Indagine sulle Imprese Industriali e dei Servizi svolta dalla Banca d’Italia, nel 2016 “la dinamica del fatturato e degli investimenti delle imprese industriali si è attenuata, sebbene a fronte di previsioni di graduale rafforzamento dei livelli di attività nel 2017”.
Tra le dinamiche predominanti che conferiscono slancio al sistema economico e produttivo si conferma il commercio internazionale. In sintesi: le vendite all’estero del comparto agroalimentare - che valgono circa un terzo delle esportazioni regionali – “hanno continuato a sostenere l’export campano - ha spiegato la Banca d’Italia - come nella lunga fase di crisi”.
Al contrario, il valore aggiunto del comparto delle costruzioni e delle opere pubbliche ha subito una nuova battuta d’arresto nel 2016, dopo la breve fase espansiva nel 2015 dovuta all’accelerazione della spesa relativa alla chiusura delle progettualità a valere sui fondi Ue 2007-2013.
Sul settore dell’edilizia non hanno avuto – in questi primi sei mesi del 2017 – un buon impatto sia l’avvio del nuovo ciclo di programmazione dei fondi Ue 2014/2020, che l’incertezza normativa dovuta al nuovo codice degli appalti giudicato in maniera negativa sia dalle imprese che da non residuali “parti” delle filiere della Pubblica Amministrazione.
Note positive provengono dal comparto dei servizi ed in particolare dai flussi turistici provenienti dall’estero. Il turismo resta, quindi, un caposaldo dell’economia regionale, sebbene si configuri ancora al di sotto delle proprie potenzialità.
Il mercato del lavoro.
Nel 2016 il mercato del lavoro regionale ha stimolato positive ricadute soprattutto nelle fasce di età over 50: effetto delle dinamiche innescate dalla Legge Fornero che ha aumentato l’età pensionabile, ma anche in virtù della domanda di figure professionali già formate e sperimentate, oltre che in possesso di diploma o laurea.
Va aggiunto che è aumentato il tasso di disoccupazione - che si attesta ben al di sopra della media nazionale (al 20%, circa 9 punti percentuali in più) - anche in considerazione di una quota più ampia di inattivi che hanno scelto di cercare lavoro.
Le famiglie.
E’ipotizzabile che la leggera espansione del mercato del lavoro abbia contribuito ad una maggiore disponibilità delle famiglie provocando un effetto positivo sui consumi. Ma appare ben presente in Campania l’effetto/polarizzazione dei redditi. La Banca d’Italia ha sottolineato che “ la quota di residenti in condizioni di povertà assoluta assume valori superiori alla media nazionale”.
Il mercato del credito.
Nel 2016 la rete di sportelli operativi nella nostra regione ha subito un ulteriore ridimensionamento, soprattutto da parte dei grandi Istituti di Credito con una conseguente diminuzione degli addetti del settore ed un aumento dei comuni nei quali non sono presenti dipendenze bancarie.
Il numero di banche presenti con sportelli in Campania alla fine del 2016 ammontava a 73, in calo rispetto all’anno precedente. Sempre nel corso del 2016 è proseguito il calo del numero di sportelli bancari attivi all’avvio della crisi. Complessivamente i dipendenti delle banche rappresentano lo 0,7 per cento del totale degli occupati in Campania, una quota inferiore rispetto alla media italiana (1,3).
I prestiti alle imprese.
I finanziamenti bancari alle imprese nel 2016 sono cresciuti, ma principalmente si tratta di linee di credito destinate ad aziende di maggiori dimensioni. Non è stato, inoltre, un andamento espansivo omogeneo rispetto ai settori produttivi. Sebbene in grave difficoltà le costruzioni hanno ottenuto un leggero ampliamento – e non poteva essere altrimenti in considerazione del picco negativo degli anni scorsi – così come i servizi, che però hanno potuto contare sulla positività del ciclo settoriale. In netto rallentamento, invece, il manifatturiero, che nel 2015 aveva avuto più ampio sostegno.
Il credito alle imprese è stato sostenuto - si evince ancora dall’analisi della Banca d’Italia - anche “dall’ulteriore flessione dei tassi d’interesse che hanno continuato a beneficiare delle misure espansive di politica monetaria adottate dall’Eurosistema”.
L ’indebitamento delle famiglie.
Nel 2016 i prestiti erogati da banche e società finanziarie alle famiglie campane sono aumentati. Si è rafforzato il credito al consumo prioritariamente trainato dall’acquisto di beni durevoli. I flussi di nuovi mutui sono cresciuti del 25,8 per cento, a oltre 2 miliardi di euro. I mutui a tasso variabile risultano sempre prevalenti (53,4 per cento a fine 2016). Il mutuo ipotecario è la principale fonte di finanziamento delle famiglie per l’acquisto dell’abitazione.
La qualità del credito.
In questo caso lo scenario di riferimento - pur evidenziando accenni di miglioramento -
si caratterizza per una forte connotazione disomogenea tra i principali comparti produttivi. Nella media dei quattro trimestri del 2016, il tasso di deterioramento è stato pari al 4,0 per cento del totale dei crediti, in riduzione rispetto al 2015. “Il miglioramento - spiega la Banca d’Italia - è principalmente attribuibile alle imprese, mentre il deterioramento dei prestiti alle famiglie si è attenuato più lievemente”.
Tra le imprese, alla riduzione dei flussi di prestiti deteriorati “ha contribuito in misura significativa il comparto delle costruzioni che ha tuttavia beneficiato di fattori favorevoli transitori, principalmente connessi all’accelerazione della spesa dei fondi strutturali europei. La rischiosità del comparto rimane comunque elevata”. Il miglioramento è relativo anche ai servizi, “mentre la qualità del credito alle imprese manifatturiere è peggiorata”.
Il tasso di ingresso in sofferenza è aumentato “in misura significativa per le imprese di costruzioni, a fronte di una stabilità per quelle manifatturiere e a un lieve calo per il comparto dei servizi”. Il tasso di decadimento dei prestiti alle famiglie consumatrici è, invece, rimasto sui valori dell’anno precedente.
In Campania l’ammontare complessivo dei prestiti in sofferenza stralciati o ceduti è cresciuto. Nel 2016, i passaggi a perdita sono stati pari al 5,7 per cento delle sofferenze; le cessioni hanno inciso per il 6,8 per cento.
La raccolta del circuito bancario.
Nel 2016 la raccolta bancaria presso famiglie ed imprese campane ha continuato ad incentrarsi su strumenti più facilmente liquidabili. È proseguito il calo dei depositi a risparmio, mentre quelli in conto corrente hanno accelerato, a oltre il 9 per cento. Le obbligazioni bancarie detenute a custodia si sono ridotte di oltre un quarto. La domanda di obbligazioni bancarie è risultata in calo, “risentendo anche dell’ulteriore contenimento dei rendimenti offerti dalle banche”.
Lo scenario.
In base alle dinamiche sopra sintetizzate, risulta molto chiaro che nel corso del lungo ciclo recessivo è regredito - nel modello produttivo campano - l’apporto dell’industria in senso stretto e delle costruzioni, mentre vanno segnalate le buone perfomance delle varie attività dei servizi (sebbene afflitte da un elevato turn over che impone di valutare la strutturalità del ciclo positivo), con particolare riferimento al turismo ed alle attività di alloggio e ristorazione. Discorso a parte merita l’agricoltura. In questo caso siamo di fronte ad un cambiamento in profondità: l’accelerazione delle innovazioni di processo (IV gamma in primis) si intrecciano con l’esplosione delle filiere orientate al cibo di qualità fortemente richiesto nelle diete improntate alla salubrità dell’alimentazione. Il primario, insomma, beneficia - oltre che di una nuova attenzione da parte di imprenditori under 35 portatori di un approccio managerialmente ad alto contenuto qualitativo - di un mutamento generale negli stili di vita. Basti pensare alle dinamiche dei consumi dell’ortofrutta biologica (che crescono a ritmi elevati nella grande distribuzione organizzata) o all’aumento dell’export made nella Piana del Sele diventata l’orto d’Europa.
La prospettiva.
Se si volesse individuare il percorso evolutivo dell’identità produttiva territoriale regionale, è necessario mettere in risalto che la “filiera asimmetrica” (Censis) agricoltura/turismo/commercio/servizi è sicuramente quella potenzialmente più in grado di dare maggiori e significative risposte in termini di crescita del valore aggiunto e dell’occupazione. La piena ripresa del manifatturiero appare al momento più difficile e complessa, anche se - è evidente - l’industria sostenibile e compatibile, green oriented, si configura come una nuova frontiera strategica per la stabilizzazione delle dinamiche del reddito in Campania. Un territorio che, in ogni caso, non può prescindere da un settore secondario in fase evolutiva e non regressiva.
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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