Glocal di Ernesto Pappalardo
Tra segnali di ripresa e strutturali deficit di competitività nelle aree del Mezzogiorno.
Reti, ritardi e sguardi “lunghi”
Necessario avviare un programma capillare di “alfabetizzazione” informatica al fine di diffondere la nuova cultura della produttività “4.0”, che non riguarda solo gli asset privati, ma anche quelli pubblici.
La sensazione è che stiamo arrivando – sebbene con enorme ritardo – alla presa di coscienza (più o meno da parte di tutte le componenti di un sistema di sviluppo locale che possa realmente definirsi tale) dell’importanza strategica delle opportunità da cogliere per fare ripartire strutturalmente il percorso di crescita socio/economica. Non è tanto questione di “numeri” e di statistiche – che, pure, rappresentano la sostanza reale dello stato delle cose – ma, soprattutto, di approccio culturale esteso. Dopo anni di durissima crisi, la polarizzazione o, ancora meglio, il “dualismo” delle imprese è un profilo concreto dello scenario produttivo. L’asciugamento del tessuto delle aziende – con la dolorosa scia di chiusure, fallimenti e disoccupazione che ne è conseguita – ha disegnato una nuova “geografia” in tutti i comparti. Una nuova “geografia” che risente fortemente del ritardo storico nella fase di apertura alle tecnologie ed ai processi innovativi. E’, naturalmente, una problematica complessa, influenzata (senza dubbio) dalla conduzione familiare dei processi gestionali, ma profondamente caratterizzata anche da una visione quasi sempre a breve termine in considerazione della precarietà delle condizioni generali esterne all’impresa. E’ come se la mancanza di un orizzonte “lungo” avesse indotto i capitali privati a non uscire troppo allo scoperto per il rischio alto di ritrovarsi con interlocutori della filiera pubblica poco affidabili o avvolti in un “turn over” politico molto rapido e distonico rispetto alla tempistica della programmazione degli investimenti.
Siamo oggi in presenza, invece, di un quadro generale nuovo. Da un lato il Governo centrale ha imboccato in maniera precisa la strada di una politica industriale in ogni caso ancorata a meccanismi automatici che prevedono la premialità fiscale di fronte all’investimento privato; dall’altro un contesto regionale che spinge fortemente su una serie di misure incentivanti difficilmente rintracciabili, tutte insieme, fino a poco tempo fa. Probabilmente si spiegano così alcuni dati positivi emersi molto recentemente nelle analisi delle dinamiche del prodotto regionale.
L’anello mancante della catena di questo sostanziale valore territoriale si riscontra ancora nelle carenze della macchina amministrativa poco efficiente ed efficace, capace di rallentare fino allo sfinimento l’iniziativa privata. Ma le criticità sono anche altre e provengono da decenni di ritardi accumulati. Tra questi spiccano due ambiti particolarmente importanti. L’infrastrutturazione delle reti di servizi dedicati alla digitalizzazione dell’economia e delle reti riservate alla logistica. Anche quando esistono (ed accade raramente) strade e ferrovie adeguate alla domanda, non sono quasi mai parte di un “sistema” integrato realmente rispondente alle esigenze degli agglomerati produttivi.
Resta, poi, il problema più complicato da risolvere in breve tempo. In questo caso si tratta di avviare un programma capillare di “alfabetizzazione” informatica inizialmente di base (per, poi, renderlo sempre più specialistico) al fine di diffondere la nuova cultura della produttività “4.0”. Produttività che non riguarda solo gli asset privati, ma anche quelli pubblici. Senza un’azione di “efficientamento” delle due componenti, risulterà sempre perdente la sfida della competitività dei territori.
Nelle condizioni attuali è giustificato avanzare qualche dubbio sulla comprensione generale delle difficoltà da affrontare, ma non ci sono alternative. Si vince (o si perde) tutti insieme. Le piattaforme orientate a percorsi di sviluppo effettivamente “4.0” o nascono con questa impostazione metodologica o sono destinate a creare solo speranze che saranno, purtroppo, disattese.
Ernesto Pappalardo
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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