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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il vitigno radicato sull'Etna ha scalato il ranking “International wine report”.Nerello snobbato da Herr Merkel Il marito della cancelliera alla cena del G7 perplesso per l’abbinamento con una ricciola: “Vino rosso col pesce? Mai visto prima”.

    di Alfonso Schiavino
     
    Herr Joachim Sauer, marito della cancelliera Merkel, ha arricciato il naso durante una cena offerta dal Comune di Catania nei giorni del G7. Quando la Fondazione Italiana Sommelier ha proposto un “Nerello Mascalese” e una ricciola lisciata all’olio di cenere, un piatto corposo siciliano, il first gentleman di Germania ha borbottato: “Vino rosso col pesce? Mai visto prima”. Un commento influenzato dalla professione di chimico o dai gusti conservatori, non sappiamo. Certo, però, tanti avrebbero voluto sedere a quel tavolo per conoscere una superstar. Eroica, addirittura. Che non parla tedesco.
    Un rosso conquista gli Usa
    Siccome per qualche motivo siamo fissati coi ranking, ci interesserà sapere che il portale “International wine report”, basato nel New Jersey, ha stilato una classifica dei 100 vini migliori nel 2016. Al primo posto risulta un prodotto californiano, al secondo c’è un Etna rosso “Magma 2014”. Il 5° è un Barolo, il 7° un Brunello. Il gradino 18 ospita un altro etneo, il “Prephylloxera”. Oltre la top-20, l’Italia piazza 7 marche di Barolo (dal 25° all’82° posto), 1 Sassicaia (41°), 5 firme di Brunello (dal 49° al 75°), 1 Merlot (61°), 1 Habemus (65°) e 2 case di Amarone. Il “Magma” (valutato 230 dollari a bottiglia), è presentato come “un’espressione fantastica di Nerello Mascalese derivato da vecchie vigne a piede franco ultracentenarie, prodotto solo in annate ottimali”.
    In effetti il Nerello è un vitigno coltivato nelle contrade etnee con due varietà, mascalese e cappuccio, che integrano la doc intitolata al vulcano. Il “Prephyllosphera” (80 dollari) contiene entrambi i tipi.
    Dove si arrese perfino la fillossera
    I termini “piede franco” e “Prephyllosphera” ci riportano all’Ottocento, quando dall’America arrivò la fillossera. L’insetto esordì in Francia, fece capolino nell’Italia del Nord, infine dilagò nel Belpaese e in Europa, divorando le radici dell’uva. Oltreoceano ciò non accadeva, segno che l’insetto era emigrato perché disdegnava il “legnetto” domestico. Alla fine, il problema si risolse innestando le gemme europee su radici americane. Pochi vigneti superarono la crisi con le radici originali, meritandosi l’appellativo “a piede franco”.
    In terrazza si rivelano gli eroi
    Le terre coltivate dell’Etna si arrampicano dal livello del mare ai 1.200 metri. Per questo motivo una parte delle viti locali, fra cui il nerello, rientra nella categoria “eroica”. L’appartenenza è gestita dal Cervim mediante precisi criteri identificativi dei terreni: pendenza oltre il 30%, altitudine superiore ai 500 metri, sistemi di coltivazione su terrazze e gradoni. Infatti le zone riconosciute in Italia sono poche. Le aree settentrionali seguono l’arco alpino: Trentino (con il Marzemino “musicato” da Mozart e altri), Sudtirolo, Valcamonica, Valtellina, Piemonte e Val d’Aosta. La Liguria partecipa con “assaggi” di Marittime (Dolceacqua) e Appennino (Cinque Terre e Lunigiana). Al Centro c’è l’Abruzzo.
    La storia lunga del Sud a sorsate
    Anche il Mezzogiorno ha zone eroiche. La Sicilia vanta la maggiore gamma nazionale grazie a vari giacimenti viticoli: Pantelleria (arricchita dallo Zibibbo), le Madonie, le Lipari e l’Etna, dove nel 2001 venne a produrre vino Mick Hucknall, cantante dei “Simply Red”. Imboccando la penisola, un’areale si trova verso Scilla, con un paesaggio terrazzato su 20 km di costa. La Calabria, come la Campania, è una delle regioni di più antica esperienza vinicola. La tradizione affonda le radici nella notte dei tempi, ma trova una definizione storica precisa. Quando i greci vennero a colonizzare il Meridione, incontrarono ed ellenizzarono popoli italici definiti “Enotri”, dalle parole οἶνος (vino) e οἴνωτρον (palo che regge la vite). Oggi un’Ecostrada dei vini e dei sapori promette di valorizzare quel patrimonio di saperi.
    Il settore bacchico è in fermento: la legge sull’enoturismo...
    Un aiuto verrà dalla prossima legge sull’enoturismo, che, sulla scia del Testo unico Vite-Vino 238/16, vuole potenziare “un asset strategico per lo sviluppo della vitivinicoltura italiana”. I nuovi inquadramenti, d’altro canto, faranno forse aumentare il prezzo dei vini, soprattutto i “rinomati”. Così l’Italia si avvicinerebbe alla Francia, che produce le stesse quantità ma le vende meglio (stime dell’Istat): nel 2016 il mercato francese è valso 10,1 miliardi di euro, quello italiano 7,1 (entrambi in calo).
    … e la trasparenza chiesta ai produttori europei
    Lo scorso 13 marzo la Commissione europea ha pubblicato un rapporto sulle etichette dei prodotti alcolici, chiedendo un’autoregolamentazione alle aziende. Bruxelles vuole trasparenza su ingredienti e valori nutrizionali. Oggi, per esempio, le implicazioni caloriche sono ignote. Perfino il sito Internet dei produttori europei manifesta vaghezza. Giudicate voi: “Un’unità di consumo di 10 grammi di alcool contiene 70 Kcal”. Oppure, “le calorie totali dei prodotti vitivinicoli possono variare da vendemmia a vendemmia e a seconda del tipo di vino”. Si capisce, ma il web consente maggiore precisione. In tempo reale.

    Il ranking Usa http://www.internationalwinereport.com/top100-2016 
    Il Testo Unico sul vino http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2016/12/28/16G00251/sg
    Il disegno di legge sull’enoturismo https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/DF/326866.pdf
    Il rapporto della Commissione Europea sulle etichette http://europa.eu/rapid/press-release_IP-17-551_en.htm
     
     

     


    Vigna di Nerello Mascalese e sullo sfondo l'Etna
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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