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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • I dati Istat. L’anzianità demografica è confermata dal tasso di mortalità, che arriva al 13,6% negli Alburni.E la famiglia si fa più piccola I comuni con i nuclei più numerosi? In vetta si posiziona l'Agro Nocerino Sarnese. Angri (3,00); San Marzano sul Sarno (2,99) e Sant'Egidio del Monte Albino (2,99).
     

    Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano “Il Mattino” (edizione di Salerno) mercoledì 19 aprile 2017.
     
    di Paolo Coccorese ed Ernesto Pappalardo
     
    In provincia di Salerno si nasce di più nella Valle dell’Irno e nell’Agro Nocerino Sarnese e si muore di più nei comprensori degli Alburni e del Calore (a causa dell’alto  grado di invecchiamento della popolazione). Ed è ancora nella Valle dell’Irno che si aggregano i flussi più consistenti di persone in entrata da altri comuni. La “geografia” demografica – tratta dai dati Istat per il periodo 2006/2015 – fornisce una serie di spunti analitici che restituiscono la fotografia di una provincia dove le nascite non compensano le morti (-0,5% il tasso di variazione demografica per cause naturali) e dove si riduce il numero dei componenti per famiglia (-0,21). Più in generale, la popolazione nel Salernitano cresce di poco (+1,4%) ma con alcune differenziazioni significative tra una sub-area e l’altra. Si percepisce con chiarezza l’apporto demografico derivante dai flussi di immigrazione e, nello stesso tempo, l’aumento del numero delle famiglie con un numero di componenti sempre più piccolo. Gli spostamenti da un comune all’altro segnalano più che altro l’esistenza effettiva di una cintura metropolitana intorno al capoluogo (il saldo è +1,2% nella Valle dell’Irno, +1% nei Picentini), mentre il tasso di variazione netto riferito alle migrazioni con l’estero (+3,6%) conferma il radicamento crescente nei nostri territori di comunità provenienti da vari Paesi Ue ed extra Ue.
    Il tasso di natalità.
    Nella Valle dell’Irno – anche a causa della forte immigrazione di famiglie giovani da comuni limitrofi e dalla città capoluogo – si è registrato negli ultimi dieci anni il più alto tasso di natalità (10,4%), nettamente superiore alla media provinciale (9%). Più o meno lo stesso trend nei Picentini (10,3%), dove si è verificata una dinamica analoga in termini di flussi in entrata dalla zona del capoluogo. Subito dopo questi due comprensori, che hanno “usufruito” di una componente per così dire esogena, si colloca l’Agro Nocerino Sarnese (10,1%), dove si individua, invece, una persistenza strutturale e non legata all’immigrazione residenziale. A seguire la Piana del Sele (9,5%), dove è ipotizzabile il contributo delle popolazioni immigrate. A più rilevante distanza da queste percentuali si ritrovano via via gli altri sub-comprensori provinciali, con nelle retrovie Vallo di Diano (7,9%), Tanagro (7,1%) e Alburni (6,4%), all’interno dei quali si sono intrecciate dinamiche quali l’anzianità demografica, ma anche le difficoltà occupazionali, che hanno stimolato l’emigrazione di giovani coppie verso località più accoglienti ed in grado di offrire occasioni di impiego.
    Il tasso di mortalità.
    E’ chiaro che l’anzianità demografica si rivela anche dal punto di vista del tasso di mortalità, che arriva al 13,6% negli Alburni, al 12,5% nel Calore, al 12,1% nel Tanagro, all’11,4% nell’Alto e Medio Sele, e all’11,1% nel Vallo di Diano. In altre parole, sono le aree interne a soffrire di più la mancanza di una dinamica positiva di sviluppo che investe l’intera provincia (il tasso di mortalità medio è pari al 9,5%). Dove mancano opportunità e prospettive diffuse di occupazione stabile e di incremento dei redditi familiari si assiste ad un fenomeno di progressivo invecchiamento della popolazione perché, pur conservando un legame con i comuni di origine, i più giovani sono costretti ad insediarsi altrove.
    I flussi di immigrazione dall’estero.
    L’indicatore che rivela il “saldo” tra entrate ed uscite in relazione agli altri Paesi (Ue ed extra Ue) è il tasso di incremento dall’estero. In pratica, attraverso questa percentuale si individuano le aree dove si sono registrati gli arrivi più consistenti. A livello provinciale il dato si attesta al +4,6%. Le punte più alte si evidenziano nella Piana del Sele (+7,9%, sempre nel periodo 2006/2015), negli Alburni (+7,3%, anche in questo caso probabilmente a causa del turn over molto intenso nelle attività agricole dovuto al graduale invecchiamento della popolazione locale), nella zona Alento e Monte Stella (+6,9%), e nel Vallo di Diano (+6,1%). Il tasso più basso emerge in Costiera Amalfitana (+2,9%).
    I comuni con maggiore popolazione residente.
    I primi dieci comuni della provincia di Salerno con il più alto numero di residenti si concentrano in pratica nell’area “metropolitana” intorno al capoluogo, con una prevalenza del sub-comprensorio dell’Agro Nocerino Sarnese. Salerno ospita 135.261 persone. La seconda città della provincia è Cava de’ Tirreni (53.659). Seguono: Scafati (50.787); Battipaglia (50.786); Nocera Inferiore (46.043); Eboli (40.115); Pagani (35.834); Angri (34.002), Sarno (31.529) e Pontecagnano Faiano (26.097).
    I comuni con minore popolazione residente.
    I comuni più piccoli dal punto di vista del numero di residenti sono maggiormente rintracciabili nel Cilento e nelle aree interne. In vetta a questa “top ten” si colloca Valle dell’Angelo (248 residenti). Subito dopo: Serramezzana (331); Romagnano al Monte (368); Campora (439); Santomenna (443); Sacco (492); Tortorella (523); Salvitelle (560); Monteforte Cilento (564) e Cuccaro Vetere (573).
    La dinamica delle famiglie.
    L’analisi del trend relativo alla “consistenza” delle famiglie fa risaltare una sostanziale “divisione” geografica tra Nord e Sud della provincia. Da una parte l’Agro Nocerino Sarnese, nei cui comuni la media di componenti per singolo nucleo si attesta intorno a 3 (ed in alcuni casi oltre questo valore); dall’altra le aree del Cilento e dell’Alto Sele, dove questa media scende a 2 componenti (talvolta anche meno), a conferma dell’incidenza del reddito e delle opportunità di inserimento occupazionale non solo nel posto dove si risiede, ma pure nelle immediate vicinanze.
    I comuni al “top” per famiglie “numerose”.
    Guida questa particolare graduatoria il comune di Salento (3,02, Cilento interno), ma subito dopo troviamo ben sei comuni dell’Agro Nocerino Sarnese: Angri (3,00); San Marzano sul Sarno (2,99); Sant’Egidio del Monte Albino (2,99); Pagani (2,97); San Valentino Torio (2,96); Scafati (2,96). Chiudono l’elenco dei primi dieci: Casalbuono (2,91); San Mango Piemonte (2,87);  Bellizzi (2,86).
    I comuni “bottom” per numero di componenti per famiglia.
    Localizzazione geografica al Sud, invece, per i comuni con un nucleo familiare mediamente composto da 2 persone o meno: Campora (2,02); Pollica (2,02); Sant'Angelo a Fasanella (2,02); Salvitelle (2,01); Sacco (1,97); Montecorice (1,95); Ottati (1,95); Santomenna (1,94); Romagnano al Monte (1,91); Valle dell’Angelo (1,88). A livello provinciale, ogni famiglia si attesta su 2,5 componenti (2,59).
    Lo scenario generale.
    Larga parte delle valutazioni derivanti dai dati analizzati conducono a sostenere che negli ultimi dieci anni la crisi occupazionale e, quindi, reddituale delle famiglie si è rivelata determinante dal punto di vista delle migrazioni interne ed esterne nei vari sub-comprensori provinciali. La crisi demografica delle aree interne e del Cilento, l’arrivo di flussi di nuovi residenti dall’estero, la stessa collocazione di popolazione aggiuntiva nella Valle dell’Irno e nei Picentini sottolineano il costante bisogno di trovare fonti di guadagno strutturali e di contenere la spesa per l’acquisto dell’abitazione principale. La riduzione media del numero di componenti del nucleo familiare va nella stessa direzione. Siamo, quindi, in presenza degli effetti demografici della recessione che confermano l’esigenza di elaborare nel più breve tempo possibile un modello di sviluppo capace di valorizzare le singole aree vaste provinciali, contemplando la promozione di potenzialità che proprio il ciclo negativo ha messo a fuoco. A cominciare dall’esigenza di dare luogo all’interconnessione dell’agricoltura con il turismo, a partire dalla multifunzionalità già in atto nella gestione di moltissime imprese del comparto primario. In questo modo si potrebbe subito dare respiro alle aree interne che stanno soffrendo di più e di fatto si avviano ad un invecchiamento/spopolamento ancora per poco reversibile.


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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