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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Nostalgia di don Guerino

    A proposito di questioni “cicliche” forse è il caso di dedicare un po’ di attenzione – se ancora si ritiene utile qualche riflessione su quello che un tempo si definiva “quadro politico” – all’apparente scomparsa dei cattolici dallo scenario locale (in maniera ancora più marcata, se possibile, rispetto al contesto nazionale). E’ una scomparsa per tanti versi dolorosa, sofferente, perché impoverisce ancor più un “presepe” ormai privo di alcun interesse per quanti abbiano intenzione di dedicarsi a qualcosa di utile per la comunità nella quale vivono. La deriva in atto – verso la cosiddetta anti-politica – è ovviamente il risultato di una serie di fattori tra i quali spicca quello più volte richiamato dal presidente del Censis Giuseppe De Rita. Nella sua visione, con l’insediamento del governo tecnico i poteri di indirizzo e di decisione reali sono stati spostati il più possibile verso il centro, relegando ai margini i soggetti collettivi, i corpi intermedi e gli stessi livelli amministrativi locali. In poche parole, si è accentuata la percezione di una scarsissima incidenza della “periferia” sul “centro”. Di conseguenza, l’affievolimento del legame tra impegno politico e riflesso operativo, nel proprio spazio vitale, di iniziative e progettualità, ha un suo effetto devastante soprattutto su quella piccola parte di “militanza” non mossa da interessi personali o particolari. Insomma, al netto delle clientele e della “mala-politica” non è rimasto il resto di niente. Non esiste, cioè, alcuno stimolo a riprendere in mano il filo di un discorso “nobile”: tutto quello che si incrocia con i partiti produce l’effetto di allontanare proprio quel “target” di cittadini (estremamente minoritario) che kennedianamente si chiede che cosa può fare in prima persona per la comunità civica nella quale si ritrova e non – come accade quasi sempre – l’esatto contrario. E, allora, si comprende meglio come la rete dell’impegno cattolico nel sociale – sempre molto attiva e vasta – si sia fatta molto silenziosa, volutamente distante da antichi “collateralismi”, ponendo in secondo piano addirittura quelle che un tempo venivano ostentate come “simpatie” intellettuali o culturali. Si è venuto a creare un vuoto vistoso tra i tanti – tantissimi – che si impegnano nel volontariato ed anche nelle stesse sigle un tempo sinonimo di presenza radicata della Chiesa nella politica e le forme della rappresentanza sociale ed economica. La lontananza dal dibattito pubblico – ad esso si preferiscono i luoghi miti ed appartati della buona borghesia di un tempo (qualche convegno per pochi interessati, qualche raduno associativo o qualche conversazione allargata tra amici e colleghi) – produce, però, l’effetto di desertificare ulteriormente un panorama francamente avvilente. Mancano quasi del tutto le voci critiche ed autorevoli che il mondo cattolico salernitano ha sempre saputo esprimere; mancano le personalità che sapevano ricoprire con umiltà e dedizione il ruolo di maestri – prima di vita, e poi di pensiero politico – attenti a coltivare giovani di talento. Un nome solo per capire bene di che cosa si sta provando a parlare: don Guerino Grimaldi. Prete, arcivescovo, pastore, uomo di cultura vastissima, fine interprete della dinamica politica, avvertito analista di tutto quello che sarebbe successo dopo la sua morte. In tempi non sospetti, richiamò la politica alle proprie responsabilità ed i cattolici a riprendere nelle proprie mani la costruzione dei percorsi di impegno nei partiti e nelle istituzioni. Anticipò con il suo pragmatismo quello che oggi stiamo vivendo. Qualcuno sintetizzò una sua omelia in un titolo che rappresenta ancora un programma imprescindibile per l’arcipelago cattolico e democratico: “Cara Dc, la messa è finita”. Il problema è che i rivoli sparsi della Dc non hanno mai capito fino in fondo che cosa avrebbero dovuto fare a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, preferendo blaterare ogni tanto di valori e di dottrina sociale della Chiesa. Né all’orizzonte appare qualcuno in grado di ridare speranza ed entusiasmo a migliaia di giovani e meno giovani che quotidianamente donano il loro tempo per gli altri. Nostalgia di don Guerino, quindi, e di una stagione di educatori e formatori di coscienze, prima di tutto. Forse è anche per questo che oggi viviamo il tempo dell’anti-politica. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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