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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • L’analisi basata sulle rilevazioni del Sistema Informativo Excelsior (Unioncamere/Ministero del Lavoro, interviste realizzate tra febbraio e luglio 2016).Lavoro, non c’è posto per i laureati Nel 2016 ottengono solo il sei per cento dei  contratti programmati dalle aziende in provincia di Salerno. E le imprese considerano prevalentemente importante la capacità comunicativa scritta e orale (74%).

    Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) sabato 7 gennaio 2017.
    Sul podio dei cosiddetti “winning jobs” (profili più “gettonati” dal punto di vista delle imprese) in provincia di Salerno si collocano tre “mestieri” che delineano alla perfezione il quadro complessivo delle dinamiche occupazionali nel nostro territorio. In pole position troviamo cuochi, camerieri e baristi; sul secondo gradino addetti non qualificati nelle attività commerciali ed al terzo posto gli operatori di macchinari fissi in agricoltura e nell’industria alimentare. La “classifica” si base sulle rilevazioni del Sistema Informativo Excelsior (Unioncamere/Ministero del Lavoro, interviste realizzate tra febbraio e luglio 2016) e si riferisce all’individuazione delle professioni più richieste in provincia di Salerno. L’elenco si completa – sempre seguendo l’indicatore delle previsioni dell’offerta di contratti formulate dalle imprese private dell’industria e dei servizi – con gli addetti qualificati nelle attività commerciali; i conduttori di veicoli, macchinari mobili e di sollevamento; artigiani e operai specializzati dell’industria estrattiva, edilizia e manutenzione degli edifici.
    Lo scenario complessivo.
    Come è facile dedurre, siamo in presenza di profili lavorativi fortemente legati alla stagionalità di due settori che si confermano trainanti per l’economia salernitana: turismo ed agro/industria. Nel caso della rete commerciale spicca la prevalenza nella graduatoria (al secondo posto) delle professioni non qualificate rispetto a quelle qualificate (4° posto). Insomma, appiattimento salariale verso il basso e non (certamente) verso l’alto. Si configurano, quindi, conferme sostanziali rispetto al quadro strutturato da tempo: estrema flessibilità legata al ciclo produttivo (prevalentemente concentrato nei mesi estivi), senza processi di stabilizzazione ben identificabili e prevedibili.
    L’analisi degli “skill” (abilità).
    Se si prendono in considerazione le “abilità” professionali, arriva la conferma del quadro fin qui descritto e la triste identificazione della causa prevalente dell’emigrazione giovanile ad alto tasso di specializzazione. Nel 2016 in provincia di Salerno – è spiegato nella nota “Excelsior Informa” riferita al periodo sopra indicato – le assunzioni di figure “high skill” (dirigenti, specialisti e tecnici) rappresentano appena l’8 per cento del totale: un dato di molto inferiore alla media nazionale che si attesta, invece, al 17 per cento (del totale), ma anche alla media regionale che è pari al 12%. Ma chi possiede gli “high skill”? Di questo gruppo fanno parte le professioni intellettuali, scientifiche e ad elevata specializzazione - la maggior parte, cioè, dei nostri “ragazzi con la valigia” – oltre che le professioni tecniche e dirigenziali (queste ultime solo in quota residuale). Se passiamo alle profilazioni dei “medium skill”, la percentuale sale di parecchio e passa al 39 per cento (in ogni caso al di sotto della media regionale - 41% - e di quella nazionale, 45%). Nei “medium skill” troviamo gli impiegati e le figure “tipiche” del commercio e dei servizi. Ma la maggior parte delle richieste si concentra nei “low skill” (figure operaie e figure generiche non qualificate): in questo caso la percentuale sul totale delle assunzioni programmate si attesta al 53%: un indicatore sideralmente lontano da quello nazionale (38%) e significativamente distanziato da quello regionale (47%).
    La laurea? Vale solo il 6% del mercato dei contratti privati.
    La “contrazione” degli sbocchi occupazionali per i laureati nel settore privato in provincia di Salerno è molto più consistente che nel resto della Campania e  del territorio nazionale. I numeri sintetizzano il dramma giovanile che si consuma in larghissima parte nelle aree meridionali, producendo l’effetto “collaterale” di alti tassi di (auto) imprenditorialità nella fascia “under 35” dove maggiormente si manifestano i picchi di disoccupazione. Rispetto alle assunzioni programmate nel 2016 - è sempre il rilevamento del Sistema Excelsior ad evidenziarlo - in provincia di Salerno soltanto il 6 per cento è destinato ai laureati, percentuale che sale al 9 per cento in Campania ed al 13 per cento al livello nazionale. Va molto meglio per i diplomati della scuola secondaria superiore ai quali è riservato il 31 per cento delle assunzioni (sempre programmate): percentuale, comunque, al di sotto della media regionale (38%) e della media nazionale (40%).  E conta molto di più rispetto alla laurea nella nostra provincia – statistiche alla mano – anche il possesso di una qualifica professionale: a quanti ne sono titolari si indirizza il 28 per cento dei contratti. Una percentuale che inverte la tendenza perché superiore alla media regionale (22%) ed alla media nazionale (20%). Ma a dare l’esatta dimensione del fenomeno di “emarginazione” dei laureati dal mercato del lavoro - almeno rispetto alla specializzazione formativa da essi conseguita -  è l’indicatore riferito alle figure  alle quali non viene richiesta una formazione scolastica specifica: il 35% delle assunzioni in base al livello di istruzione. Una percentuale di 4 punti superiore alla media della Campania (31%) e di ben sette punti alla media nazionale (28%).
    Se si fanno due conti, è facile dedurre che laureati e diplomati in provincia di Salerno nel loro insieme – spiega ancora il documento del Sistema Excelsior – detengono il 37 per cento delle assunzioni programmate: una quota inferiore di 9 punti alla media regionale e di 15 punti alla media nazionale. E’ del tutto evidente che c’è un grave problema di “raccordo” tra “industria” della formazione, scala dimensionale delle imprese e sistema economico e produttivo.
    Le competenze richieste a laureati.
    Ma cosa viene richiesto a quei pochi laureati (790 nel 2016 i destinatari dell’offerta di un contratto in provincia di Salerno) che fanno parte del 6 per cento di interesse delle imprese? Se si prendono in considerazione le cosiddette “competenze trasversali” (non riconducibili, cioè, alla specificità professionale), le imprese salernitane considerano prevalentemente importante la capacità comunicativa scritta e orale (74%); la capacità di risolvere problemi (66%) e la capacità di lavorare in gruppo (58%). Insomma, alla fine, si parte sempre da una buona padronanza della lingua italiana (scritta e parlata). E, per la verità, non è, purtroppo, un fatto scontato.


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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