Glocal di Ernesto Pappalardo
Il quadro è, ormai, abbastanza chiaro. La correlazione investimenti/ripartenza è del tutto evidente.Sviluppo e politiche “scoordinate” Al momento, la “bi/polarizzazione” del tessuto produttivo - tra aziende che si sono ristrutturate ed appaiono in grado di competere e resistere alla concorrenza e le altre che sembrano rinchiuse, ormai, in una dimensione sempre più residuale - è lampante.
Il quadro è, ormai, abbastanza chiaro. La correlazione investimenti/ripartenza è del tutto evidente. Le varie analisi sulle dinamiche dell’economia meridionale e campana che sono state rese note nelle ultime settimane confermano abbondantemente questa interdipendenza (ammesso che ce ne fosse davvero bisogno). E confermano che proprio la “disperata” accelerazione della spesa dei fondi Ue nel secondo semestre del 2015 ha consentito di produrre un effetto molto significativo sull’aumento del Pil. Come confermano anche che la buona perfomance del turismo è stata dovuta in qualche modo a fattori per così dire “esterni”: l’instabilità delle aree del Mediterraneo ha trattenuto nei confini nazionali un flusso non secondario di italiani pronti, invece, ad andare all’estero; come ha “dirottato” dalle nostre parti molti stranieri che avrebbero, in condizioni di normalità, scelto altre mete di vacanza più a buon mercato (e con un’offerta, in ogni caso, competitiva). Di fronte a questa situazione le raccomandazioni di studiosi ed analisti di non recedere dal buon proposito di immettere nei territori meridionali una massiccia liquidità di origine pubblica - in grado di trascinarsi dietro un consistente flusso di risorse private - al momento non sembrano avere dato frutti. Forse per effetto dei famosi “tempi di attraversamento” dei procedimenti amministrativi che riguardano particolarmente l’erogazione effettiva (non solo dichiarata) dei fondi Ue. Ma, è già ben chiaro, inoltre, che nei prossimi mesi si avvertiranno gli effetti del forte calo dei bandi di opere pubbliche, che fa seguito alla crescita sostenuta osservata nel 2015. Secondo i dati del Cresme, le opere bandite tra gennaio e agosto sono diminuite, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, del 40,5 e del 25,6 per cento, rispettivamente, in numero e in valore. D’altro canto, basta dare uno sguardo ai numeri del comparto delle costruzioni per rendersi conto di come stanno realmente le cose.
In tale difficile contesto, l’economia meridionale appare ancora alle prese con il problema sostanziale che la “ingessa” da decine di anni a questa parte. La “cornice” generale, il coordinamento tra filiere (ed altri vari strumenti di intervento) istituzionali non è ancora apparso all’orizzonte. Le famose politiche industriali su base regionale - a loro volta ben inserite in una visione nazionale - se ci sono non vengono percepite dalla base delle imprese che restano l’unico soggetto dal quale ci si deve aspettare lo “scatto” più importante. Al momento, la “bi/polarizzazione” del tessuto produttivo - tra aziende che si sono ristrutturate ed oggi sono in grado di competere e resistere alla concorrenza e le altre che sembrano rinchiuse, ormai, in una dimensione sempre più residuale - è lampante. E le “mezze misure” sono destinate a scomparire: il “galleggiamento” è una scelta che non porta da nessuna parte. O si è virtuosi, oppure non si resiste e si viene spazzati via.
L’elenco delle priorità - le famose priorità - da tenere presente per agevolare la ripartenza dei sistemi produttivi (o, almeno, per ridurre il gap di competitività con il resto d’Italia e d’Europa) - è diventato veramente anacronistico: è sempre lo stesso da tempo immemore. Reti logistiche ed infrastrutturali? Ancora niente. Implementazione della qualità delle reti digitali (per esempio)? Effetti concreti e diffusi in questi due ambiti strategici ancora non se ne colgono. Due punti di riferimento sempre validi, purtroppo, per prendere atto dell’enorme distanza tra annunci e realizzazioni. Ed anche sul fronte dei pagamenti dei crediti alle imprese da parte delle P.A. si naviga a vista.
Prospettive per il prossimo anno? Al di la della solita e sterile polemichetta sullo zero virgola, non si intravede niente di significativo. Ma anche questa prospettiva non è più una notizia.
Ernesto Pappalardo
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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