Glocal di Ernesto Pappalardo
Il documento della multinazionale di Alba presentato nei giorni scorsi a Roma.Ferrero: “I valori generano valore” “Essere un Gruppo globale - scrive il Ceo Giovanni Ferrero - non ci impedisce di agire localmente mantenendo così il forte legame con le persone e il territorio in cui operiamo”.
Il valore della coesione sociale e della responsabilità d’impresa - rispetto al contesto socio/economico nel quale essa opera – dovrebbe essere uno dei temi dominanti nell’ambito dell’articolato (sebbene non sempre coerente e realisticamente propositivo) dibattito che si va articolando da qualche mese a questa parte sul Mezzogiorno. Per la verità, se ne parla sempre molto poco di questo sostanziale aspetto che, pure, rappresenta l’asse portante di ogni tentativo di riposizionamento della centralità delle imprese nei percorsi di un’auspicabile e strutturale ripresa. Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma il settimo “Rapporto di Responsabilità Sociale” del Gruppo Ferrero che coincide con i primi settant’anni della multinazionale di Alba. Al di la dei numeri consistenti e già noti che fanno del produttore della “Nutella” un colosso con 22 stabilimenti in tutto il mondo e circa 41.000 addetti, risulta molto istruttivo leggere alcuni passaggi della lettera introduttiva al documento del Ceo Giovanni Ferrero (nella foto). La “filosofia” del gruppo appare in questo caso espressa in maniera particolarmente chiara e riafferma alcuni principi che di fatto sono alla base di qualsiasi progetto di “ricostruzione” virtuosa del legame più autentico tra industrie e comunità territoriali soprattutto nelle realtà in ritardo di sviluppo come il Sud d’Italia. “Essere un Gruppo globale - scrive Giovanni Ferrero - non ci impedisce di agire localmente mantenendo così il forte legame con le persone e il territorio in cui operiamo”. E ancora: “Il forte senso etico, alla base della nostra cultura imprenditoriale, è la nostra catena del valore: ognuno di noi lavora percorrendo un percorso illuminato dalla passione, dalla dedizione e dalla determinazione che mettiamo nel prodotto, dalla sua realizzazione fino alla spedizione e consegna nei punti vendita dove brilla di luce e scalda il cuore dei consumatori. E più sappiamo tenere viva questa luce lungo tutta la catena del valore, più saremo in grado di occupare sempre un posto unico nel Mondo”.
“Ferrero - si legge nel capitolo che introduce le azioni di Responsabilità Sociale del Gruppo - ha da sempre voluto assumere dei concreti impegni di cura e attenzione verso le Persone e il Pianeta, riconoscendone una valenza non secondaria rispetto agli obiettivi di performance economica. Tale propensione è insita nel DNA aziendale ed è emblematicamente rappresentata in una lettera che Michele Ferrero volle inviare ai dipendenti dell’azienda nel 1957, quando ne assunse la guida”. Il testo della lettera - riportato nel Rapporto - è il seguente: “Personalmente mi impegno a dedicare ogni mia attività e tutti i miei intenti a questa nostra azienda, affinché essa abbia a proseguire, alla luce dell’esempio dato da mio padre e da mio zio, nel cammino sinora percorso, assicurandovi che mi riterrò soddisfatto solo quando sarò riuscito, con fatti concreti, a garantire a voi e ai vostri figli un sicuro e sereno avvenire”.
“Oggi, l’approccio alla sostenibilità del Gruppo Ferrero - si legge ancora nel Rapporto - si fonda sulla strategia di responsabilità sociale d’impresa Condividere valori per creare valore. Tale strategia è realizzata quotidianamente, attraverso il nostro impegno verso il consumatore che si traduce nella massima qualità dei prodotti, nell’innovazione e nella comunicazione trasparente. Per Ferrero, la creazione di valore condiviso è una pratica che tocca tutte le fasi della catena del valore: passa per la cura delle persone che hanno fatto e continuano a fare la storia del Gruppo, per il sostegno alle comunità locali, per la promozione di stili di vita attivi tra i giovani e le loro famiglie giungendo al forte impegno verso pratiche agricole sostenibili e alla salvaguardia e protezione dell'ambiente”.
E’ davvero evidente che nel momento in cui occorre guardare con una prospettiva di medio/lungo termine agli interventi di rilancio dell’economia meridionale - nonostante la strumentalità di una politica miope e sempre pronta a misurare il tempo del proprio governare attraverso le scadenze delle campagne elettorali - che lo snodo ineludibile resta la riattivazione di un patto fiduciario tra pubblico e privato inteso in tutte le sue componenti. Ma senza l’etica della responsabilità (sociale) non si può andare molto lontano.
Ernesto Pappalardo
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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