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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La buona notizia arriva dal Rapporto Symbola-Unioncamere sulle imprese che investono per ridurre l’impatto del loro ciclo produttivo.La sfida green? Non è ancora un gioco di squadra La compatibilità e la sostenibilità ambientale dell’industria sono indispensabili in territori ad alta vocazione turistica ed agro/alimentare. Non si parte certamente da zero, ma occorre mettere a sistema una propensione che certamente è diffusa, ma non ancora abbastanza.

    La buona notizia arriva dal Rapporto Symbola-Unioncamere sulle imprese green/oriented (vedi altro servizio sul numero di questa newsletter online da venerdì 28 ottobre 2016), attente, cioè, ad investire in prodotti e tecnologie per conseguire un maggiore risparmio energetico o per attutire il più possibile l’impatto ambientale derivante dalla propria attività. La provincia di Salerno si conferma tra le più sensibili su questo versante anche in termini di richiesta di nuovi profili professionali: ingegneri ambientali, risk manager, bioarchitetti, progettisti di impianti solari, eco-brand manager, carpentieri specializzati nella costruzione di tetti iper-isolati, esperti di bonifiche, green copywriter, solo per fare gli esempi principali. Significa che, nonostante il quadro complessivo dell’economia locale non segnali trend particolarmente entusiasmanti, continua a crescere un tipo di imprenditorialità che conosce perfettamente le vere sfide da vincere. Consapevole, cioè, che la ricerca e l’innovazione consentono di aprirsi a nuovi mercati - e, infatti, gli indicatori per le aziende “green” sono nettamente superiori in relazione alle dinamiche dell’export rispetto a quelli delle imprese “tradizionali” - e di posizionarsi nel “polo” di attività produttive che giocano la partita all’attacco facendo sistema con il proprio territorio. Non è un caso, quindi, che le imprese coesive e motivate nel mantenere un rapporto corretto e coerente con le comunità di riferimento, abbiano retto meglio ai venti contrari della grande crisi e che adesso si ritrovino pronte per cogliere tutte le opportunità di una ripartenza che, sebbene in maniera altalenante, appare più consistente rispetto agli addietro. Saranno proprio queste aziende che, per esempio, potranno compiere più agilmente il salto nella dimensione dell’industria 4.0, usufruendo di tutta una serie di vantaggi fiscali che il Governo ha delineato nella manovra finanziaria oggetto di discussione da qui fino al termine dell’anno in corso.
    Altro risvolto assolutamente positivo è quello inerente la domanda di professionalità ad alta specializzazione, un’occasione importante – questa – per tantissimi giovani che sono fortemente penalizzati da un mercato del lavoro che “oscura” il segmento dei laureati. Insomma: la dimensione “green” contiene una serie di opportunità che vanno assolutamente valorizzate e promozionate ancora meglio. La sensazione è che in questo processo evolutivo il sistema delle imprese che ha scelto di investire non sia adeguatamente “compreso” dalla filiera pubblica. I dati della ricerca Symbola-Unioncamere appaiono più come lo sforzo delle singole aziende che il frutto di un disegno chiaro e convinto di quella che dovrebbe essere a tutti gli effetti una “politica industriale” incentrata anche sull’asset/green. Sembra che manchi, cioè, una spinta forte ed organica dei livelli istituzionali regionali ed anche locali alle imprese che decidono di omologarsi a standard di qualità medio/alta. Manca, in altre parole, una “cornice” complessiva nella quale inserire i percorsi già realizzati da tante aziende che avrebbero bisogno di non scontrarsi con il pubblico, ma di ritrovarselo al proprio fianco in quella che è senza dubbio la sfida decisiva non solo per la sopravvivenza, ma per il rilancio definitivo del manifatturiero meridionale. La compatibilità e la sostenibilità ambientale dell’industria sono indispensabili in territori ad alta vocazione turistica ed agro/alimentare. Non si parte certamente da zero, ma neanche è possibile pensare che il numero di imprese “green” cresca da solo: occorre mettere a sistema una propensione che certamente è diffusa, ma deve “capilarizzarsi” ancora meglio.
    Ernesto Pappalardo
    direttore@salernoeconomy.it
    @PappalardoE


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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