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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il caso virtuoso del Distretto degli Iblei,  nel Sud della Sicilia, che riunisce Enti Locali ed operatori della filiera estesa dell’accoglienza.Marchi di territorio per il turismo di qualità Certificazioni volontarie per “spingere” la crescita dell’offerta e per puntare alla captazione di flussi di mercato in grado di portare maggiori risorse e di innalzare il tasso di permanenza.
     

    E’ da anni che si continua a parlare di piani e strategie in grado di valorizzare pienamente le risorse turistiche del Mezzogiorno nell’ambito di una competizione che, naturalmente, risulta sempre più “allargata” in termini di mercati da conquistare e di “utenze” da canalizzare all’interno dei confini nazionali. L’evidenza dei numeri conferma la bontà dei percorsi “dal basso” finalizzati sostanzialmente alla promozione di una logica di distretto o di area vasta; basata, prima di tutto, sulla ricerca di formule “aggregative” dei vari soggetti pubblici e privati che concorrono a rendere attrattivo un territorio.
    Non si può puntare solo sui fattori/base per captare visitatori: mare/montagna/lago/campagna etc; centri storici e patrimonio storico/artistico; enogastronomia e prodotti tipici derivanti da un’agricoltura a dir poco eccellente. Occorre aggiungere a questi “ingredienti” indispensabili quello che il Censis (vedi altro servizio in questa newsletter online da venerdì 21 ottobre 2016) definisce “processo innovativo di cooperazione con tutti gli operatori dell'area vasta”. Perché “la crescita dell'offerta, specie di quella micro e non organizzata, non basta se non è accompagnata da un rafforzamento della qualità dei servizi e della capacità di orientare il turista nella scoperta delle risorse e delle attrattive del territorio”. L’esempio del Distretto Turistico degli Iblei, - che riunisce Enti locali ed operatori di diciannove comuni, tra cui Ragusa, Scicli, Vittoria e Modica ed è impegnato in una costante attività di promozione a livello nazionale e internazionale del proprio “prodotto” - consente di fare riferimento allo strumento della “Carta di valorizzazione del territorio” che indica una serie di standard di qualità dei servizi che gli aderenti “si impegnano a rispettare e a garantire al turista, in modo da riuscire, nei diversi ambiti dell'esperienza territoriale (dallo stabilimento balneare al museo, dal ristorante all'hotel) ad elevare il livello dell'offerta”. Ed ancora: “I soggetti che decideranno volontariamente di aderire a questo processo e farsi certificare potranno fregiarsi di un marchio di qualità certificato che sarà garanzia per il turista e stimolo per il territorio”.
    Che cosa ha generato questo approccio inclusivo e coesivo di tutti i soggetti dello sviluppo locale che rientrano nella filiera turistica? “Lo scorso anno - evidenzia il Censis - nella sola provincia di Ragusa si sono registrati circa 220mila arrivi (+15% rispetto al 2010) e 850mila presenze (+16%), per una permanenza media pari a 3,9 giorni. Dietro ai valori medi si segnala un vero e proprio boom della clientela internazionale: tra il 2010 e il 2015 gli arrivi degli stranieri sono cresciuti del 60% e le presenze turistiche di quasi il 59%. Di contro, i dati relativi alla clientela italiana sono in calo: -2% gli arrivi, -7% le presenze. Di conseguenza, la quota del turismo internazionale è passata in soli cinque anni dal 35% al 48% del totale”. E ancora: “In questi anni la capacità ricettiva, estremamente variegata dal punto di vista tipologico, è cresciuta in termini quantitativi: oggi si contano 21mila posti letto (erano meno di 17mila nel 2010)”.
    Se, poi, ci aggiungiamo il “traino” di una fiction televisiva come quella che vede protagonista il commissario Montalbano - in onda sulla Rai dal 1999 – ( produzione trasmessa anche nel Regno Unito, in Francia, Germania, Russia e Stati Uniti) e l'inserimento nel 2002 da parte dell'Unesco delle città barocche del Sud-Est della Sicilia (tra le quali Caltagirone, Modica, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli) nella lista dei siti Patrimonio dell'Umanità, è abbastanza chiaro come si possa parlare di una riuscita operazione di marketing territoriale a tutti gli effetti. Sulla base, però, di un “prodotto” fortemente integrato con le varie tipologie di eccellenze presenti e, soprattutto, attraverso un “metodo” auto/propulsivo: la ricerca e la certificazione di una crescita qualitativa imprescindibile da ogni dinamica di crescita strutturale e non effimera.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it
    @PappalardoE       
     


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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