Glocal di Ernesto Pappalardo
Lo scenario che si delinea nel breve e medio periodo per l’economia provinciale e regionale impone prioritariamente l’accelerazione delle procedure amministrative.
Zes, la vera svolta possibile
La Zona Economica Speciale nelle aree portuali e retro portuali di Napoli e Salerno, oltre che nel sito di Bagnoli, rappresenta il riferimento programmatico principale per lanciare una seria politica di attrazione degli investimenti.
L’evoluzione delle dinamiche del ciclo economico impone di prendere maggiore consapevolezza dell’urgenza di mettere in campo misure importanti capaci di attivare un salto di scala prima di tutto dal punto di vista dell’incentivazione di nuovi investimenti privati. In altre parole, non si può più rimandare l’accelerazione del processo di ripartenza del sistema produttivo agendo su più leve, ma rendendo più consistente agli occhi delle imprese le conseguenze di una politica industriale - non improvvisata – capace di “usare” bene anche la fiscalità di vantaggio (e non solo compensativa). E’ in questo contesto che inevitabilmente può acquistare particolare rilevanza l’esperimento di una Zona Economica Speciale già, peraltro, definita nel “Patto per la Campania” firmato lo scorso aprile tra Governo e Regione. La Zes - così come immaginata e finanziata ad agosto dal Cipe con 200 milioni di euro - riguarda molto da vicino la provincia di Salerno in quanto include l’area del porto e l’area retro/portuale (tutta ancora da definire, per la verità), insieme con il porto di Napoli (e l’area retro/portuale partenopea) ed il sito di Bagnoli. Naturalmente – come hanno spiegato anche in questi ultimi giorni autorevoli studiosi delle problematiche del Mezzogiorno – occorrerà capire di quali “contenuti” propositivi saranno “riempite” queste Zone Speciali. Contenuti che dovrebbero intrecciarsi con il profilo identitario del tessuto economico e produttivo del territorio che trova nel porto di Salerno, per esempio, lo sbocco principale (se non unico al momento) dal punto di vista infrastrutturale verso i mercati internazionali delle attività manifatturiere della filiera dell’agro/alimentare in primo luogo. Il rischio “miope” è che tutto possa ridursi all’individuazione di un’area all’interno della quale cogliere vantaggi fiscali, invece di puntare al più ampio ventaglio di opportunità insite in uno strumento del genere che è in grado – invece – di rafforzare strutturalmente (in maniera qualitativa ed anche quantitativa) gli asset produttivi prioritari in Campania ed in provincia di Salerno. Secondo il presidente della Svimez Adriano Giannola le Zes di Napoli e Salerno potrebbero costituire un importante tassello nell’ambito di un ben più ampio progetto legato all’istituzione – fortemente auspicabile – di queste Zone Speciali anche in altre regioni del Mezzogiorno come la Puglia e la Calabria in modo da costituire una grande area meridionale fiscalmente vantaggiosa. Si realizzerebbe in questo modo un bacino produttivo e di interscambio di enorme valore ed impatto a livello internazionale.
E’ chiaro che occorre avere lo sguardo largo e non rinchiudersi nei confini di una modesta operazione – in ogni caso importante – tutta concentrata sugli sgravi fiscali. Si tratta di prendere in considerazione, invece, l’idea di proporre sul mercato internazionale degli investimenti delle grandi imprese un’area dotata di un’adeguata infrastrutturazione - e, quindi, di lavorare intensamente alla costruzione di una rete logistica degna di questo nome al servizio dei porti di Napoli e Salerno (a cominciare dal sistema dei retro/porti e delle piattaforme intermodali) - con un posizionamento geografico centrale nel Mediterraneo, all’interno della quale è possibile reperire risorse occupazionali giovani e qualificate e, nello stesso tempo, titolare di un regime fiscale vantaggioso. Da qui a creare “reti” e partnership da parte degli investitori stranieri con le aziende del territorio - senza prevalenza alcuna di un comparto su l’altro, ma affidandosi semplicemente alla bussola della capacità competitiva - il passo non solo è breve, ma anche semplice e naturale.
Al momento la percezione della Zes campana si riduce alla ripetuta ed enfatica declinazione di un grande progetto, ma sul piano operativo tutto sembra abbastanza lontano dalla concretezza che, pure, resta la principale risorsa per produrre risultati all’altezza dei problemi da risolvere.
Tanto più che in altre parti d’Italia non mancano altre ipotesi di Zes che stanno già viaggiando dal punto di vista burocratico/amministrativo ad una velocità diversa.
Il punto vero è che non solo bisogna fare bene, ma anche presto, smentendo – è questa la vera sfida nella sfida - il luogo comune (mai come in questi casi basato sulla conoscenza della realtà) - dei tempi proibitivi della macchina pubblica meridionale.
E’ certo che senza una svolta vera – come può essere il ricorso a questa efficace forma (fino ad oggi fuori dai confini italiani) di fiscalità che è possibile definire attrattiva – i tempi di risposta alla domanda di occupazione e di crescita della provincia di Salerno e della Campania sono destinati a rimanere biblici.
Ernesto Pappalardo
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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