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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La sintesi dello studio del Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria) pubblicata su “Bioagricoltura notizie”.Le imprese “bio”? Rendono di più Migliori performance economiche per le aziende (+32%) in termini di reddito netto per l'imprenditore; +31% di lavoratori impiegati e +15% di fatturato.
     

    “Dall'ultimo Bioreport elaborato dal Crea (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria, ndr) emerge che non solo il biologico è meno inquinante e più sano ma anche più redditizio per i produttori, rispetto all'agricoltura convenzionale. Siamo in presenza, infatti, di una tendenza ormai consolidata e che si rinforza di anno in anno; ad un aumento della redditività delle aziende che si sono convertite al biologico”. Una sintesi dello studio del Crea è stato diffuso da “Bioagricoltura notizie”, la newsletter in formato digitale dell’Aiab (Associazione Italiana Agricoltura Biologica).
    Il Crea, che ha analizzato il biennio 2014-2015, “segnala - si legge nell’articolo apparso su “Bioagricoltura notizie” - migliori performances economiche delle aziende biologiche rispetto a quelle convenzionali: +32% è il reddito netto dell'imprenditore agricolo biologico e della sua famiglia (due punti percentuali in più rispetto all'anno precedente), +15% il fatturato lordo aziendale (contro il 10% dell'anno precedente) con una maggiore offerta occupazionale, 31% in più di lavoratori impiegati rispetto alle convenzionali (la rilevazione precedente relativamente a questo dato si attestava tra il 10 e il 20%), sulla base delle elaborazioni Firab. Performance che confermano il successo di vendite dei prodotti bio:+20% nel 2015 (l'anno precedente è stato del 12,6%)”.
    “Nelle aziende biologiche - si legge sempre nell’articolo di “Bioagricoltura notizie” - risultano mediamente superiori sia il valore della produzione lorda (110.113 euro a fronte 95.796 delle convenzionali), sia il valore aggiunto (72.564 euro a fronte di 57.916 euro), sia il reddito netto (48.506 euro contro i 36.741 euro nelle convenzionali), quest'ultimo rappresenta la quota di Plv (Produzione Lorda Variabile, cioè il fatturato lordo) che rimane a disposizione dell'imprenditore e dei suoi familiari una volta sottratti i costi fissi sostenuti per le attività aziendali”.
    Questi numeri confermano anche altri aspetti operativi e gestionali della filiera imprenditoriale “bio” emersi negli anni scorsi, ma oggi molto ben consolidati. “I risultati - è scritto ancora nell’articolo - testimoniano anche una maggiore propensione delle aziende biologiche alla multifunzionalità: nelle aziende bio, infatti, le attività connesse (agriturismo, agricoltura sociale, fattorie didattiche, ecc.) registrano un'incidenza rispetto alla Plv lievemente maggiore che nelle convenzionali (4,3% e 2,5%, rispettivamente)”. Ed in merito alle voci di spesa “nelle aziende biologiche si rileva una minore incidenza dei costi correnti sulla Plv (mezzi tecnici, servizi prestati da terzi e altre spese dirette): 34%, contro 39% nelle convenzionali. Grazie al contenimento di questa voce di spesa, le aziende biologiche risultano più efficienti in termini di valore aggiunto sulla Plv (66%, a fronte del 50% nelle convenzionali) e in termini di reddito netto (44% e 38% rispettivamente)”. Mentre “il più elevato impiego di manodopera richiesto dalle tecniche di produzione biologica determina un maggiore costo del lavoro, (18% sulla Plv, a fronte del 14% nelle convenzionali).
    "I dati continuano a crescere – ha dichiarato Vincenzo Vizioli, presidente di Aiab – con uno scarto che aumenta sempre di più rispetto alle aziende convenzionali. Probabilmente non si tratta solo di una moda, come molti, in primis i mass media, vogliono farla passare, ma di una reale esigenza sentita dai cittadini di intervenire concretamente sulla loro salute e su quella dell'ambiente. La storia che ci raccontano che l'agricoltura biologica è più cara è una balla montata ad arte. Non solo per gli agricoltori e per chi lavora la terra c'è un ritorno economico dignitoso ma tutta la collettività ne guadagna e, dunque, anche i singoli cittadini. Scegliendo il biologico diminuiscono i costi sanitari, così come i danni ambientali e gli eventi determinati dai cambiamenti climatici. Non c'è mai qualcosa che costa poco in assoluto. Paghiamo sempre, magari in un altro momento. O facciamo pagare a qualcun altro".
    (Fonte: Aiab/newsletter@aiab.it/17.05.2016)
     


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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