Glocal di Ernesto Pappalardo
Entra nel vivo la campagna elettorale per le amministrative di giugno. Molte polemiche (inutili) e poche idee per la ripartenza dell’economia.La solita “guerra” di “ricette”
Programmi/Zibaldone, ma poca strategia per tentare di gettare le basi di una nuova stagione meno problematica soprattutto dal punto di vista dell’occupazione giovanile.
Il copione, per la verità è arcinoto. In tutte le campagne elettorali a un certo punto spuntano le “ricette” giuste per risolvere – o meglio, “cucinare” – i problemi più importanti delle comunità dove si andrà al voto. La tendenza è, quindi, naturalmente orientata a non dimenticare (quasi) niente. Ad “insaccare”, cioè, nei programmi dei candidati tutto quello che è possibile mettere dentro. Senza curarsi più di tanto delle “incoerenze” che emergono tra un’idea e l’altra di sviluppo, per esempio. Insomma, tante opzioni per captare il consenso più ampio, senza stare a guardare troppo alla “tenuta” sostanziale dei progetti e delle proposte in una cornice sostenibile.
Ed è così che prendono forma i programmi/Zibaldone: turismo, cultura, industria, commercio, artigianato, imprese innovative, infrastrutture, mare, ambiente: questo è solamente un indice sintetizzato delle voluminose dissertazioni sui futuri cinque anni che sindaci ed amministratori illuminati promettono di rendere importanti e, soprattutto, migliori di quelli appena trascorsi.
Eppure, questa volta non si potrà battere più di tanto sul tasto della scarsità di risorse. Questa volta il “Patto per la Campania” porta in dote qualcosa come 9,5 miliardi di euro, di cui circa 1 miliardo in provincia di Salerno. Finanziamenti consistenti, mica bruscolini. Il problema vero, quindi, nei prossimi cinque anni sarà quello di dare forma concreta ad iniziative che possono attingere a risorse notevoli. Il problema vero sarà quello di dimostrare capacità di spesa in tempi stretti. Il problema vero, in buona sostanza, consisterà nella prova di passare dalle parole ai fatti.
E, allora, occorrerebbe avviare già da adesso un percorso di effettiva condivisione dal basso delle varie “idee” di città all’interno delle comunità che si apprestano a scegliere i loro amministratori. Perché il punto critico – alla fine – si è sempre configurato nella “guerra” sotterranea tra fazioni, gruppi, gruppetti, partiti e pezzetti di partiti che non hanno quasi mai messo al centro di tutto tre/quattro priorità sulle quali convergere senza dividersi a caccia di sterili leaderismi. Ora, però, si intrecciano due fattori importanti: l’urgenza di provare a mettersi alle spalle la più grave recessione economica dopo quella successiva alla seconda guerra mondiale; l’opportunità di disporre di un pacchetto di risorse pubbliche che difficilmente sarà possibile riavere a disposizione. Sarebbe il caso, quindi, di non perdersi dietro “ricette” e programmi/Zibaldone, ma di anteporre ad ogni cosa un approccio più inclusivo, meno arroccato nelle logiche partitiche o di schieramento. Un approccio che si ponga l’obiettivo di trovare un punto di equilibrio sostanziale tra le varie istanze in campo. Fin dalla fase che precede il voto tutte le parti dovrebbero, cioè, avviare un confronto aperto, meno strumentale e più consapevole della posta in gioco, in modo che un minuto dopo l’esito delle elezioni si possa attivare un percorso amministrativo virtuoso: celere ed in grado di portare alla realizzazione tutti quei progetti ritenuti comunemente indispensabili per costruire sviluppo e nuova occupazione.
E’ evidente che siamo nel campo delle utopie, ma la situazione di complessiva gravità dell’economia del Sud – nonostante embrioni diffusi di tenue ripresa – impone uno scatto di responsabilità. Perché sarebbe del tutto ingiustificabile continuare a non realizzare tutte le opere e gli interventi che possono contare su finanziamenti adeguati e a portata di mano.
Nel frattempo ci tocca di assistere a sequenze di campagna elettorale tutte affondate in contrapposizioni molto prevedibili ed in polemiche molto distanti dal sentire comune che, invece, cerca risposte ai problemi di una quotidianità difficile. Non solo grandi visioni, ma anche soluzioni pratiche a tanti disservizi. A cominciare – a Salerno città, per esempio – da un trasporto pubblico al collasso e da una raccolta dei rifiuti a macchia di leopardo. Per non parlare del traffico asfissiante e della carente presenza di vigili in strada.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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