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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il presidente della Svimez analizza le prospettive dell’economia meridionale dopo la firma del primo documento Governo/Regioni. Giannola: “Patto per la Campania? Direzione giusta”  “Ma – aggiunge - è ancora presto per capire se è il frutto di una precisa strategia nazionale di rilancio del Mezzogiorno o il prosieguo di progettualità slegate e senza un orizzonte comune. Bene le Zes di Napoli e Salerno: attendiamo di conoscerne i contenuti”. 

    “L’impressione è che la direzione intrapresa sia quella giusta, ma si fa ancora fatica ad individuare una strategia precisa e coerente, che abbia come obiettivo di riposizionare la Campania e le altre regioni meridionali - che firmeranno gli accordi con il Governo - al centro di un progetto in grado di rilanciare l’economia dell’intera penisola. Continua a  prevalere il timore che  esplicitare con chiarezza che  solo se riparte il Sud si aprono per l’Italia spazi di crescita strutturale e non effimera, possa fare perdere consenso politico nelle altre aree del Paese”. Il presidente della Svimez Adriano Giannola in questa intervista rilasciata a www.salernoeconomy.it guarda favorevolmente al “Patto per la Campania”, ma non nasconde perplessità in merito al persistente approccio del Governo che “deve assolutamente uscire dalla logica delle percentuali minimali di crescita del Pil che in ogni caso penalizzano il Sud: nel 2016 +0,8% Italia, +0,1% Mezzogiorno; nel 2017 +1,4% Italia, +1,2% Mezzogiorno (previsioni Svimez, ndr)”. “Per sintetizzare - spiega Giannola - occorre creare le condizioni affinché le regioni meridionali ripartano, per così dire, endogenamente e si sviluppino con un tasso superiore al Nord senza che questa dinamica sia percepita in maniera penalizzante dall’area Centro/Settentrionale del Paese”. “Al contrario - specifica Giannola - è ben documentato che indirizzare l'intervento a sostegno della ripresa sulle aree più deboli, ma con un’ottica coerente con politiche strutturali (logistica, energia, rigenerazione urbana), produce il massimo effetto a livello di economia nazionale. In aggiunta, politiche coerenti con una strategia complessiva, in questa delicata fase storica, trovano al Sud la massima opportunità di essere efficaci anche per conseguire obiettivi nazionali che consentano al Sistema/Italia di schiodarsi dal declino al quale è attaccato da oltre venti anni”.
    E, invece, che cosa accade professore Giannola?
    “Accade che a livello centrale si punta più ad interagire con il nucleo forte dell’economia europea - Germania, Austria, Olanda eccetera eccetera - mentre si trascura la vocazione mediterranea con tutte le opportunità che si possono cogliere non solo da parte del Mezzogiorno, ma da parte dell’intero Paese. Mi pare che ci sia una grande difficoltà a parlare di quest’opzione che è davanti ai nostri occhi con il rischio sempre più concreto che essa vada a beneficio di altri (Francia e Spagna, solo per fare qualche esempio). Ma, temo che ci sia anche un grave ritardo  nel prendere consapevolezza di questo scenario e nel continuare a coltivare l' illusione che a trascinarci fuori dalle secche possa essere l’apparato di quelle regioni forti da non disturbare perché mirabilmente e (per nostra fortuna) virtuosamente esportatrici”.
    Può entrare più nel merito?
    “Intendo evidenziare che non si prende atto che insistere in questa direzione è controproducente. Proprio quelle aree, come e forse più delle disastrate regioni della convergenza, hanno perso dal 2000 decine di posizioni nelle graduatorie europee e (si guardi l' ultimo rapporto dell'Unione) continuano a perderne inesorabilmente nonostante le brillanti performance delle imprese locali: un patrimonio preziosissimo da salvaguardare ma non in grado, da solo, di compiere l' impresa di invertire la rotta del declino nazionale nel contesto globale. D’altro canto, come si fa ad accantonare i dati sull’interdipendenza delle economie del Sud e del Nord del nostro Paese? E come si fa a non trasformare in opportunità la drammatica esperienza dell’enorme quantità di risorse inoccupate al Sud in presenza di altrettanto enormi potenzialità che una loro coerente messa a frutto offrirebbe al Sistema/Italia? Se continuiamo così, siamo destinati ad arrivare dopo gli altri anche nel Mediterraneo ed invece di integrarci con tutte le positive conseguenze del caso, rischiamo di prenderci soltanto quello che resterà in termini di occasioni di crescita economica”.
    Tornando al “Patto per la Campania”, quali sono, professore, le parole/chiave più significative dal suo punto di vista?
    “Prima di tutto occorre lavorare all’efficientamento della macchina amministrativa - e mi riferisco soprattutto ai Comuni - che dovrà sostenere la realizzazione delle progettualità di cui si compone il Patto per la Campania. Senza percorsi tecnici e burocratici che funzionano non si va da nessuna parte. Ed è chiaro che la componente/tempo nella messa in opera degli interventi giocherà un ruolo fondamentale. Sul piano delle azioni programmate attribuisco una valenza prioritaria alle Zone Economiche Speciali. Il solo citarle in questa occasione rappresenta una sorta di rottura di un tabù; finalmente entrano ufficialmente a fare parte - almeno - delle buone intenzioni, che vanno verificate, dettagliate perché le Zes sono tutt' altra cosa di semplici Zone Franche. Tramite questo strumento può avviarsi una nuova fase sotto il profilo del passaggio ad una vera e propria fiscalità di vantaggio e non più semplicemente compensativa: una precondizione fondamentale anche per attrarre investimenti su grandi progetti; una dimensione - questa - che è propria dell' attivazione di una Zes. Occorre, quindi,  riempire di contenuti le Zes che insisteranno sulle aree portuali e retro/portuali di Napoli e Salerno, due poli che opportunamente diversificati nelle funzioni possono contribuire al più generale e fondamentale obiettivo di costruire ed attivare - via Mediterraneo - l’ingresso da Sud nel mercato più ricco del  mondo. E' con questa ottica, con questi obiettivi in mente che dovremmo misurarci con la capacità di attrarre nuovi e aggiuntivi capitali dal resto del mondo. E’ certamente una carta da giocare con grande convinzione e lungimiranza. Anche se . . .”.
    Anche se, professore?
    “Anche se la variabile tempo e la volontà di attuare una strategia di sistema saranno fondamentali. Infatti, con Napoli e Salerno ci auguriamo caldamente di trovare nei Patti con la Calabria e la Puglia anche le Zes per Taranto e Gioia Tauro.  Se adeguatamente messe a sistema - dal punto di vista delle opportunità attrattive e dei percorsi legati alle filiere logistiche integrate nell’ambito dei territori di riferimento -  si strutturerebbe sicuramente l’opzione più ampia per dare vita ad una grande area meridionale con fiscalità di vantaggio. Una zona, insomma, di interscambio di enorme valore a livello internazionale. Ma bisogna fare presto perché se ad essere privilegiata fosse - ad esempio - la Zona Economica Speciale dell’Alto Adriatico sull’asse Venezia/Trieste/ Zara/ Spalato/ Capo d' Istria, ecc., non è che saremmo messi proprio bene”.
    Insomma, il “Patto per la Campania” potrebbe funzionare e dare risultati importanti?
    “Vedremo come si articoleranno i contenuti e, soprattutto, se funzioneranno per fare veramente un salto di scala. A questo proposito ritengo che siano assolutamente necessarie e decisive le interconnessioni con gli altri Patti con l’obiettivo di delineare quella strategia di politica economica per il Meridione che ufficialmente si è fin troppo restii ad indicare esplicitamente: una strategia che deve essere  coerente e non a macchia di leopardo”.
    Altre parole/chiave per il Sud?
    “Cito brevemente, per ragioni di sintesi, la politica energetica e gli interventi di rigenerazione urbana. Mi pare che soprattutto in termini di politica energetica la Campania sia ancora indietro; tanto più ciò è vero se si considera che la nostra regione ha a disposizione grandi potenzialità nell’ambito della geotermia: l’area metropolitana di Napoli è pienamente vocata a diventare una delle più vaste zone d’Europa carbon free, cioè esente dall’utilizzo di idrocarburi sul versante dei servizi di riscaldamento/raffredamento. Grandi vantaggi, inoltre, deriverebbero da interventi di rigenerazione e di riuso del patrimonio edilizio urbano: investimenti pubblico/privati e riqualificazione con un alto tasso di risparmio energetico e di abbattimento dell’inquinamento ambientale”.
    In conclusione, professore, promuove il “Patto per la Campania”?
    “Non spetta a me dare il voto finale. Ma si capirà ben presto se è uno Zibaldone o l’inizio di un percorso strategico assolutamente necessario per fare ripartire il Sud e con esso l’Italia schiodandoci dalla logica di puntare allo zero virgola o poco di più”.
     
     


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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