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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Le dinamiche economiche da tempo segnalano l’esigenza di intervenire sulla “ristrutturazione” delle competenze della P.A.Parola d’ordine? Attrarre investimenti Le buone pratiche di regioni alla ricerca di capitali privati per consolidare la competitività dei sistemi produttivi territoriali restano un riferimento virtuoso per il Mezzogiorno, ma al momento da queste parti non si intravedono iniziative concrete.

    La “questione” per la verità non è proprio nuova. Anzi, il “dibattito” ha prodotto un’infinità di proposte, oltre che di analisi di scenario e via discorrendo. Il problema, però, resta sul tappeto e, al momento, non si intravedono iniziative efficaci. Il punto è il seguente: in tempi di riduzione dei trasferimenti ai territori come provare a reperire nuove risorse private? Insomma, da dove cominciare per aumentare il tasso di “appeal” dei vari comprensori della Campania e del Sud?
    Naturalmente, il lavoro da fare non è affatto di poco conto, perché per attirare l’attenzione di chi ha interesse ad investire si deve prima di tutto intervenire in termini di ristrutturazione – per esempio – delle aree industriali e, soprattutto, si dovrebbe mettere mano allo snellimento delle procedure amministrative. Oltre che – snodo chiave – all’efficientamento delle filiere burocratiche (impresa semplicemente titanica).
    E’ abbastanza chiaro che, mentre nel medio/lungo termine occorre interagire con questo tipo di hardware, è indispensabile partire anche con l’elaborazione di un software capace di guardarsi intorno e studiare caso per caso le opportunità di sviluppo. Potrebbe essere il momento di immaginare l’attivazione di una vera e propria Agenzia su base regionale orientata su due fronti: da un lato quello del recupero e della valorizzazione delle aree industriali con il pieno coinvolgimento dei privati; dall’altro la promozione delle opportunità di investimento reperendo “clienti/utenti” non solo in Italia, ma anche all’estero. Non è una soluzione miracolosa, ma certamente sarebbe un grande passo avanti sul terreno della razionalizzazione delle competenze e, soprattutto, del loro coordinamento.
    Come sempre, non si tratta di inventare granché.
    In Veneto – regione nella quale proliferano le best practices in questo ambito di riferimento e non solo (come riportato dal Sole24Ore lo scorso 16 aprile, articolo a firma di Katy Mandurino) – sono pronti a varare una nuova importante iniziativa. L’assessore al Commercio Estero (è già l’attribuzione di questa delega in seno alla Giunta Regionale delinea un approccio innovativo al problema) ha anticipato che è in via di definizione la fase di start up dell’Agenzia Regionale per gli Investimenti, che si chiamerà “Invest in Veneto”. “Veneto Promozione” - attualmente operativa -  non è più ritenuta lo strumento adatto per affrontare le attuali sfide. Nascerà, quindi una nuova Agenzia “che metterà attorno ad un tavolo, forse prima dell’estate, imprese, Università, centri di ricerca, associazioni di categoria, per individuare insieme le strategie migliori per costruire l’immagine del Veneto e attrarre investimenti dall’estero”. Ma per capire ancora meglio il disegno della Regione è stato deciso che “la regia di questa nuova iniziativa potrebbe essere appannaggio di “Veneto Sviluppo”, lo strumento finanziario regionale che sta acquistando e acquisterà in futuro un ruolo sempre più fattivo nelle dinamiche economiche del territorio”.
    Insomma, programmazione a trecentosessanta gradi: un organismo di promozione e di attrazione degli investimenti (“Invest in Veneto) ed una collaudata Finanziaria regionale (“Veneto Sviluppo”) per rendere disponibili risorse e modellare percorsi a supporto delle aziende investitrici.
    Tutto molto lineare e sostanzialmente semplice. Ritorna, quindi, la solita domanda: perché qui da noi tutto si complica e s’impantana? Perché da decine e centinaia di funzionari, dirigenti, consulenti alla fine non scaturisce quasi mai un progetto effettivamente in grado di portare a casa buoni risultati? Difficile avere risposte intellegibili. E, intanto, continuiamo ad accumulare ritardi su ritardi. Con buona pace dello storytelling ad uso e consumo mediatico.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it
    @PappalardoE


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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