Glocal di Ernesto Pappalardo
Il tema della “scomparsa” di gravi criticità dal dibattito politico ed istituzionale sul dualismo italiano.Il Sud? Solo “storytelling” positivi Tra le varie implicazioni del decisionismo verticale si afferma sempre più la tendenza a vedere il bicchiere “mezzo pieno” e quasi mai “mezzo vuoto”. Così l’agenda dei giornali insegue i processi di disintermediazione delle notizie che prendono forma attraverso i social.
La questione sembra di natura “tecnica”, ma, invece, non lo è affatto. Anzi, è una questione tutta politica, per la verità. Al punto che è proprio la politica (e quello che resta dei partiti) a stimolare con grande attenzione una tendenza “narrativa” che fa scivolare in secondo piano alcune criticità sostanziali ormai ben radicate nelle regioni meridionali. L’intervista che pubblichiamo in questo numero della newsletter di www.salernoeconomy.it (venerdì 15 aprile 2016) a Gianfranco Viesti conferma che di fronte alla gravità di certi numeri la politica ed i partiti hanno la capacità di dileguarsi. Di non prendere alcuna posizione. E a sorpresa anche la voce delle opposizioni diventa flebile, quando, pure, potrebbe avvantaggiarsi rispetto all’opinione pubblica. Quanto si sta verificando nel bacino delle Università italiane - la riduzione dei finanziamenti ed il “restringimento” di tutte le componenti all’interno degli Atenei (a cominciare dal numero di studenti, per non parlare del calo dei laureati in rapporto alla fascia di popolazione giovanile e via discorrendo) - è paradigmatico. Nessuno ne parla, né la questione sembra avviata ad un approfondimento al di fuori della cerchia degli addetti ai lavori. Eppure, l’indebolimento qualitativo e quantitativo della rete universitaria non è un “fatto” circoscritto, ma – come spiega nell’intervista Viesti – è, invece, destinato ad avere conseguenze sulla qualità e sul tenore di vita che si svilupperà nei territori nei prossimi anni. L’abbassamento del livello medio d’istruzione comporta una riduzione della capacità di produrre reddito; l’aumento del ricorso alle cure mediche e all’utilizzo dei farmaci (in considerazione di un approccio meno attento a stili di vita compatibili con la conservazione di standard comportamentali salutistici); la scarsa partecipazione alla vita pubblica e, più in generale, una minore predisposizione ai processi di inclusione sociale. Insomma, la crescita socio/economica di una comunità è legata a doppio filo con il raggiungimento di livelli culturali medi proiettati verso l’alto (e non in regressione).
Ma la mancata “narrazione” del ridimensionamento in atto nel bacino delle Università italiane – con una netta prevalenza delle negatività nell’area del Mezzogiorno – non è un caso isolato. Se da un lato appare comprensibile la strategia comunicativa delle forze politiche e dei soggetti istituzionali al governo a livello nazionale nel modo di descrivere l’attuale situazione economica – le dichiarazioni basate sullo zero virgola entreranno nei manuali della cattiva informazione – è davvero difficile arrivare ad individuare quale possa essere il filo conduttore del “racconto” dei partiti e dei rappresentanti di Comuni e Regioni del Sud di fronte ad una realtà francamente non veicolabile come positiva o immersa in una forte ripresa. In questo caso è davvero complicato stabilire dove finisce il marketing elettorale e dove comincia, purtroppo, la strumentalizzazione demagogica di tante tematiche, invece, cruciali per il futuro delle nuove generazioni meridionali.
La tecnica dell’annuncio – o, addirittura, del preannuncio – è pane quotidiano. Il rendiconto dei risultati e degli obiettivi raggiunti non è contemplato nei “manuali” di comunicazione. E, allora, tutto si complica. Come distinguere il “fatto” vero e proprio dallo “storytelling” che di esso si impadronisce fino a stravolgerlo e a farlo diventare quasi altro dalla realtà?
L’unica strada – pare di capire – è proseguire nel paziente e mite lavoro di raccolta e di analisi dei dati; mettere insieme, cioè, non parole, opinioni, interpretazioni eccetera eccetera, ma numeri. Di fronte al dilagare della guerra delle percentuali, non resta che valutare trend di medio e lungo periodo, uscendo in maniera strutturale dallo scadenzario elettorale. Perché anche le statistiche sono diventate da tempo materia di scontro politico. Ma difficilmente lo sguardo lungo della ricerca attenta e competente – basata su ricerche rigorose e scientificamente ineccepibili – può ingannare. E, pazienza, se non bucherà subito il cancello del circuito mediatico. Resterà, però, a testimonianza di come vanno veramente le cose. E nel tempo aumenterà il suo valore di documentazione autentica che travalica lo spazio di uno scontro elettorale.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it
@PappalardoE
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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