contatore accessi free Salerno Economy - Blog di informazione economica

ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Si allarga il divario tra le regioni del Sud e quelle del Settentrione anche sotto il profilo dell’attivazione di percorsi intersettoriali di crescita produttiva.
     
    E al Nord decolla la fabbrica 4.0 A Padova il “Patto per innovare la manifattura” attraverso sinergie trasversali tra comparti differenti e mediante l’attuazione di una politica industriale regionale incentrata sulle nuove tecnologie.
     

    Tra i principali problemi del Mezzogiorno rientra senza dubbio l’urgenza di recuperare livelli di capacità produttiva e, nello stesso tempo, il gap di innovazione dei processi nell’ambito di un settore strategico e determinante per la crescita del Pil come il manifatturiero. Tra le “eredità” della grande crisi è da annoverare anche l’ulteriore ritardo che si è accumulato sotto il profilo dei livelli di innovazione tecnologica presenti all’interno delle fabbriche meridionali. L’obsolescenza dei macchinari - a lungo non rinnovati per problemi di accesso al credito o per carenza di commesse e conseguente sottoutilizzazione degli impianti - solo adesso (anche alla luce di opportune misure agevolative introdotte dal Governo) inizia a diventare una criticità da affrontare e risolvere al più presto. Ma il problema è di più ampie dimensioni perché si inserisce nel contesto di una vera e propria desertificazione delle relazioni virtuose che sarebbero, invece, necessarie tra i vari attori dei sistemi di sviluppo locale (tra aziende ed Atenei prima di tutto). In Veneto, giusto per rendersi conto di come non sia necessario “inventare” niente di effettivamente nuovo, nei giorni scorsi (“Da Padova un Patto per innovare la manifattura”, di Katy Mandurino, Il Sole 24 Ore del 19 gennaio) è stato lanciato un progetto/pilota che può fornire la traccia utile da seguire per utilizzare con intelligenza (e finalmente spendere bene, sia chiaro) i fondi europei. L’obiettivo è quello di creare un vero e proprio “ecosistema” per agevolare la transizione verso la “Manifattura 4.0”. Che cosa significa in termini pratici? Il fine ultimo è “re-ingegnerizzare i processi produttivi attraverso il massimo utilizzo di tecnologie come big data, banda ultralarga, robotica avanzata e meccatronica, manifattura 3D e la crescente integrazione tra manifattura e servizi innovativi, tra aziende capofila e fornitori”. E ancora: “Voucher per diffondere le tecnologie digitali nelle Pmi”. Con quali soldi? Mediante “misure da finanziare attraverso le risorse della programmazione europea 2014-2020 per far decollare in Veneto la quarta rivoluzione industriale che promette un salto competitivo dell’industria per la capacità di interconnettere e fare dialogare macchinari, persone, dati, clienti lungo l'intera catena del valore”. L’idea di fondo è quella di fare dialogare il metalmeccanico con i servizi innovativi e con l’energia: “sinergie trasversali tra comparti differenti, una politica industriale regionale centrata sulle tecnologie e non sui settori, l’obiettivo di razionalizzare i centri di ricerca e tecnologici, che in Veneto sono circa un’ottantina”. La rete confindustriale veneta, quindi, lancia una nuova sfida che si interfaccia con il programma dedicato alla manifattura digitale che al Ministero dello Sviluppo Economico è in fase di studio (“Industry 4.0”) che entro il mese di marzo sarà sottoposto a consultazione pubblica per raccogliere riflessioni e proposte di tutti gli stakolder.
    Di fronte a queste realtà estremamente dinamiche e proattive quanto accade nei territori meridionali può davvero scoraggiare. Ma è evidente che la strada da seguire resta, invece, proprio quella di ispirare interventi e progettualità alle pratiche migliori qualitativamente, lasciandosi alle spalle approcci politici ed istituzionali che hanno prodotto soltanto sprechi e ritardi inconcepibili nella spesa effettiva dei fondi strutturali. Il punto sul quale richiamare l’attenzione è sempre lo stesso: è necessario un disegno di politica industriale al di fuori di vecchi stereotipi: i comparti trainanti, la rete delle eccellenze e via discorrendo. Occorre uscire da questa logica per ridisegnare la mappa delle opportunità di crescita di tutte quelle aziende che intendono investire sul proprio futuro accettando la battaglia dell’innovazione e della produttività ad alto tasso di tecnologia. Una partita certamente non facile, ma assolutamente da non perdere per non rimanere nelle retroguardie a galleggiare nel declino o, peggio ancora, nelle maree di percentuali fatte di uno zero virgola in più o in meno.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it
    @PappalardoE


Torna indietro Stampa

La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

  • thumbnail-small-1.jpg

    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


  • Il Convertitore Valuta è offerto da Investing.com Italia.