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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Censis/1. L’analisi dei flussi delle risorse private conferma un atteggiamento di grande cautela rispetto al breve e medio periodo.Il risparmio è ancora “cash” Ammonta a più di 4.000 miliardi di euro il valore del patrimonio finanziario delle famiglie. In quattro anni (giugno 2011-giugno 2015) si è registrato un incremento di 401,5 miliardi: +6,2% in termini reali.

    Sarà senz’altro vero che – principalmente al Nord – si intravedono in maniera sempre più netta i contorni di un embrione di ripartenza, ma, intanto, le famiglie confermano un atteggiamento di grande cautela verso il futuro. Insomma, gli anni più duri della recessione sono ancora ben presenti nella memoria collettiva e riescono ad influenzare in maniera consistente i comportamenti soprattutto nell’ambito dell’amministrazione dei risparmi personali. Al punto che il Censis parla di vera e propria “bolla del cash cautelativo”. E i numeri confermano in pieno le dimensioni più che consistenti del fenomeno. “Ammonta a più di 4.000 miliardi di euro il valore del patrimonio finanziario degli italiani. In quattro anni (giugno 2011-giugno 2015) - spiega il Censis - ha registrato un incremento di 401,5 miliardi: +6,2% in termini reali”. E ancora: “Negli anni della crisi la composizione del portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie ha sancito il passaggio a una opzione fortemente difensiva: il contante e i depositi bancari sono saliti da una quota pari al 23,6% del totale nel 2007 al 30,9% nel 2014, mentre sono crollate le azioni (dal 31,8% al 23,7%) e le obbligazioni (dal 17,6% al 10,8%)”. Per il Censis, quindi, “negli ultimi dodici mesi (giugno 2014-giugno 2015) si conferma l'opzione cautelativa degli italiani, con un incremento di 45 miliardi di euro della liquidità (+6,3%) e di 73 miliardi in assicurazioni e fondi pensione (+9,4%), e con la rinnovata contrazione di azioni e partecipazioni (10 miliardi in meno, pari a una riduzione dell'1,2%)”. Ma “nell'impennata delle quote di fondi comuni” si coglie “il  segno di un allentamento della morsa dell'ansia: 108 miliardi in più in un anno (+32,8%)”. I dati, inoltre, confermano che “il risparmio è ancora la scialuppa di salvataggio nel quotidiano, visto che nell'anno trascorso 3,1 milioni di famiglie hanno dovuto mettere mano ai risparmi per fronteggiare gap di reddito rispetto alle spese mensili”. E se proprio ritorna l’idea di investire, è sempre il mattone il principale attrattore di risorse. “Lo segnala il boom delle richieste di mutui (+94,3% nel periodo gennaio-ottobre 2015 rispetto allo stesso periodo del 2014) e l'andamento delle transazioni immobiliari (+6,6% di compravendite di abitazioni nel secondo trimestre del 2015 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente)”. Altro nuovo trend si configura nella “propensione a mettere a reddito il patrimonio immobiliare: 560.000 italiani dichiarano di aver gestito una struttura ricettiva per turisti, come case vacanza o bed & breakfast, generando un fatturato stimabile in circa 6 miliardi di euro, in gran parte sommerso”.
    E’ sempre predominante il clima di grande incertezza. “Quanto più lo Stato non rappresenta un baluardo sicuro per gli individui rispetto alle minacce al loro benessere - scrive il Censis - tanto più la politica deve farsi performance: deve tagliare con il passato ed essere percepita come veloce, efficace, risolutiva”. E l’Europa non convince affatto. “Solo il 23% degli italiani ritiene che l'Ue tenga opportunamente conto dei nostri interessi nazionali (contro una media europea, riferita ai rispettivi interessi nazionali dei diversi Paesi membri, pari al 40%), mentre due terzi (il 67%) sono convinti del contrario”. Ed è coerente con questo approccio un altro indicatore emerso dalla ricerca. “Gli italiani si distinguono per un livello di fiducia accordato alle diverse istituzioni politiche più basso di quello espresso dai concittadini europei: solo quote minime hanno fiducia nei partiti politici (9%), nel Governo (16%), nel Parlamento nazionale (17%), e la percentuale di quanti ripongono fiducia nell'operato delle autorità regionali e locali (il 22%) è meno della metà di quanto si riscontra in media nel resto del continente (47%). Bassi anche i giudizi di fiducia su Commissione Europea (39%) e Bce (35%)”.
    (Fonte: Com. St. censis.it/04.12.2015)


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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