Glocal di Ernesto Pappalardo
Non c’è niente da inventare, basta solo seguire l’esempio di quanto realizzato nel Centro/Nord.Se la Regione lavora con le imprese “Veneto Sviluppo SpA” per il secondo esercizio consecutivo ha approvato il bilancio in utile: nel 2013 con + 6,8 mln di euro, nel 2014 con + 4,5 milioni. Ed aumentano del 65% le aziende assistite attraverso gli strumenti agevolativi.
In tempi di efficientismo spinto e di ricerca esasperata di annunci – più che di cose concrete – forse è utile ritornare alla vecchia lezione di non sforzarsi troppo sul terreno delle invenzioni (cosa, peraltro, difficile e riservata a pochi, veri talentuosi), quanto, piuttosto, guardarsi bene intorno per provare a carpire i buoni esempi, sperando di essere in grado – almeno – di riuscire in una “copia” altrettanto valida e funzionale.
La domanda è semplice: che cosa può fare la Regione Campania per attivare meccanismi virtuosi a beneficio del sistema economico e produttivo?
Veneto Sviluppo SpA - si legge sul sito ufficiale (www.venetosviluppo.it) – “è la società finanziaria, partecipata al 51% dalla Regione del Veneto e per il restante 49% da dieci società afferenti a nove gruppi bancari nazionali, che contribuisce ad attuare le linee di programmazione economica dell'ente regionale attraverso l’attivazione e la gestione di specifici strumenti finanziari a favore delle piccole e medie imprese venete appartenenti a pressoché tutti i settori”. L'attività della società “consiste nell'assicurare alle Pmi l'accessibilità agli strumenti finanziari messi a diposizione, nel rafforzare l'operatività degli intermediari che in Veneto operano a favore della crescita del sistema produttivo e nel realizzare progetti di supporto allo sviluppo regionale in settori strategici”. Oggi, Veneto Sviluppo gestisce “per conto della Regione del Veneto, oltre 700 milioni di euro di finanziamenti agevolati”.
Ma non ci si limita a questo nel Nord/Est, perché “Veneto Sviluppo realizza, inoltre, interventi sul capitale di rischio delle imprese, agendo con il duplice ruolo di holding di partecipazioni e di finanziaria di investimento e avendo come obiettivi sia la promozione del tessuto economico veneto, costituito principalmente da Pmi, sia la creazione di condizioni di competitività complessiva del sistema territoriale e infrastrutturale regionale”. Ed anche in questo secondo caso i numeri parlano chiaro. Veneto Sviluppo interviene con operazioni condotte sia con risorse proprie, sia attraverso lo strumento del Patrimonio Destinato. Come per il 2013 sono 32 le società partecipate nel capitale da Veneto Sviluppo, per un portafoglio totale di investimenti pari a 30,7 mln euro.
Come funziona questo esperimento? Molto bene, perché (comunicato stampa dell’8 aprile scorso) “il Cda della Finanziaria Regionale ha approvato il bilancio 2014 che segna un utile netto di + 4,5 mln di euro”. Per il secondo esercizio consecutivo il bilancio è in utile: nel 2013 era stato infatti chiuso con un + 6,8 mln di euro. E per il secondo anno consecutivo il Cda “ha proposto all’assemblea dei soci di deliberare per l’esercizio 2014 un dividendo che per quest’anno è pari a 0,05 euro/azione, per un controvalore economico di circa 562.000 euro complessivi”.
Nella nota ufficiale si spiega che si è giunti a questo importante obiettivo “attraverso una politica di impieghi oculati e remunerativi, di riduzione progressiva dei costi fissi e della prosecuzione della nuova metodologia di approccio agli investimenti partecipativi in una logica di merchant, che ha inteso favorire sempre più l’ingresso nel capitale delle realtà produttive venete con forte tendenza a ricerca e innovazione, accrescendo inoltre in modo esponenziale gli interventi a sostegno dell’accesso al credito d’impresa, finalizzato agli investimenti produttivi e al riequilibrio del circolante delle aziende”. Questa logica gestionale ha favorito un incremento del 65 per cento - rispetto al 2013 - del numero delle aziende assistite “attraverso gli strumenti agevolativi, per un importo delle operazioni bancarie agevolate, garantite e riassicurate che è balzato da 1.328 mln euro nel 2013 a 1.998,1 mln euro del 2014”. “Un trend - si spiega sempre nella nota ufficiale - in continua crescita anche attraverso l’innovativo strumento della Riassicurazione del credito che ha incrementato del 1.031% il numero delle pratiche evase rispetto all’esercizio precedente (da 411 nel 2013 a 4.649 nel 2014), e che già nel primo trimestre dell’anno in corso ha portato alla valutazione di 4.000 domande pervenute agli uffici della Finanziaria Regionale”. Ma anche l’Area delle Partecipazioni “ha garantito l’apporto previsto all’utile aziendale, permettendo il realizzo di plusvalenze negli investimenti pari a 3,5 mln di euro”.
Si può solo aggiungere che tutto questo accade in Italia, lo stesso Paese al quale appartiene la Campania.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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