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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Le diamiche del mercato occupazionale dopo gli interventi di riforma del Governo.La sfida della produttività “Ora è il  momento di pensare ai contratti di partecipazione e alla connessione dei livelli retributivi con la redditività aziendale. Si dovrebbe procedere, inoltre, ad una nuova formulazione del contratto a progetto abrogato nel marzo di quest’anno”.

    Ripartiamo con un dato positivo: per le imprese con meno di 20 dipendenti la luce in fondo al tunnel appare meno sfuocata. Agosto è stato un mese ricco si spunti, come per esempio, il Decreto “Buona Scuola” che prevede una collaborazione attiva tra scuole e Regioni per dare, finalmente, seguito a quella formazione duale che permette agli allievi di fare “pratica” in azienda (parliamo del contratto di apprendistato di primo e terzo livello). Agosto si chiude con i dati positivi provenienti dalle aziende circa la ripresa della produzione e di conseguenza, si spera, delle assunzioni.
    Ma in questo contesto qual è il “merito” del Jobs Act? Sicuramente avere risvegliato gli animi e aperto gli occhi sulle difficoltà reali che le imprese affrontano: la competitività. Essere competitivi non è solo una questione di prodotto, ma anche di pricing: competere con chi ha costi più bassi perché assoggettato ad un regime contributivo e/o fiscale più vantaggioso di quello italiano è difficile. Spesso per i piccoli diventa impossibile. Fondazione Impresa nel suo Osservatorio Congiunturale sulla Piccola Impresa in Italia ci dice che il 60,5% delle aziende ha assunto nuovi dipendenti anche grazie agli sgravi contributivi offerti dal Jobs Act; il dato importante è che si tratta di aziende che avrebbero comunque assunto in modo stabile e che hanno solo usufruito di un’agevolazione che in parte rende meno onerosa la produzione e quindi un prezzo di mercato meno elevato. Come spesso accade i dati più incoraggianti arrivano dal Nord – Est seguito a ruota dal Nord–Ovest con un timido segnale dal Sud: il 75% delle imprese del NE vedono l’uscita dalla recessione entro la fine dell’anno mentre quelle del Sud solo 1 su 4 crede di superarla entro l’anno.
    Ci aspetta un autunno “caldo”: la produzione è in ripresa, lo sono anche le assunzioni ma il reddito pro-capite resta sotto la media europea. Anzi, il reddito diminuisce: in calo del 5,5% negli ultimi 5 anni (2008 – 2014 ultimi dati disponibili). Salerno e provincia fanno registrare un -3,82% rispetto al 2008 con un reddito medio di poco superiore ai 15mila euro annui. Dati scoraggianti che non fanno sperare in una forte ripresa dei consumi. Le politiche del governo,  quindi le azioni del Jobs Act, devono essere rivolte alla riduzione del gap del potere di acquisto che ci divide dai nostri concittadini europei.
    Abbiamo “rimandato” a settembre il Jobs Act perché ci si è concentrati sulla lotta alla precarietà e al lavoro dipendente, ora è il  momento di pensare, ad esempio, ai contratti di partecipazione e alla connessione dei salari con la produttività. Una nuova formulazione del contratto a progetto abrogato a marzo del 2015 sarebbe un ottimo inizio.
     
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    Jobs Act e mercato del lavoro: risultati da verificare
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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