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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Storie del cambiamento/Si annullano (o quasi) le distanze geografiche, mutano le “letture” della quotidianità.SARO & SAMI, i nuovi salernitani  Il racconto del pendolare salernitano che ogni giorno raggiungeva l’ufficio nella capitale. “La mia giornata sul Frecciarossa. Sveglia alle 4 del mattino e ritorno alle otto di sera, sperando nella corsa perfetta”. 

    di Ernesto Pappalardo
    In queste ultime settimane si è molto scritto (e parlato) di Salerno, della sua “identità” culturale, economica e produttiva, della sua prospettiva di futuro. La prima cosa che colpisce è che molti “pezzi” di realtà ormai ben sedimentata non vengono in alcun modo presi in considerazione da chi, pure, dovrebbe “organizzare” lo sviluppo. E, intanto, ci si attarda in retoriche narrative ancorate a quello che Salerno sarebbe potuta diventare è non è, purtroppo, diventata. Perché, probabilmente, Salerno resta una città dal profilo incompiuto. Né carne (industria innovativa, naturale laboratorio che si giova delle tecnologie messe a punto nel suo Ateneo); né pesce: città “light” tutta incentrata su turismo, servizi, “appeal” internazionale e via dicendo. Salerno, cioè, resta quello che è sempre stata. Una città di medie dimensioni che ama coltivare ambizioni troppo lontane dalla sua capacità concreta di generare ricchezza e standard di vita medio-alti (dal punto di vista reddituale, si intende). E’ questa la realtà dei numeri e non delle suggestioni, dei racconti, della propaganda strumentale da una parte e dall’altra della politica.
    Tanto è vero che anche a Salerno esistono nuovi “modelli antropologici”, persone in carne ed ossa che con la loro quotidianità dimostrano che il “pendolarismo” da lavoro è una linea costante che attraversa la città come avviene in tante altre aree del Mezzogiorno a causa di un problema molto evidente: la mancanza di occupazione (in tutte le sue declinazioni). E’ una criticità trasversale alle varie agglomerazioni sociali che ha prodotto nuovi “tipi” salernitani molto più vicini ai modelli delle regioni del Nord che del Sud. I treni ad alta velocità – per esempio – hanno generato il salernitano che è possibile definire “SARO”, ma esiste (più raro) anche il “SAMI”. Entrambi in ogni caso hanno di gran lunga rivisitato il classico “SANA”. Chi sono? Che cosa si nasconde dietro questi “codici” genetici innovativi che a noi raccontò in più conversazioni – anni fa – il professore Pasquale Persico? Si tratta di tutti quei salernitani che ogni giorno vanno a lavorare a Roma e, poi, rientrano a casa. Loro sono i “SARO”, persone che riescono a tenere il ritmo del tempo che fugge e che ci raccontano un’altra Salerno. Come fanno i meno numerosi “SAMI” che vivono più esperienze mensili sulla linea ferroviaria Salerno/Milano: genitori che “accudiscono” i figli studenti al Nord o che ricoprono incarichi importanti nella capitale dell’economia italiana o professionisti di alto livello presenti in consigli di amministrazione localizzati in Lombardia. Di fronte ai “SARO” o ai “SAMI” si percepiscono come molto antiche le “masse di “SANA” ancorati alle linee “Sita” in un pendolarismo arcaico che suscita – nei “SARO e nei “SAMI – addirittura tenerezza.
    Esistono anche i “SALO” (Salerno/Londra), i SACO (Salerno/Copenaghen) e tanti altri salernitani che respirano aria d’Europa: più per necessità che per diletto (purtroppo). Sono loro il vero volto nuovo di quello che questa città diventerà (ed in parte è già diventata). Basta scambiare due chiacchiere con il mio amico Agostino (vedi intervista in pagina) che per anni ha lavorato a Roma continuando a vivere a Salerno. Ci accorgeremo tutti che la nostra è una bellissima città del Sud, ma che, evidentemente, non riesce ad offrire opportunità di lavoro e di carriera adeguate a tanti giovani che sono cittadini del mondo al pari dei loro coetanei di Roma, Milano, Parigi e Londra. Sono loro i protagonisti, in carne ed ossa, di questi strani codici inventati in maniera geniale dal professore Persico.



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    Agostino Merola (45 anni il prossimo settembre) è stato un SARO per circa tre anni di seguito. Dottore in informatica, in questa intervista racconta la sua esperienza con grande lucidità, facendoci entrare in una dimensione che nella nostra città è molto più diffusa di quanto normalmente si pensi. “Sono stato conquistato dalla mia attuale azienda che in più momenti ha tentato di ingaggiarmi  e portarmi via dal contesto lavorativo nel quale ero prima inserito, proponendomi progetti che stimolavano fortemente il mio interesse professionale. Il problema era uno solo: avrei dovuto lavorare a Roma, allontanandomi dalla mia famiglia”. “Insieme con mia moglie Antonietta - continua Agostino - abbiamo superato le criticità che bloccavano la mia decisione ed ho accettato il trasferimento. All’inizio mi sono organizzato vivendo a Roma da solo, in un piccolo appartamento nella zona di Vitinia, ritornando a Salerno ogni fine settimana”. Ma dopo circa sei mesi - considerando i costi di vitto, alloggio, auto ed altro - Agostino si è accorto che le spese potevano essere ottimizzate, sfruttando l’abbonamento al “Frecciarossa” di Trenitalia sulla rete ad alta velocità che collega Salerno con Roma: inconsapevolmente aveva deciso di diventare un SARO. Anzi, un vero e proprio archetipo dei SARO, perché avrebbe fatto avanti e indietro per tantissimo tempo. 
    “In questo modo - evidenzia Agostino -  non solo avrei risparmiato, ma, soprattutto, sarei stato a casa ogni sera. Ricordo ancora le telefonate che ci scambiavamo durante la settimana con mia moglie e mia figlia Lucia che era molto piccola (aveva poco più di 2 anni all’epoca). E’ stato proprio per stare vicino a lei che ho deciso  di diventare pendolare ogni giorno ”.
    La giornata tipo.
    Ma che cosa significa essere un SARO? Sveglia alle 4.15 del mattino; uscita di casa circa un’ora dopo per raggiungere la stazione di Salerno (sfidando, naturalmente, anche le intemperie più aspre); attesa fiduciosa del “Frecciarossa”; individuazione dei compagni di viaggio con cui condividere il “posizionamento” perché - spiega Agostino - questo è un presupposto necessario per affrontare il viaggio in sicurezza (svegliandosi così presto la mattina è facile prendere sonno ed è preferibile conoscere bene i propri vicini)”. Subito dopo scattava l’approfondita ricerca di “un posto libero dove poter trascorrere qualche minuto di riposo  con la speranza che proprio quella postazione non fosse stata assegnata ad alcun passeggero. Perché i viaggiatori abbonati non hanno diritto ordinariamente al posto fisso (per beneficiare di un posto fisso è necessario fare fronte ad un’ulteriore spesa a parte)”. Partiti da Salerno occorre superare lo “scoglio” di Napoli. Perché? “Perché se a Napoli non sale alcun viaggiatore che ha prenotato proprio quel posto dove il SARO si è allocato, il viaggio può dirsi in discesa. Altrimenti si può trasformare in un’avventura: alla stazione di Napoli il treno ingoia quasi sempre il flusso maggiore di passeggeri. Dopo è praticamente impossibile trovare facilmente una poltrona libera e sicura”. Il SARO (senza supplemento), insomma, corre ogni mattina il serio rischio di restare in piedi o di doversi adagiare scomodamente nei disimpegni del treno. A venti minuti da Roma inizia, poi, il “rito” della conquista del primo vagone in testa per agevolare la discesa e “guadagnare metri per raggiungere più in fretta possibile la metropolitana che nelle prime ore del mattino è un esasperato formicaio vivente”. Ma la giornata di lavoro vero e proprio ancora non è iniziata. 
    Il vero lavoro.
    Alle 8.35, entrando in ufficio, scattava, in realtà, anche il conto alla rovescia per il ritorno che, però, era meno legato “ad orari rigidi – dice Agostino – in quanto  spesso non lasciavo l’ufficio sempre alla stessa ora ed il viaggio andava affrontato tenendo conto della partenza del  primo Frecciarossa disponibile diretto a Napoli. E giunti a Napoli si attendeva la coincidenza regionale per Salerno che talvolta impiegava più tempo del Frecciarossa da Roma a Napoli”. “Per non parlare - aggiunge Agostino con i toni della disperazione -  degli enormi ritardi causati da vari imprevisti (treno rotto, interruzione sulla linea, furto di rame sull’ultimo tratto di linea ferrata tra Salerno e Napoli, sciopero ed invasione dei binari, etc etc.)”.  Rientro a casa, in genere, entro le 20.30 (uscendo alle 17.30, ma, qualche volta anche entro le 18.00, uscendo intorno alle 15/15.30). 
    I pensieri del SA/RO.
    Ma che cosa resta di questa prolungata “avventura”? “Certamente la stanchezza – risponde Agostino – ma anche la soddisfazione di essere riuscito a tenere insieme lavoro e famiglia. Non so come, ma ho ricoperto in quei lunghi tre anni vari incarichi non sempre semplici: ingegnerizzare processi e creare  algoritmi. Ho utilizzato il mio tempo in treno per rinchiudermi in totale riflessione e con una costanza quasi sistematica ho analizzato le giuste soluzioni per i miei problemi sul lavoro. In poche parole il treno era diventato per me il luogo dove riflettere approfittando della mia solitudine di SARO”.
    E, poi, aggiunge Agostino, “la sera era una grande gioia riabbracciare la mia città e farmi accarezzare, uscendo dalla stazione, da quel gradevole zefiro che contraddistingue Salerno. Insomma, un sacrificio sicuramente grande, ma ne è valsa la pena”.
    Ps. Dopo una tappa intermedia a Napoli, Agostino Merola ha fatto carriera ed è il responsabile di agenzia della sua azienda a pochi chilometri da Salerno. 


    Agostino Merola, SARO per circa tre anni
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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