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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il silenzio degli invisibili

    Fa malinconia osservare come il deterioramento inesorabile della qualità della vita – soprattutto delle fasce socialmente più deboli – in provincia di Salerno non susciti più alcuna significativa reazione da parte della politica, dei partiti (o di quello che ne resta) ed in larga parte della stesse istituzioni. Tutti continuano imperterriti il proprio cammino verso orizzonti di effimero consenso, di sterile e – incredibile, ma accade (vedi alla voce 25 aprile) – perfino “ideologica” polemica. Insomma, fa malinconia assistere al materializzarsi di uno scenario angosciante: da un lato i fatti che accadono nel mondo reale; dall’altro i “fattoidi” che si agitano come se fossero animati da vita propria in scenari anacronistici, ma, purtroppo ancora invasivi. Nel bel mezzo il mondo del fare, delle produzioni e del lavoro, che non può non porsi il problema di andare avanti. In affanno sempre più incontrollabile si “industriano” vasti arcipelaghi di persone che non intravedono niente di buono nemmeno a lungo termine: piccoli, piccolissimi imprenditori, disoccupati di fresco licenziamento o di lunga durata, e poi una serie interminabile di variazioni sul tema del precariato più puro: giovanissimi professionisti, professionisti già sperimentati, partite “Iva” vere o “false” (ma comunque instabili), ditte individuali, stagisti, contrattisti a termine e via discorrendo (per non parlare del nero e del sommerso). Per tutti questi soggetti non esiste una rete sociale di contenimento del disagio: nessuno – nessuno – se ne preoccupa minimamente. Ognuno deve fare per sé. Non hanno nemmeno, in larga parte, accesso alla rappresentanza. La triste conferma del 1° maggio che si avvicina è che in piazza ci saranno solo quelli che hanno conservato almeno la voce: una silenziosa e sempre più numerosa moltitudine resterà, invece, a casa. Nell’unica micro-cellula che le può dare accoglienza: la famiglia, che è ancora il più consistente e capillare ammortizzatore sociale che il Mezzogiorno miracolosamente continua a conservare. Si dirà che non è un problema eminentemente locale. Si dirà che è il problema delle società “globali” avanzate; è il problema del Sud che non è parte integrante ed effettiva dell’Italia e dell’Europa. Si dirà, insomma, che “è il mercato, bellezza”. E, invece, fa veramente malinconia constatare che - di fronte al disastro annunciato di una “selezione naturale” che in provincia di Salerno lascerà sul terreno la stessa identità produttiva - si preferisce giocare “al futuro” senza provare responsabilmente a gestire il presente. Ritorna in mente la saggezza di Putnam e la sua teoria del capitale sociale, unica via d’uscita in una situazione che è banalmente il frutto di una corsa sfrenata all’accaparramento di risorse pubbliche in nome di presunti interessi collettivi. Dice Putnam che il capitale sociale è “[…] l'insieme di quegli elementi dell'organizzazione sociale - come la fiducia, le norme condivise, le reti sociali – che possono migliorare l'efficienza della società nel suo insieme, nella misura in cui facilitano l'azione coordinata degli individui”. Compaiono insistentemente in questa visione due concetti-chiave: fiducia e reti sociali. Due assenze che da sole spiegano la deriva negativa del quadro socio-economico provinciale. In altre parole, non esiste più una visione non particolaristica, non si ravvisa più il senso di un bene più alto, la spinta ad un modello di crescita che tuteli tutte le parti in campo, rispettando ruoli, competenze, funzioni. Se questi sono i presupposti, parlare di “sindacato del territorio” rischia di diventare un'altra battaglia persa. E, allora, non resta che sperare nei tanti fermenti che in queste ultime settimane sono apparsi - ancora in una forma embrionale e, quindi, non del tutto decifrabile - esclusivamente nei mondi a più stretto contatto con le problematiche quotidiane del fare impresa, del lavoro e dell’occupazione. E’ da questo versante che può prendere forma l’animazione del territorio inteso come soggetto che è patrimonio di tutti, il vero bene da “mettere a sistema” e da rendere attrattivo, competitivo, in grado di posizionarsi al meglio nella sfida ineludibile – questa sì – per giocare con le carte giuste al tavolo del futuro. E, per piacere, non veniteci a parlare ell’indispensabilità “democratica” e “partecipativa” di questa politica e di questi partiti: rischia quasi di sembrare una battuta di pessimo gusto. Buon 1° maggio a tutti, ma soprattutto a quanti non saranno in piazza, con l’auspicio che ritrovino al più presto almeno la speranza. ERNESTO PAPPALARDO direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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