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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Il monitoraggio Unioncamere riferito ad aprile 2015 segnala 650 imprese in più rispetto alla fine del 2014.Al Sud start up innovative in crescita Il Mezzogiorno supera di poco il Centro. La regione meridionale capofila è la Campania (225 aziende), con la provincia di Napoli (114) che occupa la quinta posizione nella graduatoria nazionale. 

    Non si arresta la crescita delle start-up innovative in Italia: gli ultimi dati Infocamere elaborati dal Centro Studi Unioncamere (aggiornati a fine aprile 2015) ne rilevano 3.850 unità, circa 650 in più rispetto alla fine del 2014. Ideate dal legislatore nel 2012 (D.L. 179/2012), con l’obiettivo di innalzare la competitività del tessuto produttivo nazionale dando spazio allo spirito di iniziativa di nuovi imprenditori attivi sul versante dell’innovazione tecnologica, già nel 2013 hanno sfiorato le 1.300 unità, ma hanno avuto un ulteriore boom nel 2014, quando ne sono nate ben 1.829.
    I settori.
    E’ il settore dei servizi avanzati (produzione di software, R&S, servizi ICT, studi di ingegneria e altre attività professionali, scientifiche e tecniche), con il 73% delle imprese, a rappresentare il principale ambito operativo delle start-up innovative; aggiungendo l’insieme dei servizi il dato complessiva arriva al 77%. A questi fanno seguito il settore manifatturiero (18%) -  in cui i comparti collegati all’ICT, ossia la fabbricazione di computer e le altre tecnologie di base, come le strumentazioni elettriche ed elettroniche, costituiscono la fetta più rilevante - e il settore del commercio con il 4% delle imprese iscritte, mentre risulta ancora trascurabile la presenza di start-up innovative nel turismo e nell’agricoltura. Tra i due ulteriori ambiti cui il legislatore ha destinato incentivi ad hoc, ossia l’energia e il sociale, solo le start-up ad alto valore innovativo in campo energetico hanno ottenuto un discreto riscontro, pari al 12% del totale (pari a 442 unità), mentre quelle a vocazione sociale non riescono ancora a raggiungere la doppia cifra in termini relativi.
    Le aree geografiche.
    Anche se il Mezzogiorno non resta indietro ma, anzi, addirittura supera il Centro per numero di start-up presenti sul proprio territorio, è il Nord Ovest a rappresentare l’ambito territoriale in cui si concentra il maggior numero di start-up innovative (circa il 31% del totale), con in testa le best performer Lombardia (842), a livello regionale, e Milano (559), a livello provinciale. A seguire le regioni del Nord Est (con un ulteriore 26% del totale), grazie alla seconda posizione, tra le regioni, dell’Emilia Romagna (463), mentre a livello provinciale spiccano Bologna e Modena (rispettivamente in quarta e sesta posizione). Il Mezzogiorno supera di poco il Centro (rispettivamente, 22% e 21% delle start-up insistenti nel corrispondente territorio), ma in realtà è il Centro a esprimere, con la regione Lazio (366) e la provincia di Roma (318), la terza regione e la seconda provincia per contributo al fenomeno. La realtà regionale capofila per il Mezzogiorno è la Campania (225), con la provincia di Napoli (114) a occupare la quinta posizione nella specifica graduatoria nazionale. 
    I numeri.
    Nella  gran parte dei casi (poco meno del 90%) le start-up innovative hanno conseguito un fatturato complessivo che non supera i 50 mila euro  e occupano meno di 5 addetti. Se da un lato il numero dei dipendenti coinvolto potrebbe sembrare ridotto (3.000 unità - dati Infocamere al I trimestre 2015), è comunque da non sottovalutare l’effetto indotto sui soci coinvolti nelle attività d’impresa (che si avvicina a 15mila unità, sempre al I trimestre 2015). Per quel che concerne il ruolo della componente giovanile è da sottolineare che nel  23,7% delle 3.711 start-up registrate al 31 marzo 2015 la compagine societaria ha una prevalenza giovanile (under 35, con una quota che risulta di quattro volte superiore rispetto a quella riferita, nel complesso, alle società di capitale giovanili (6,4%). Allargando ancora la visione sui giovani, ammontano a 1.526 le società in cui almeno un giovane è presente nella compagine societaria e/o nell’organo amministrativo, corrispondente al 41,1% del totale delle start up, rispetto a un rapporto del 13,6% se si considerano le società di capitali con presenza giovanile.
    L’indagine di Unioncamere.
    Unioncamere, nell’ambito del Sistema Informativo Excelsior, realizzato in collaborazione con il Ministero del Lavoro, ha condotto un’indagine su un campione di 630 start-up innovative con l’obiettivo di misurare la capacità che queste aziende esprimono di attivare occupazione di qualità.
    Dal punto di vista delle dimensioni del mercato di riferimento quasi un quarto delle start-up per cui è stato possibile raccogliere informazioni si rivolge al mercato internazionale (quota che sfiora un terzo del totale nel caso del manifatturiero) e, all’opposto, solo il 6% a un mercato prevalentemente locale. Il capitale iniziale per l’avvio della start-up, in generale, è abbastanza modesto (nel 37% dei casi è stato inferiore ai 10 mila euro).
    Per il 2015 tre quarti delle start-up si dichiara attivamente alla ricerca di personale aggiuntivo rispetto a quello già presente in azienda, con un picco in corrispondenza delle imprese dell’Ict. Il grado di specializzazione richiesto al personale da inserire è decisamente elevato: nel 57% dei casi la preferenza va verso candidati in possesso di una laurea, ma addirittura un ulteriore 20% dovrebbe essere ricoperto da profili con formazione post-universitaria, anche in continuità con l’esigenza di mantenere un forte legame con le frontiere tecnologiche più avanzate, su cui il progetto imprenditoriale si è originariamente fondato. Gli indirizzi maggiormente richiesti sono quelli dell’area ingegneristica (che copre la netta maggioranza dei profili ritenuti più adatti alle start-up) e quelli dell’area scientifica, seguiti dalle figure con formazione economica. 
    Per le collaborazioni da attivare nel 2015, poco più di un quinto delle start-up (21%) assumerà la nuova risorsa a tempo indeterminato, una quota analoga (22%) si avvarrà, invece, di collaborazioni con partita Iva e un ulteriore quinto (20%) stipulerà contratti a tempo determinato. Tra le restanti modalità, ai contratti a progetto sarà destinato un 12% delle collaborazioni e un significativo 8% all’apprendistato.
    (Fonte: unioncamere.it/22.05.2015)


    Start up: Campania regione capofila nel Mezzogiorno
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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