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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Tra scambi di accuse ed inconsistenza di proposte programmatiche si arriva finalmente al voto.La (brutta) lezione della campagna elettorale Da lunedì - ammesso che non ci siano ulteriori “code” tecnico/giuridiche - si apre la vera e difficile partita per rimettere in moto le dinamiche socio-economiche della Campania.

    Game over. La girandola di polemiche, accuse, inutili recriminazioni su quello che poteva essere e non è stata (la campagna elettorale) va in archivio, lasciando profondamente disorientati i cittadini della Campania. La sensazione è che sia stata una discutibile traversata nel deserto. Il deserto della politica (quella che dovrebbe porsi come primo obiettivo la tutela degli interessi pubblici); il deserto delle idee (quelle che alla fine contano e fanno la differenza tra territori evoluti e territori ai margini dell’Italia e dell’Europa); il deserto della condivisione e della partecipazione al processo democratico per eccellenza: la selezione delle persone che incarneranno il volto delle Istituzioni. Abbiamo assistito, invece, ad uno spettacolo a tratti indecoroso, ma, soprattutto, poco rispettoso delle nostre comunità. Uno spettacolo che lascia l’amaro in bocca per la rappresentazione della Campania che abbiamo offerto al resto del Paese (e non solo). Abbiamo dato la sensazione che dalle nostre parti tutto è opinabile; tutto è possibile; tutto può essere vero o falso (basta soltanto cambiare angolo prospettico); tutto è appeso ad un filo impalpabile che solo le schede che si conteranno nella notte tra domenica e lunedì potranno (forse) rendere più intelligibile.
    Ma, invece, fin da adesso diventa quasi impossibile farsi una “ragione” del “paesaggio” socio/politico che è emerso, constatando l’incertezza del diritto da un lato e la perseveranza nella descrizione di una Campania che è davvero difficile scorgere dall’altro; i paradossi di candidature prima accettate nelle liste e poi ripudiate; la disgregazione irreversibile del blocco politico/partitico che portò alla vittoria il centrodestra cinque anni fa ed una troppo “vasta” aggregazione - al di la di ogni ragionevole confine - del centro/sinistra.
    Insomma, c’è ampio spazio per la protesta contro la politica ed i partiti: la protesta che non vuole più ascoltare alcuna “narrazione” ad uso e consumo del circuito mediatico e che aspetta di manifestarsi attraverso due possibile strade: il rifiuto di partecipare al voto e di “contaminarsi” con questi partiti e con queste improbabili “coalizioni”; la scelta determinata di portare in Consiglio Regionale l’espressione del rifiuto e del dialogo con questo consesso politico.
    Ma il vero problema che appare in tutta la sua gravità, forse, è un altro. Da lunedì mattina – messi da parte i toni elettoralistici (ed ammesso che non ci siano ulteriori, non brevi “code” procedimentali) – i cittadini della Campania saranno ancora più soli con i loro problemi di ogni giorno. Perché quello che spaventa maggiormente è la mancanza di una visione per il nostro futuro capace di fare presa nel corpo sociale e di stimolare la voglia di riscatto collettivo. Dopo la grande e devastante crisi economica, la Campania deve affrontare un nuovo dopoguerra. Ne sono testimonianza le macerie del tessuto produttivo che gli ultimi tre Governi - in combinato disposto con il rigore tecnocratico di marca tedesca imposto dall’Unione Europea - hanno lasciato sul campo e la povertà di fasce sempre più ampie di popolazione. Due macigni che il nuovo governatore troverà sulla sua strada. Un cimento troppo grande per essere affrontato in solitaria. Non basteranno uomini della Provvidenza (a qualsiasi schieramento politico appartengano) o sequenze di slide o proclami e “sentenze” di vario genere. Né rassicura l’atteggiamento verso il Mezzogiorno del Governo in carica: a conti fatti, fino a questo momento, le dinamiche degli investimenti e la spending review sono state ampiamente penalizzanti per il Sud. Anzi, abbiamo assistito soltanto a processi sottrattivi e non aggiuntivi.
    I cittadini della Campania da lunedì mattina saranno più soli perché ci vorrà tempo - alla luce di quanto abbiamo ascoltato in questo ultimo periodo -  per aprire spiragli di futuro meno tristi. L’eredità di questa campagna elettorale certifica che la strada della rinascita è molto lunga e che l’unica speranza è da riporre nel senso di responsabilità di coloro che si ritroveranno a governare questa regione. Finita la prova di forza, sarà indispensabile recuperare la cultura del dialogo e non dello scontro. Non c’è più spazio per leaderismi sterili o per vagheggiamenti demagogici.
    La nuova stagione della Campania - che è una necessità vitale, prim’ancora che un programma di rinascita economica e sociale - potrà prendere forma soltanto dimenticando in fretta questa brutta ed inutile campagna elettorale.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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