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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Nelle aree più dinamiche si riafferma il principio del dialogo tra gli attori dello sviluppoRicette anti-crisi? Made in Toscana Regione, associazioni di categoria e sindacati hanno siglato un accordo per tutelare trasparenza, tracciabilità e sostenibilità della filiera della pelletteria.

    Anno nuovo, idee nuove? L’argomento è sempre lo stesso. Che cosa possono fare - realisticamente - le istituzioni locali per sostenere in maniera concreta e non astratta il sistema economico e produttivo? Che cosa significa (all’atto pratico) individuare una strategia capace di assecondare e rafforzare gli asset che funzionano e che dimostrano sul campo di conferire competitività, valore aggiunto, occupazione ai territori? Mentre al Sud ed in Campania da questo punto di vista si muove poco o niente, sono proprio le regioni dove i numeri indicano trend meno negativi che realizzano modelli di intervento innovativi e – come confermano i numeri – più funzionali rispetto all’esigenza di aiutare le aziende a combattere gli effetti di un ciclo recessivo estremamente lungo.
    In Toscana il comparto della pelletteria rappresenta uno dei riferimenti centrali nell’ambito delle eccellenze legate al “Made in Italy”. Nei giorni scorsi la Regione con le associazioni delle imprese e con i sindacati ha firmato un protocollo d’intesa che punta a rendere sempre più tracciabile, trasparente e sostenibile l’intera filiera di questo particolare ambito produttivo. Si tratta di  “un'alleanza - è scritto in una nota pubblicata sul web (www.regionetoscana.it; Toscana Notizie del 23.12.2014)  - che vede insieme istituzioni, imprenditori e organizzazioni sindacali e che punta all’ulteriore valorizzazione di un settore di punta dell'economia toscana per volume di esportazioni e qualità delle lavorazioni, numero di addetti e di imprese e che vede concentrarsi alcuni fra i più conosciuti marchi a livello mondiale”. Proprio per queste motivazioni si è deciso di puntare ad “un ulteriore salto di qualità, con una scelta che si basa sulla condivisione con il territorio di un programma che ha per obiettivo la trasparenza e la legalità e che può costituire un altro fattore di competitività e promozione del Made in Italy sui mercati internazionali”. Nello specifico gli obiettivi prioritari sono cinque: lo sviluppo di sinergie fra sistemi di mappatura, tracciabilità della pelletteria, sostenibilità economica della filiera e sistemi di controllo delle istituzioni pubbliche; definizione di standard di tracciabilità per disincentivare la concorrenza sleale lungo la catena della subfornitura; la condivisione e il reclutamento di imprese della pelletteria che aderiscano al progetto; l'individuazione dei fabbisogni formativi legati ai nuovi sistemi di tracciabilità e certificazione; la sperimentazione di sistemi di controllo innovativi, sviluppati con il contributo di Camere di Commercio ed enti tecnici”. Ben chiari anche i ruoli che ciascuno dei soggetti firmatari è pronto ad assumersi. La Regione varerà incentivi come sgravi Irap ed inserirà premialità e riserve sui bandi regionali per gli aiuti alle imprese e per la formazione. Le associazioni di categoria e i sindacati “lavoreranno per reclutare le aziende, invitandole ad aderire ad un sistema di monitoraggio congiunto, per difendere efficacemente la legalità dell'intera filiera. Un valore aggiunto che servirà a combattere la contraffazione e il lavoro sommerso, a rendere più stringenti i controlli e, in ultima analisi, a rendere più competitive le imprese”.
    Ma questo protocollo, naturalmente, è anche il frutto di un percorso intrapreso da tempo perché si inserisce nel “Progetto legalità” della Regione Toscana (al quale hanno aderito associazioni di categoria e sindacati dell'area fiorentina) che “ha definito linee guida e introdotto standard di riferimento per la subfornitura, attivando progetti condivisi per migliorare la sostenibilità ambientale delle produzioni”.
    Colpisce che nei documenti inerenti questo tipo di intesa ricorra spesso il concetto di condivisione. Insomma, Istituzioni, imprese e sindacati, partendo dal basso, si ritrovano insieme sullo stesso fronte e con un unico obiettivo: fare crescere l’economia, tutelare ed incrementare i posti di lavoro, creare le condizioni a supporto delle imprese ed in grado di attrarre nuovi investimenti. Una ricetta che, invece, al Sud, in Campania ed in provincia di Salerno proprio non riesce a trovare consensi (in senso pratico e non soltanto in trite e ritrite declamazioni mediatiche).
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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