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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • L’indagine di Unioncamere sulle aspettative del sistema economico e produttivo
    Il 2015? “Difficile” per le imprese del Sud Giudizio “pessimistico” da parte delle aziende meridionali sulla base di una domanda interna prevista ancora in forte calo e di un mercato del lavoro giudicato sempre “in affanno”.

    Le imprese del Sud vedono ancora “nero” per il 2015. Le previsioni della domanda interna sempre in forte calo e del mercato del lavoro in contrazione si rivelano determinanti nella “costruzione” di uno scenario che conferma l’avvio del nuovo anno in un clima di difficoltà nel Mezzogiorno in conseguenza di una minore capacità di impattare positivamente sui mercati esteri. I dati sul sentiment degli imprenditori meridionali sono contenuti all’interno dell’Eurochambres Economic Survey 2015, l’indagine (qualitativa) realizzata ogni anno dai sistemi camerali europei per mettere a fuoco le aspettative delle aziende sulla base di un questionario condiviso tra tutti i Paesi aderenti. Quest’anno sono state ascoltate 60mila imprese.
    Se si entra nello specifico dell’analisi dedicata alle aree meridionali, emerge una visione persistente in campo negativo: “(…) ancora pessimistico - si legge in una nota illustrativa diffusa da Unioncamere nei giorni scorsi - è il giudizio delle attività produttive del Mezzogiorno (saldo -4,4 punti), trainato da una domanda interna prevista ancora in forte calo (-10,7 punti il saldo fra le attese di aumento e quelle di diminuzione) e da un mercato del lavoro in forte affanno (-21,2 punti) .
    Le altre macro-aree.
    Diverso il clima imprenditoriale nelle altre macro-aree del Paese. “A guardare al prossimo anno con migliori aspettative - scrive sempre Unioncamere - sono soprattutto le imprese del Nord-Ovest e del Centro: rispettivamente a +6,6 e +5,2 punti percentuali ammonta il saldo tra attese di incremento e di diminuzione degli affari”. Più “caute” sono, invece, definite quelle del Nord-Est (+2,9). Il settentrione “nel suo complesso manifesta le migliori attese relativamente alla crescita delle esportazioni (+45,5 e +41,2 punti percentuali il saldo del Nord-Ovest e del Nord-Est), mentre è il Centro l’unica ripartizione che presenta un saldo positivo relativamente alle previsioni di vendita sul mercato interno (+2,6 punti)”. Il Nord-Est “brilla sul fronte investimenti: +12 punti percentuali la differenza tra aumento e diminuzione nel 2015, superiore di oltre 8 punti alla media nazionale”.
    L’analisi di Unioncamere.
    A livello generale “il sistema produttivo - evidenzia Unioncamere - inizia a credere nella ripresa economica attesa per il 2015. Quasi il 48% delle imprese del nostro Paese confida in una sostanziale stabilità degli affari, il 27,7% invece ritiene che le cose andranno meglio mentre un ulteriore 24,4% si mostra pessimista”. Il sentiment complessivo, in ogni caso, “torna positivo, visto che la differenza tra attese di aumento e di diminuzione del giro d’affari è pari a 3,3 punti percentuali. Un bel recupero rispetto ai -12,8 punti percentuali che accompagnano l’analogo giudizio relativo al 2014, ma ben al di sotto dei 10,6 punti di saldo registrati come media tra tutti i Paesi che hanno partecipato all’indagine”.
    Il ruolo centrale del mercato estero.
    “A trainare, dicono le nostre imprese - sottolinea Unioncamere - sarà il mercato estero: +40,9 punti percentuali il saldo tra attese di incremento e di diminuzione delle esportazioni, con un 49,1% di imprese industriali che si schiera decisamente a favore di un aumento delle vendite estere e solo l’8,2% che è convinto di una loro diminuzione”. “Decisamente modeste - continua la nota di Unioncamere - le attese riguardanti una ripresa del mercato interno: il 53% del tessuto produttivo italiano ritiene infatti che le vendite all’interno dei nostri confini nazionali saranno stabili, il 22,1% che esse miglioreranno e il 24,9% che diminuiranno. Il saldo, quindi, risulta negativo per 2,8 punti percentuali ma comunque in forte recupero rispetto al pre-consuntivo per il 2014 (-13,6), evidenziando quindi le grandi difficoltà ancora vissute dal nostro sistema economico rispetto agli altri Paesi europei, che in media, per questo indicatore, registrano un saldo positivo di 10,6 punti percentuali circa le previsioni per il 2015”. 
    Occupazione ancora in calo.
    Il mercato del lavoro rimane l’anello più debole. “Anche sull’occupazione le nostre imprese dell’industria e dei servizi si mostrano estremamente caute: il 66,2% propende per una stabilità del mercato del lavoro nel 2015, il 12,1% per una ripresa e il 21,6% per una riduzione dell’occupazione, per un saldo di -9,5 punti percentuali, in miglioramento rispetto ai -13,7 punti attesi per la fine del 2014 ma ancora ben distanti dal +5,2 rilevato per l’insieme dei Paesi europei oggetto dell’indagine”.
    Investimenti in ripresa.
    Nel 2015 “dovrebbero crescere gli investimenti: ammonta a +7,6 punti percentuali il saldo tra previsioni di un loro aumento e diminuzione, oltre 2 punti percentuali in più di quanto previsto per il 2014 e sostanzialmente in linea con la media europea (+8)”.
    Clima migliore negli altri Paesi Ue.
    Rispetto agli ultimi anni, nei vari Paesi oggetto dell’indagine “risulta chiaro un miglioramento del clima degli affari, soprattutto a seguito di un diffuso innalzamento del livello della domanda interna e di un dinamismo sempre maggiore delle vendite all’estero”. Spagna e Portogallo “vedono un sensibile miglioramento delle prospettive economiche rispetto al passato, trainate sia dalla domanda interna che dall’export. Le imprese tedesche appaiono invece più caute degli ultimi due anni, pur restando le previsioni ancora in territorio prevalentemente positivo”.
    Le tensioni geopolitiche “frenano l’export della maggior parte dei Paesi dell’Europa centrale (la Germania si ferma solo a +15 punti), tanto che il saldo fra previsioni di aumento e diminuzione delle vendite all’estero delle imprese italiane (+40,9) risulta secondo solo a quello della Spagna e del Portogallo (rispettivamente, +59,0 e +65,9 punti percentuali)”. La domanda interna sembra riprendere quota in quasi tutti i Paesi, “eccezion fatta per l’Italia (come visto, -2,8 punti il saldo fra aumenti e diminuzioni attesi per il 2015), per l’Ungheria (-17 punti), l’Austria (-19,2) e, soprattutto, la Grecia (-30,3)”. Anche l’occupazione dovrebbe quindi risentirne positivamente in molti casi, “ma solo un più deciso slancio degli investimenti (che per il 2015 non sono previsti in deciso aumento rispetto al passato per la maggior parte dei Paesi oggetto dell’indagine) potrebbe sostenere un innalzamento della capacità delle imprese di creare posti di lavoro stabili”.
    (Fonte: unioncamere.it/30.12.2014)


    Previsione fosche per le imprese meridionali nel 2015
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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