Glocal di Ernesto Pappalardo
Mentre in altri territori risulta fondamentale il “gioco di squadra” tra pubblico e privatoLa crisi? “Corre” tra i vuoti della politica
La mancanza di una visione “lunga” e condivisa per arginare i riflessi negativi del ciclo congiunturale continua a “pesare” come un macigno sulle prospettive di “ripartenza”
L’anno che si è appena concluso lascia tanta confusione alle spalle. Una scia di parole, di analisi, di numeri, di statistiche che alla fine - al di la della (purtroppo) ovvia constatazione di un permanente ciclo negativo dell’economia - delineano lo scenario più preoccupante di tutti: il venire meno della coscienza di un’identità produttiva locale forte, chiara, effettivamente condivisa. Insomma: la sensazione è che sia scattato da tempo il “rompete le righe”, il “si salvi chi può”. Tutti in ordine sparso - istituzioni, imprese, associazioni, enti di rappresentanza - perché si è perso per strada il filo comune di un discorso “alto”, “lungo”, capace di fare sintesi tra i vari e legittimi interessi che restano in campo. Si è completamente sbriciolato quello che una volta si poteva individuare nel “sentire comune”, nell’idea che una comunità aveva di sé in termini di capacità produttiva, di progettualità, di visione strategica dei problemi da affrontare e delle risposte da attrezzare per superare i momenti di difficoltà.
E, allora, si è configurato il “meccanismo” delle “supplenze”, dei facili e poco costruttivi protagonismi, dello “scambio” più o meno interessato dei ruoli e perfino delle competenze. A vantaggio di chi? Per realizzare che cosa? Il nulla che trasmigra da un convegno all’altro, da un’intervista all’altra, da una conferenza stampa all’altra. Mentre i problemi veri restano irrisolti e gli annunci vengono diffusi come risoluzioni già belle e pronte delle emergenze che si trascinano da anni e anni.
Lo svuotamento dei poteri decisionali ed operativi delle Istituzioni più vicine ai territori - e la riduzione progressiva dei trasferimenti - è andato di pari passo con il consolidamento dell’evanescenza della politica e dei partiti. Illuminante l’indicatore della stima che i cittadini ormai hanno di queste “entità”. Solo il tre per cento guarda con favore al loro operato (indagine Demos apparsa su Repubblica di domenica 28 dicembre). “Una conferma - ha spiegato Ilvo Diamanti - del clima di sfiducia che mette apertamente in discussione la democrazia rappresentativa. Interpretata, in primo luogo, proprio dai partiti, insieme al Parlamento”.
In questo quadro drammatico come stanno reagendo i territori? Quali dinamiche sono già in atto, per esempio, nelle aree geografiche più economicamente avanzate di questo nostro Paese? Che aria tira? In realtà, sta accadendo quello che è più logico avvenga. Si sta puntando con decisione su due aspetti fondamentali: l’aumento della produttività delle imprese e della capacità attrattiva di investimenti privati. Nelle zone dove l’economia ha retto meglio hanno pensato bene di guardare avanti, di cercare altri mercati, di trovare il punto di equilibrio tra le esigenze dei lavoratori ed i margini di gestione aziendale. L’esempio “Electrolux” resta il riferimento centrale anche per i prossimi mesi: azienda, sindacati e filiera istituzionale hanno fatto squadra, hanno scritto un nuovo patto di sopravvivenza (se così si può dire) e hanno intrapreso un percorso fortemente innovativo. La parola/chiave per il 2015 anche in provincia di Salerno è, quindi, “fare squadra”, remare tutti insieme nella stessa direzione, anche perché non c’è proprio più tempo da perdere.
Mancano, però, all’appello l’autorevolezza e la capacità di governo della politica. Soprattutto non si profila quello che si può definire “scatto dimensionale”. Non c’è – a dispetto di quanto si va predicando in tutti gli schieramenti che si combattono giorno per giorno – una reale e convinta ricezione delle problematiche che salgono dal basso. Senza un vero e proprio disegno complessivo di rilancio della politica industriale – non ritagliato sui comparti “trainanti”, ma sul miglioramento strutturale (ed infrastrutturale) degli habitat produttivi delle cinque aree provinciali che compongono la Campania (con le loro singole specificità) – non si andrà da nessuna parte. Invece di pensare al marketing ed alla comunicazione, occorre mettere mano al conferimento di valore aggiunto al sistema economico regionale nel suo complesso. Il ruolo della politica e delle istituzioni è prima di tutto questo, ma a complicare le cose c’è di mezzo anche la campagna elettorale per la conquista della Regione. Altri lunghi mesi da trascorrere ad ascoltare un lungo elenco di promesse e di buoni propositi (nella migliore delle ipotesi).
Che cosa c’è da augurarsi? Niente di straordinario. Se tutti rientrassero nel proprio “vestito” e facessero semplicemente la propria parte - senza eccessi e senza “narrazioni” mediatiche davvero insostenibili – potremmo guardare al 2015 con un margine maggiore di ottimismo. Buon anno!
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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