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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Le imprevedibili conseguenze della frammentazione all’interno del Partito DemocraticoSe il Pd non trova Maradona La partita in corso all’interno dei democrat campani conferma l’ingovernabilità del sistema correntizio formatosi negli anni dei leaderismi territoriali (e personali). Sempre più difficile per Roma trovare la soluzione che “accontenta” tutti.

    di Ernesto Pappalardo

    Le conseguenze di decenni di abbandono della Campania ai leaderismi territoriali  all’interno della complessa geografia del potere Pci/Pds/Ds/Pd sono sotto gli occhi di tutti proprio in questo periodo che precede (forse) la celebrazione delle primarie in vista delle elezioni regionali del prossimo anno (al momento non è chiaro nemmeno in quale mese esatto). Il quadro che osservano con non poca preoccupazione i vertici romani (o meglio fiorentini) del partito evidenzia soprattutto l’ingovernabilità più totale delle varie parti che compongono il Pd. La presenza di più partiti personali radicati in aree geografiche ben delineate della regione trasforma l’attuale fase in una pre-guerriglia che non promette nulla di buono per il vincitore delle primarie: nel senso che è molto difficile che il giorno dopo si riversino su di lui i consensi del suo avversario, sebbene compagno di partito. La storica contrapposizione tra Napoli e Salerno è solo una delle chiavi di lettura – sebbene sia certamente la più rilevante – di uno scontro che non fa altro che mettere in risalto la sostanziale mancanza di una leadership regionale riconosciuta al di la delle contrapposizioni personalistiche. In altre parole, siamo all’epilogo di una battaglia che dura da decenni e che nessun segretario nazionale è mai riuscito a comporre. Anzi, molto spesso proprio il livello nazionale ha preferito giocare con i dualismi e le frammentazioni per tutelare meglio le proprie sfaccettate primazie. Ogni corrente ha scelto i suoi interlocutori campani incurante del fatto che in questo modo il partito diventasse più un arcipelago di macchine del consenso che una formazione unitaria, capace di esprimere una visione comune ed univoca in tutte le province della Campania. Il paradosso è che ora proprio Roma invoca una “filosofia” che per anni e anni ha ignorato, calpestato, ricorrendo, invece, alla pratica della divisione dei riferimenti locali per mero utilitarismo (leggi alla voce “paracadutati” nei vari collegi). E, quindi, fa molta tristezza vedere adesso i renziani di prima, seconda e terza ora ripiegare su formule che sanno di “buon viso a cattivo gioco”. La metafora di Maradona – sbeffeggiata da Vincenzo De Luca che ha, invece, fatto riferimento al cantante Giggione come unico potenziale aggregatore dell’universo democrat – somiglia molto ad un passo indietro. Anzi, ad una fuga: visto che non volete ragionare, vedetevela da soli e poi ci farete sapere. Né si riesce a dare davvero un senso politico all’idea di praticare la strada di un’alleanza con il Nuovo Centro Destra che ha sulle spalle – nel bene e nel male – il legame politico-istituzionale con il governatore Caldoro.
    La verità è che la situazione campana è sfuggita di mano ai Renzi-Boys che pensavano di governarla con una Leopolda qualsiasi ribattezzata in chiave siderurgica. E, probabilmente, lo stesso Renzi non ha visto giusto quando ha ritenuto che bastasse il successo di Pina Picierno alle europee per dare un nuovo verso anche al Pd campano. Ora è troppo tardi per porre rimedio a quella che di fatto è una disfida in pieno svolgimento con il solito tormentone: il partito napoletano contro quello salernitano e delle altre aree che De Luca riuscirà a coagulare. Il tempo si è fermato in questa regione e nel Pd. Non è cambiato assolutamente nulla. A meno che il presidente del Consiglio-segretario nazionale non decida che la Campania – tutto sommato – non è meno importante di altre parti d’Italia e ricorra a tutta la sua autorità per scovare una personalità da accompagnare per mano in una campagna elettorale molto difficile. Perché, nonostante il Pd faccia finta di dimenticarlo, la vera partita inizia un minuto dopo lo scrutinio delle primarie. Per battere Stefano Caldoro e quello che resta del centrodestra sarebbe necessario un Pd veramente unito e coeso. E non è affatto detto che una volta rimessi in qualche modo a posto i cocci dell’unità interna che non c’è, ci riesca.


    In Campania Pd alla ricerca di un nome che metta tutti d'accordo
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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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