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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • Le strategie per ottimizzare le dinamiche di crescita degli asset più competitivi del Sud
    Parchi naturali? L’oro dimenticato Le buone pratiche messe in campo nell’area protetta del Gran Paradiso: un marchio di qualità riservato alle aziende operanti nel perimetro governato dall’Ente con l’obiettivo di valorizzare tutte le produzioni che rispettano determinati standard.

    In tempi di crisi prolungata e di “rimedi” che non sembrano all’altezza della dimensione del disastro economico e produttivo in atto, forse, sarebbe meglio attrezzarsi mettendo in campo quello che si può. In proprio, senza attendere rimedi e “medicine” che – al momento – a conti fatti portano in dote al Sud tagli di fondi e di investimenti. Questa è la politica del Governo targato Matteo Renzi/Pd, almeno se vogliamo considerare i numeri (vedi alla voce dei più recenti provvedimenti del Cipe e del cofinanziamento dei fondi Ue). E, allora, occorre (occorrerebbe, per la verità) cucinare qualcosa con quello che si ha in dispensa. La risorsa principale – e non è affatto poco – è il territorio. Un territorio dotato di un patrimonio ambientale che ha pochi competitor al mondo (non solo in Italia o in Europa). Un territorio che ha giacimenti di beni culturali unici, che ha intere filiere nell’ambito dell’agroalimentare senza rivali nell’intero globo. Un territorio, insomma, che da solo potrebbe valere (se non superare) l’intero Pil (prodotto interno lordo) di intere regioni. E, invece, resta quasi “inutilizzato”, abbandonato a se stesso, martoriato, deturpato dal punto di vista della “manutenzione” virtuosa e, nello stesso tempo, sottovalutato per tutti i “beni produttivi” che esso contiene.
    Che cosa fanno gli altri? Quelli che il tesoro che si ritrovano in casa sanno promuoverlo, sanno valorizzarlo, da tempo si sono incamminati sulla strada dei marchi di qualità. Prendiamo, per esempio, il Parco Nazionale “Gran Paradiso”. Basta dare un’occhiata all’home page del sito web ufficiale per rendersi conto che hanno fatto un’operazione assolutamente in linea con l’idea di lavorare e remare tutti insieme nella stessa direzione. In altre parole: la visione di sistema non deve essere calata dall’alto, ma proposta dal basso. Nell’interesse di tutti: solo così anche i piccoli ed i piccolissimi (che sono la maggioranza delle aziende operative nel meridione d’Italia) possono avere una prospettiva strutturale di crescita e non di progressiva emarginazione.
    Che cos’è il marchio di qualità del Parco Gran Paradiso? Che cosa si propone? Che cosa consente di fare? “Il Marchio Qualità Gran Paradiso - si legge sul sito www.pngp.it - è uno strumento di identificazione che l’Ente Parco assegna a operatori del settore turistico alberghiero, artigianato e agroalimentare impegnati in un percorso di qualità e sostenibilità, per garantire ai consumatori la provenienza dal territorio del Parco, la qualità delle lavorazioni, un’accoglienza all’insegna del rispetto per l’ambiente oltre che della cortesia e delle tradizioni locali”. La base normativa è chiara: “La Legge Quadro sulle aree protette 394/91, prevede che l’Ente Parco possa concedere il proprio emblema a servizi e prodotti locali che soddisfino requisiti di qualità e le finalità dell’Ente stesso”. Quali gli obiettivi: fare convergere verso un’unica direzione comune tutti i produttori ed erogatori di servizi locali attraverso criteri di qualità condivisi e controllati alla fonte; migliorare gli standard di sostenibilità ambientale e di valorizzazione delle risorse del territorio; dare maggior visibilità alle produzioni attraverso una comunicazione uniforme; dare garanzie ai consumatori e ai fruitori dei servizi favorendo l’accesso a prodotti di origine controllata e a basso impatto ambientale. Ampio il ventaglio dei soggetti che possono ottenere il marchio: “tutti i produttori o imprese locali, previa verifica dei requisiti richiesti, che appartengono a tre distinte categorie: settore agro-alimentare, settore artigianale e settore ricettivo/turistico. Gli operatori devono avere l'attività all'interno dell'area protetta o nelle zone limitrofe” .
    Ma “per poter ottenere il Marchio di Qualità le imprese o gli artigiani coinvolti devono rispondere a precisi standard di tipicità territoriale e aspetti di gestione interna, oltre che soddisfare procedure di sostenibilità ambientale e di sfruttamento compatibile delle risorse del territorio”. In questo modo “le imprese aderenti contribuiscono a costituire un fronte unico di valorizzazione dell’area basato sull’identità del territorio e sulla salvaguardia dell’ambiente, regalando un valore aggiunto agli abitanti ed ai visitatori della zona del Gran Paradiso”. Senza contare il coinvolgimento dell’utente/destinatario finale di tale tipologia di “offerta” del territorio: “il consumatore infatti, acquistando prodotti o usufruendo di servizi col “Marchio di Qualità” Gran Paradiso, è sicuro di rispettare e tutelare l’ambiente e il patrimonio paesaggistico locale, preservando la natura dell’area e di donare il proprio contributo a tali scopi, in quanto gli operatori concordano un piano di miglioramento delle proprie prestazioni ambientali in linea con la mission del Parco”.
    Si tratta del Parco Nazionale Gran Paradiso/Italia/Europa. Ma – visto da Sud – sembra davvero un altro mondo.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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