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ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • La persistenza di scenari recessivi sollecita l’elaborazione di nuove “risposte” dal bassoLa banca? Un’agenzia di sviluppo Nella ricerca di modelli per rilanciare la crescita si delinea il ruolo che gli istituti  di credito di “prossimità” possono assumere svolgendo una funzione aggregativa nell’ambito di precisi progetti strategici.

    A volte le “suggestioni” legate ai nuovi modelli di sviluppo nascondono ancora antichi pregiudizi sulle “geografie propulsive” dei territori. Dove sta scritto – per esempio – che un’idea di qualità sia costretta a prendere forma soltanto nel “baricentro” della provincia? In altre parole: non è affatto scontato che esperimenti validi abbiano come punto di riferimento i comuni capoluogo. E’ in questo senso che si può intravedere una sorta di “rivincita” dell’area vasta rispetto alla predominanza delle aree urbane più grandi e più consistenti anche sotto il profilo della capacità finanziaria di enti ed istituzioni. E’ il caso, per esempio, dell’idea/progetto preannunciata dal presidente della Banca di Credito Cooperativo di Fisciano Domenico Sessa che – al di la del percorso che prenderà forma nei prossimi mesi – ha evidenziato un aspetto prioritario: il motore dello sviluppo locale risiede nella capacità di generare prima di tutto coesione (sociale ed imprenditoriale) rispetto all’esigenza di rendere attrattivi i luoghi da vari punti di vista (non solo da quello produttivo, per essere chiari). La costruzione di reti relazionali (all’interno del pubblico, del privato e dell’indispensabile circuito pubblico/privato) va di pari passo con l’urgenza di fare crescere il capitale sociale. E’ in questo senso che una banca di territorio – anche di dimensioni piccole – può assumere un ruolo per molti versi “nuovo”. Non solo di erogatore di flussi finanziari (che pure restano sostanziali), ma anche di soggetto/motore di iniziative che si pone obiettivi per così dire “modulari”: aggregazione, condivisione, attivazione e realizzazione di progetti concreti. In realtà, è proprio attraverso questi precisi “step” che una banca può diventare “differente” (come recita lo slogan delle Bcc) in termini di capacità propulsiva e risolutiva rispetto ad una serie di problematiche comuni alla maggior parte dell’area salernitana (intesa come estensione provinciale). Ed è per queste motivazioni che l’esperimento al quale si lavora a Fisciano può assumere le caratteristiche di paradigma virtuoso anche per altri cluster territoriali. Non è questione di definizioni nominali – Agenzia per lo sviluppo del territorio, Agenzia per l’Attrazione di Investimenti, Agenzia per la promozione di imprese coesive e via discorrendo – ma di “visione” strategica. Mettere insieme Enti Locali (Comuni, la stessa Provincia e - magari - la Regione), Enti di gestione, associazioni di rappresentanza, organizzazioni dei lavoratori, movimenti di cittadinanza e – soprattutto – privati (aziende, consorzi eccetera) non significa ritornare alla programmazione dal basso originaria (che non ha funzionato, è bene ribadirlo). L’evoluzione di questo approccio va nella direzione delle piattaforme territoriali competitive: in grado, cioè, di collocarsi lungo gli snodi di collegamento tra micro e macro reti (infrastrutturali, immateriali eccetera) con una propria originale “dote” attrattiva. Quale? Efficienza ed efficacia delle pratiche amministrative, capacità di captazione di finanziamenti strutturali, qualità delle produzioni e dei servizi per le imprese, orientamento strategico ai mercati interni e (soprattutto) internazionali, estensione delle filiere endogene e altro ancora. Ma, prima di ogni cosa, si colloca il valore più forte di tutti: la dinamica coesiva di tutti i soggetti che concorrono alla produzione di ricchezza diffusa e di occupazione. Con quale obiettivo? Valorizzare il “bene” comune primario troppo spesso abbandonato a se stesso: il territorio. Non solo – troppo banalmente – attraverso azioni di marketing e di comunicazione (che, pure, sono di primaria importanza), ma, preliminarmente, mediante la “costruzione” di un “prodotto” dotato di appeal e fortemente competitivo. E’ in questo modo che in altre aree d’Italia si è partiti a caccia di capitali predisponendo tutte le condizioni utili all’insediamento di multinazionali (solo per fare un esempio) o di altre aziende interessate ad investire. E’ in questo ambito che devono inserirsi anche nuove tipologie di relazioni industriali: il costo del lavoro e l’abbassamento della “conflittualità” all’interno delle aziende sono due delle leve prioritarie nel contesto di un disegno strategico di crescita, ma da sole restano soltanto uno dei tasselli di un mosaico molto più complesso. Per non parlare della “risorsa” fiscale se la si guarda dal punto di vista delle “premialità” che si possono individuare per accompagnare nuove attività produttive.In conclusione, le banche che ascoltano il territorio (non solo, quindi, il credito cooperativo) devono necessariamente cambiare missione sociale. La strada individuata a Fisciano è certamente innovativa. Ma, naturalmente, passare alla prova dei fatti non sarà affatto semplice.
    ERNESTO PAPPALARDOdirettore@salernoeconomy.it


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La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

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    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


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