Lavoro e imprese tra gufi e rosiconi
I dibattiti di agosto continuano ad esprimere principalmente la funzione terapeutica di alimentare più che altro aspettative quotidiane utili a rendere meno noiosa la lettura dei giornali sotto l’ombrellone (per i pochi fortunati in vacanza “continuativa”). Nella sostanza i temi “agitati” anche quest’anno denotano più che altro pochezza di fantasia, oltre che una sindrome compulsiva a reiterare analisi scarsamente foriere di proposte concrete. Che senso ha, per entrare a gamba tesa nel tema, cloroformizzare l’unico, vero problema con il quale dovremo confrontarci già da domani mattina e cioè la più o meno cronica mancanza di prospettive di rilancio dell’economia meridionale e, quindi, del mercato del lavoro? A guardare bene le decine di articoli che abbiamo dovuto sorbirci, solo pochissimi hanno sfiorato il cuore della questione: con buona pace del presidente del consiglio, soprattutto al Sud, sarà un autunno caldo perché all’orizzonte non si intravede alcun percorso virtuoso in grado di dare respiro alle imprese e, di conseguenza, a quanti cercano disperatamente di entrare (o rientrare) nel circuito produttivo. Non si tratta di essere catastrofisti o di recitare il ruolo di “gufi” o “rosiconi”: questa tipologia di catalogazione antropologica appartiene alla migliore tradizione del web marketing politico così in voga nei palazzi fiorentini e romani. La verità è che in Campania ci attendono otto-nove mesi di campagna elettorale per la conquista del palazzo della Regione con tutto quello che ne consegue in termini di provvedimenti effettivamente operativi. Non è per ritornare su parole e concetti già più volte espressi, ma di tutto avrebbero bisogno imprese e lavoratori (o aspiranti tali) in Campania tranne che dei soliti libri dei sogni in corso di elaborazione e pubblicazione a destra, a sinistra e a centro. Né mancano le avvisaglie di un certo modo di concepire la “proposta” politica da mettere in campo a breve: prima i nomi e gli schieramenti (interni ai partiti), poi i programmi e le cose da fare. Il solito, vecchio schema che ha generato danni e sciagure in nome di contrattazioni clientelari ed “imbarcate” sulla base di pacchetti di voti “a prescindere” dalla condivisione reale di progetti ed iniziative ormai inderogabili.
Un esempio per tutti: mentre è a rischio la spesa effettiva dei consistenti residui dei fondi Ue relativi alla vecchia programmazione 2007-2013, in pochi intimi (compresi la maggior parte dei consiglieri regionali eletti in provincia di Salerno) sono a conoscenza di come evolve il percorso tecnico-amministrativo relativo al nuovo ciclo 2014-2020, che pure - nella vergognosa girandola di dichiarazioni ad uso e consumo del circo mediatico - resta il refrain più citato per prospettare miracolosi e salvifici interventi “per uscire dalla crisi”. Mentre si progetta la “Leopolda” di casa nostra (per stare alle cose del Pd), è del tutto evidente che a nessuno passa per la mente prima di tutto di non sprecare il periodo che resta fino alle elezioni per fare qualcosa di pratico. Come? Sbloccare, giusto per entrare nel merito dell’edilizia, decine e decine di progetti “incagliati” per questioni burocratiche o incomprensibili lungaggini amministrative accelerando le procedure in sede di conferenze di servizi da convocare in via straordinaria, solo per rimanere con i piedi per terra. Insomma: si potrebbe ripartire dal basso attraverso task force di tecnici e dirigenti delle diverse Amministrazioni Pubbliche da impegnare nello screening dei cantieri che non entrano mai nella fase operativa, pur avendo tutte le carte in regola per offrire lavoro ed immettere liquidità nella filiera produttiva. O ancora: realizzare interventi di piccola manutenzione delle reti stradali, elettriche, idriche che tanto pesano in negativo sui ritmi della produttività competitiva delle aziende manifatturiere. In altre parole: meno roboanti annunci di programmi “rivoluzionari” e più assunzione di responsabilità nell’etica del giorno per giorno, l’unica che può ridare fiato all’urgenza di ricostruire il patto fiduciario tra cittadini e istituzioni. Ma, a quanto pare, l’odore della fatica silente ed operosa non sfonda il cancello delle redazioni e non macina consenso mediatico. E’ la campagna elettorale, bellezza (bisogna farsene una ragione, è di moda dire di questi tempi). Se ne riparlerà il prossimo anno. Nel frattempo imprese e lavoratori dovranno arrangiarsi e fare da soli. Non è una notizia neanche questa. Ed infatti sui giornali di agosto non c’è stato verso di leggerla neanche nelle brevi di cronaca.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it