Glocal di Ernesto Pappalardo
Dopo le polemiche sull'accoglienza dei crocieristi nei giorni di Ferragosto
Città turistica? Paradosso d’estate
Ferragosto a Salerno si rivela un’esperienza illuminante. Perché la testimonianza in prima persona consente di elaborare il racconto di una città alle prese con una mutazione genetica che non riesce a dominare prima di tutto perché non ha ben compreso che cosa è già accaduto (non che cosa potrebbe accadere). La sensazione è che la realtà abbia superato di fatto ogni “narrazione” politica ( o istituzionale) , ogni deleteria sindrome del consenso che si annida non solo nei partiti, ma anche in tante altre articolazioni della vita sociale locale. Insomma, mentre ancora si pensa a come fare fronte ai flussi di visitatori, ci si rende conto che già sono arrivati e vagano numerosi, quasi del tutto abbandonati a se stessi, per le vie della città. Fanno quasi tenerezza i punti di accoglienza sistemati alla meno peggio di fronte all’ingresso della stazione ferroviaria o lungo il corso Vittorio Emanuele. Salerno in questi giorni offre l’idea di una grande occasione perduta. Tutto è affidato al “fiuto” dei singoli: la sera i serpentoni di gente che sceglie di navigare nella movida, in ogni caso, regalano buoni incassi ed un discreto tasso di frequentazione non solo dei residenti rimasti a casa, ma anche di quanti si muovono dalle cittadine limitrofe o da fuori provincia.
Senza scomodare teoremi, studi e analisi di vario genere, è evidente che non si può trasformare una città abituata da decenni a chiudere per ferie in località turistica esclusivamente attraverso decisioni - in molti casi meritevoli, senza alcun dubbio - calate dall’alto. Non si cambia l’identità produttiva di una città nel giro di qualche anno senza mettere in campo un processo di condivisione del mutamento in atto. Non si può pensare, cioè, che solo la forza di trascinamento del “mercato” susciti forme organizzate di strutturazione dell’offerta di servizi per l’accoglienza. Non può bastare, nel caso della complessa economia turistica, la canalizzazione delle presenze per ottenere una risposta efficace in termini di "adeguamento" alle opportunità di business. La spinta del pubblico si è rivelata molto più efficace dal punto di vista della capacità di intercettare opportunità - la moltiplicazione degli scali delle navi da crociera è un esempio di buona ed efficace capacità di governance a vantaggio del territorio - che nella prospettiva di creare le indispensabili “reti” di partenariato pubblico-privato alla base di ogni città effettivamente orientata al turismo (o a varie tipologie di turismo). I risultati di queste mancate “intese” - o, perlomeno, poco percepibili accordi operativi sul piano concreto della qualità dell’accoglienza primaria (orientamento, assistenza, promozione vera e propria di itinerari e di iniziative day by day) – sono stati ben visibili a quanti hanno trascorso la settimana che si conclude oggi in città. Spiagge affollate durante il giorno tra le strade deserte con la netta prevalenza delle saracinesche abbassate, solita ritualità di sera con la consueta teoria di locali, bar, pub, ristoranti eccetera aperti come negli altri mesi.
Naturalmente si può obiettare che per il momento va bene così. E’ già un miracolo – si è già detto e si continuerà a dire – che le cose vadano così. Basta pensare – si dirà ancora con una punta di orgogliosa arroganza – a qualche anno fa. Ma in questo modo si elude il problema della costruzione di un’identità turistica chiara, diffusa, duratura, l’unica capace di distribuire reddito aggiuntivo all’economia della città anche al di fuori del circuito che usufruisce sostanzialmente in maniera prevalente anche dell’altro evento-attrattore (“Luci d’artista”) scadenzato nella stagione invernale.
Il paradosso di Ferragosto ribadisce che la città turistica è un progetto che deve affondare necessariamente le sue radici in una forte alleanza tra parte pubblica e privata non soltanto sulla base dell’utile economico, ma, soprattutto, in considerazione del miglioramento complessivo degli standard della qualità della vita della città a vantaggio non solo dei turisti, ma prima di tutto dei residenti. Qualità della vita derivante dall’attivazione di reti relazionali e dalla crescita del capitale sociale: è in questo modo che aumenta l’offerta – per esempio – di eventi culturali legati alla valorizzazione del patrimonio storico della città; è in questo modo – per esempio – che possono nascere collegamenti virtuosi tra giacimenti enogastronomici locali e filiera della ristorazione in maniera capillare e non occasionale; è in questo modo - per esempio - che l’animazione delle vie dello shopping diventa un fattore di investimento condiviso e non il consueto pretesto per le polemiche tra commercianti ed istituzioni.
Il “rischio” di diventare a tutti gli effetti una città turistica vale assolutamente la pena di essere corso, ma stipulando un patto tra pubblico e privato senza imposizioni dall’alto e senza pretese di rendite di posizione dal basso. Un patto, per la verità, molto lontano dalle mentalità dominanti a Salerno. Con buona pace, purtroppo, dei turisti vaganti per le strade assolate di questa nostra bellissima città.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it
Glocal di Ernesto Pappalardo
La laurea? Non basta
22/09/2017
Questo articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.
di P. Coccorese
ed E. Pappalardo
Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare. [Continua]
Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
07/07/2017
Lo scenario.
Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]
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