contatore accessi free Salerno Economy - Blog di informazione economica

ICEA - Istituto Certificazione Etica e Ambientale

  • L’analisi delle “soluzioni” possibili per invertire il trend della desertificazioneExit strategy per il Mezzogiorno? “Piattaforme territoriali”

    Il problema di fondo - oltre che essere di natura “culturale” - si sostanzia nella carenza di risorse sufficienti per attivare una politica industriale degna di questo nome non solo per il Sud, ma per l’intero Paese. Insomma, al deficit di visione strategica per il rilancio dell’apparato produttivo (male endemico degli ultimi venti/trent’anni), la crisi ha aggiunto il prosciugamento delle casse dello Stato e – complicazione di non poco conto – ha generato il grave “equivoco” che l’unico bacino al quale attingere per le regioni meridionali sia quello dei fondi Ue, peraltro proprio nel Mezzogiorno spesi troppo lentamente (ed, in genere, male) o, più semplicemente, non spesi affatto. Come provare ad uscire da questo circolo vizioso che , nel frattempo, ha di fatto accentuato il processo di desertificazione industriale, provocando un disastro occupazionale di proporzioni gigantesche?
    Nel corso dell’ultimo convegno dei giovani imprenditori di Confindustria che si è svolto a Santa Margherita Ligure Giuseppe Berta (storico dell’industria), docente della Bocconi -  il Sole 24 Ore di domenica 8 giugno (articolo di Raoul de Forcade) - ha illustrato la sua analisi proponendo un percorso che va nella direzione delle soluzioni “taylor made” nelle singole aree produttive. Berta ha posto in evidenza che “non ci sono le risorse per una politica industriale nazionale”. E che di conseguenza “occorre partire da una politica industriale del territorio”. “Bisogna - secondo il suo ragionamento -  costituire delle piattaforme territoriali che raggruppino soggetti di impresa, centri di ricerca, enti che si occupano di sviluppo del territorio e che abbiano come obiettivo una competitività incentrata sulla qualità”. Questo, però, richiede – ha aggiunto – “un linguaggio comune, una koinè, tra i soggetti coinvolti”. 
    E’ del tutto evidente, quindi, pensare alle competizioni tra territori attraverso nuovi modelli di sviluppo locale in grado di fare tesoro dei punti forza e di mettere in campo interventi capaci di tamponare le criticità. Per dare forma concreta alla realizzazione di “piattaforme territoriali” è indispensabile rendersi conto che vanno sostenuti gli sforzi di quelle imprese che sono riuscite a non essere spazzate via dalle crisi e che hanno saputo – al di la delle proprie dimensioni spesso piccole o piccolissime – aprirsi all’internazionalizzazione. Berta quando si riferisce alle “fabbriche”, sceglie di ricorrere al concetto di “manifattura intelligente, che unisce – spiega – il passato al cambiamento in atto”. Insomma, è necessario “guardare al sistema e all'organizzazione della manifattura e all'universo produttivo che questa incorpora, con lenti rinnovate”. Il parametro della capacità produttiva va misurato “su produzioni di nicchia, rivolte alle fasce più elevate del mercato” proprio perché è in atto una nuova dinamica che accorcia le distanze tra grandi e piccole imprese. “Conta, invece - dice sempre Berta - il discrimine dell'apertura ai mercati internazionali. Anche le aziende di dimensioni ridotte devono adottare strategie e comportamenti paragonabili a quelli delle grandi”. Ed in questo nuovo contesto produttivo/competitivo “bisogna alzare costantemente la ricerca di qualità”. Diventa, quindi, centrale l’attenzione alla formazione/riqualificazione del capitale umano, un investimento che permette di “ripensare continuamente i confini dell'impresa”. Accrescere il patrimonio di conoscenza in maniera permanente “è la condizione per garantire un futuro dell'industria italiana”. 
    Va da sé – ed è questo il senso della scelta di salernoeconomy.it di dedicare un numero monografico della newsletter settimanale al Premio Best Practices di Confindustria Salerno – che promuovere processi operativi dal basso finalizzati alla costruzione di modelli di crescita innovativi, soprattutto nelle regioni del Sud, assume una valenza particolarmente importante sia per gli effetti concreti ed immediati (il crowdfunding per le start up o per il recupero e la valorizzazione dei beni culturali), ma anche – se non soprattutto – per la diffusione di un nuovo e fondamentale glossario dei principi del fare impresa senza attendere interventi salvifici dall’alto.
    E’ sui territori – ed in primo luogo in quelli periferici e troppo spesso emarginati dalle  grandi correnti di sviluppo (e dei finanziamenti pubblici e privati) – che si combatte e si vince (o si perde) la vera battaglia per provare a riaffermare un’idea di Mezzogiorno auto/propulsiva e capace di riavviare in maniera strutturale (e non effimera) il proprio cammino di crescita socio/economica.
    ERNESTO PAPPALARDO
    direttore@salernoeconomy.it


Torna indietro Stampa

La laurea? Non basta
22/09/2017

thumbnail-small-1.jpgQuesto articolo è stato pubblicato sul quotidiano Il Mattino (edizione Salerno) venerdì 15 settembre 2017.

di P. Coccorese

ed E. Pappalardo

Se tre indizi fanno una prova, allora è il caso di convincersi una volta e per tutte che la provincia di Salerno di sicuro non è “adatta” ai laureati. Per la verità, non si tratta di una constatazione particolarmente nuova, ma mettere in fila numeri e percentuali che confermano una triste verità fa sempre un po’ impressione. Primo indizio: solo l’8 per cento dei laureati è previsto in entrata nel mercato del lavoro salernitano (fonte: Sistema Informativo Excelsior/Unioncamere/Ministero del Lavoro) nell’ultimo periodo monitorato (agosto-ottobre 2017) in relazione ai contratti che le imprese del settore privato – industria e servizi – hanno dichiarato di volere attivare.  [Continua]

  • thumbnail-small-1.jpg

    Campania. La ripresa c’è, ma ancora lontani dalla pre-crisi
    07/07/2017

    Lo scenario.

    Lo stato di salute dell’economia campana nel 2016 ha mostrato segnali di miglioramento, ma non tali da allentare le preoccupazioni - nel breve e medio periodo – dal punto di vista reddituale ed occupazionale. Secondo diversi fonti analitiche la “ripresina” si è basata su una lieve espansione della domanda interna – che ha rilanciato in maniera disomogenea i consumi – e dell’export (prioritariamente incentrato sul segmento farmaceutico ed in seconda battuta sull’agroalimentare). Il dato che, comunque, fotografa la reale dimensione della situazione si sintetizza nel ritardo ancora ben consolidato del Pil rispetto al periodo pre-crisi (2007). Nel 2016 il prodotto interno lordo campano accusa ancora un -16% in relazione al Pil registrato dieci anni fa. [Continua]


  • Il Convertitore Valuta è offerto da Investing.com Italia.