Le ultime vicende relative all’Autorità Portuale ed all’aeroporto di PontecagnanoTra territori emarginati e miopie della politica
Le ultime vicende relative ad alcune tra le principali infrastrutture della provincia di Salerno (porto e aeroporto in primo luogo) rappresentano una sintesi emblematica delle trasformazione in atto nel rapporto tra territori e sistema politico/istituzionale. Ma, anche, della crisi della rappresentanza datoriale e delle organizzazioni sindacali che si ritrovano in una nuova terra sconosciuta, alle prese con un’indispensabile (per la loro stessa sopravvivenza) mutazione genetica - non solo nell’ambito del perimetro degli interessi che esprimono - frutto della disarticolazione dei percorsi di ascolto dei territori e delle conseguenti risposte alle istanze delle comunità sociali e produttive. In altri termini, si tratta della “questione della fibrillazione dei poteri intermedi - come spiega con la solita acutezza di visione Aldo Bonomi (Il Sole 24 Ore del 30 marzo scorso) - e della società di mezzo dei territori: non solo comuni e province ma autonomie funzionali, rappresentanze, agenzie della governance economica”. “E’ una microfisica dei poteri territoriale - continua sempre Bonomi – che si sente messa in discussione rispetto alla cultura della crisi e a un indirizzo di governo fortemente centralizzatori, che spesso concepiscono qualsiasi potere o livello intermedio come un costo, saltando a pie’ pari la società di mezzo, comprese le rappresentanze degli interessi”. Tra le risposte a a tali problematiche Bonomi propende per l’accompagnamento di un processo di autoriforma di queste entità che costituiscono la società di mezzo, più che nella sua delegittimazione dall’alto. “Per tutti è chiaro – conclude Bonomi – che è finita l’epoca del declinar crescendo e che necessità crescere cambiando, guardando a una composizione sociale produttiva in metamorfosi che chiede nuova rappresentanza per i tanti nuovi soggetti che vengono avanti. Lasciamoli lavorare. Mai come ora nella metamorfosi c’è bisogno di rappresentanza degli interessi e delle passioni”.
E’ in questo contesto che si collocano anche le “fibrillazioni” che riguardano l’ipotesi di accorpamento delle Autorità Portuali di Napoli, Salerno ed il nuovo protagonismo della Regione Campania rispetto all’aeroporto di Pontecagnano. Si posizionano, cioè, nel momento nel quale appare più intensa l’incapacità di incidere sui processi decisionali in sedi di livello superiore (regionale, nazionale ed europeo) da parte delle varie forme della rappresentanza locale. E’ del tutto evidente che la qualità di queste rappresentanze – deterioratasi negli anni – ha inciso ed incide non poco sulla sua effettiva valenza. Ma non dipende solo da questo pur determinante fattore.
A rileggere con attenzione la ricerca Abi/Censis (“Territorio, banca, sviluppo. I sistemi territoriali dentro e oltre la crisi”, Roma, gennaio 2014) dedicata ai sistemi territoriali, emerge con grande chiarezza che la verticalizzazione dei processi decisionali - frutto in maniera preponderante del tecnocratismo made in Ue – ridimensiona in maniera più profonda proprio le soggettività politico/istituzionali deboli ed incapaci di fare rete tra di loro come accade da decenni nel Mezzogiorno. Il proliferare di “cacicchi” di (stra)paese che dettano legge su pochi chilometri quadrati e la persistenza di micro/municipalismi semplicemente improduttivi hanno fornito spunto ulteriore per procedere a decisioni che non hanno neanche fatto finta di studiare i particolarismi (negativi e positivi) delle singole realtà territoriali. E lo studio Abi/Censis sottolinea come: “ (…) Capire il territorio significa elaborare strategie differenziate per affrontare i singoli problemi e per intervenire in modo mirato lì dove sia i sistemi d’impresa che le famiglie agiscono in modo diverso a seconda della geocomunità di riferimento (…)”. La responsabilità è, quindi, individuabile nell’incontro di due inadeguatezze dal basso certamente, ma anche dall’alto: “ (…) Sono, pertanto, gli attori istituzionali, chiamati a operare a livello centrale e decentrato - evidenziano gli analisti Abi/Censis - a dovere attivarsi affrontando con politiche differenziate le specificità che il Paese esprime. I molti pieni e i molti vuoti, le numerose minacce e le opportunità (poche a dire il vero) che emergono dalla segmentazione territoriale sono esattamente la prova di una domanda di politiche economiche che spesso tardano ad arrivare, o che talvolta non appaiono tarate sulle effettive esigenze dei territori (…)”. Ed è questo il caso di quello che sta accadendo a Salerno relativamente all’Autorità Portuale, solo per fare un esempio attuale.
La risposta è nei fatti: mentre si assiste all’attivazione di dinamiche di centralizzazione dei processi decisionali, si concretizza la marginalizzazione progressiva delle comunità produttive di piccole e medie dimensioni. La crisi della politica e delle forme di rappresentanza diventa, quindi, il terreno di sfida per elaborare risposte, nuovi modelli di alleanze territoriali che dovranno essere incentrate principalmente sulla promozione della capacità competitiva.
Da dove ripartire? Abi/Censis indicano una strada molto credibile: “(…) In un contesto siffatto ritorna, dunque, centrale la necessità di politiche economiche in grado di agire su fronti diversi e soprattutto di cogliere i possibili giacimenti di crescita, le nuove minacce e le opportunità che i territori esprimono”.
Resta, naturalmente, il dubbio che tra una campagna elettorale e l’altra, la politica e le istituzioni riescano ad allungare lo sguardo oltre i cicli temporali dell’effimero e delle progettualità enunciate e mai realizzate con buona pace di imprese, famiglie e comunità territoriali.
ERNESTO PAPPALARDO
direttore@salernoeconomy.it